Amarcord di Federico Fellini entra oggi, di diritto, nella mia lista delle recensioni dei film ‘cult’ che hanno scritto la storia del cinema mondiale.
Dopo le recensioni di grandi film iniziate da Il nome della rosa – Jean Jacques Annaud (1986) e proseguite con Barry Lyndon – Stanley Kubrick (1975), Amadeus – Miloš Forman (1984). E poi Il padrino – Francis Ford Coppola (1972), Easy Rider – Dennis Hopper (1969) mi piace oggi esplorare un film italianissimo dal titolo dialettale di Amarcord.
I titoli firmati Federico Fellini sono entrati, in gran parte, nell’elenco dei migliori capolavori internazionali. Ma la mia proposta di oggi nasce da un paio di considerazioni strettamente personali.
La prima. Amarcord è indubbiamente un capolavoro e la sua particolarità sta nella armoniosa associazione di fedele descrizione storica vivacizzata dall’ironia ed dall’istrionismo dei molti personaggi.
La seconda ragione è ancora più personale. Nato pochi anni dopo il collocamento storico dei ‘ricordi’ raccontati nel film, la visione dello stesso mi restituisce frammenti della mia fanciullezza. Mia moglie ed io abbiamo più volte visto Amarcord e attinto dalle varie situazioni riguardando con nostalgia ad un mondo che fu, e che difficilmente potrà ritornare.
Il ‘ritratto di un’umanità’ come lo ha giustamente definito lo sceneggiatore Tonino Guerra, che con Fellini rappresenta l’altra anima del film.
Amarcord – un titolo
Circa questo titolo così particolare esiste un’interpretazione che si ritiene ormai ufficiale. Amarcord cioè ‘Mi ricordo’. Ma in un interessante articolo di Anna Tonelli sul sito di repubblica.it dal titolo Guerra Amarcord, è proprio lo sceneggiatore del film a fornire una risposta del tutto diversa.
“Solo agli intimi svela come è nato il titolo del film. «Tutti pensano – continua (T. Guerra) – che sia solo il riferimento al dialetto ‘mi ricordo’: è vero, ma solo per assonanza, perché in realtà deriva dalla ‘comanda’ dei ricchi che entravano al bar chiedendo l’amaro Cora. Da amaro, amaro Cora, è nato Amarcord».
E dal titolo del film la poesia di Tonino: “Lo so, lo so, lo so/che un uomo a cinquant’anni/ha sempre le mani pulite/e io me le lavo due o tre volte al giorno/ ma è soltanto se mi vedo le mani sporche/ che io mi ricordo/di quando ero ragazzo”. Le poesie in dialetto che tanto amava anche Fellini. «Gli ricordavano la musicalità della nostra terra – conclude Guerra – , la genuinità della nostra gente perché solo il dialetto è in grado di tradurre dei sentimenti che faticano a uscire dall’anima in un’altra maniera.”
Il film – Il contenuto
Trascrivo le parole che sono riportate sul retro del DVD in mio possesso e che ne danno una breve sintesi.
“Una donna fiera, vestita di rosso, attira sguardi ed ammirazione. Una prosperosa tabaccaia scatena la fantasia degli adolescenti. Uno zio un po’ squinternato si rifugia su un albero e annuncia: “Voglio una donna!”
Questi sono solo alcuni degli attimi e degli eventi della memoria… e della fantasia di un leggendario regista nella sua forma migliore.
Amarcord, che significa ‘mi ricordo’, è il vivace e spesso divertente affresco di Federico Fellini di un’adolescenza non troppo diversa dalla propria.
E’ ambientato in un paese di provincia nell’Italia degli anni Trenta. Gli ormoni degli adolescenti impazzano, la famiglia, la chiesa e l’amicizia sono fondamenti di amore e lealtà. L’avvento del fascismo è alle porte.
Il sesso è ovunque e la vita vista nei cinema locali è una pietra di paragone per la vita vissuta.
I ricordi grandi e piccoli, sopravvivono nel tempo, così come il fascino di questo film…”
E ancora
Ma ancora più schietta è la descrizione che offre colui che con Fellini il film ha pensato, voluto e realizzato. Lo sceneggiatore, sempre dall’intervista citata.
-“Un film intramontabile e senza tempo”, risponde quasi stizzito a quei pochi che lo considerano come l’affresco di una provincia o della Romagna. «Lo amano e lo capiscono anche in India», butta là con una battuta liquidatoria. –
«Il film è del regista – aggiunge – ma l’abbiamo fatto crescere insieme». Una sceneggiatura che è «il racconto di un mondo che sa far fiorire le parole e i gesti». Una lunga parata di personaggi che trovano le radici nella Romagna sanguigna e scanzonata, ma diventano i simboli poetici di «un paese che incanta con il suono della parlata».
Bobo, l’Avvocato, la tabaccaia, il gerarca del borgo, il signor Amedeo, Gradisca, la Volpina.
«E’ gente delicata, che fa tenerezza, facendo mettere i piedi dentro il sogno».”
Il cast e dati tecnici
Per ragioni di spazio mi limito ai protagonisti di maggio rilievo.
Bruno Zanin interpreta Titta Biondi, con Pupella Maggio nel ruolo della madre Miranda e Armando Brancia è Aurelio, il padre.
E poi le ossessioni femminili di Titta: Magali Noël ‘Gradisca’, Josiane Tanzilli ‘Volpina’ e Maria Antonietta Beluzzi nelle vesti della Tabaccaia.
Qualche nota da Wikipedia sulla scelta dell’attrice per interpretare Gradisca. La scelta iniziale di Fellini era per Sandra Milo, che rifiutò il ruolo. Poi toccò ad Edwige Fenech, sulla quale il regista cambiò idea poco prima della firma del contratto: ‘troppo magra’.
Magali Noël risultò vincente nonostante i suoi 16 anni in più.
Prodotto da Franco Cristaldi, Amarcord esce nelle sale italiane nel 1973 (dicembre). Durata 123 minuti per la regia di Fellini, fotografia Giuseppe Rotunno e musiche di Nino Rota.
La Rimini del film è stata completamente ricostruita a Cinecittà.
Partecipa fuori concorso al Festival di Cannes 1974 e vince poi molti premi: Oscar come Miglior film straniero (1975), David di Donatello 1974 (Miglior film e Miglior regia), Nastro d’argento 1974 e molti altri riconoscimenti italiani ed internazionali.
La locandina
Sul sito di ‘ilcinemaritrovato.it’ ho scoperto la genesi dell’immagine che appartiene alla locandina voluta da Fellini per questa sua opera.
Si tratta di una lettera che il regista nel novembre del 1973 indirizza all’amico e collaboratore Giuliano Geleng.
Riporto qui alcune frasi che ci regalano alcuni tratti caratteriali di Fellini e dei rapporti con i suoi collaboratori più fidati.
“Mi dicono che ieri sera c’eri anche tu alla proiezione e che il film ti è piaciuto molto. È ovvio che la cosa mi lascia completamente indifferente. Dimentica che hai visto il film e dimentica che ti è piaciuto.
Pensa piuttosto che l’uscita di Amarcord è prevista tra un mese e si tratta quindi di farci venire qualche ideina per il manifesto perché i bozzetti che mi ha presentato la società distributrice sono da mandato di cattura per il presidente e per il capo dell’ufficio stampa. Tu hai qualche idea? Ne dubito; comunque se ne hai scordatene. […]
Allora: il manifesto dovrebbe a colpo d’occhio sprigionare la lietezza squillante di una cartolina natalizia o meglio, pasquale; il colore dovrebbe essere netto, lucido, sonoro, insisto sulla sonorità; dal manifesto dovrebbe uscir fuori una specie di scampanio, di voci, di grida e aria e luce e vento. Non spaventarti.
Preciso meglio la composizione: tutti i personaggi del film dovrebbero come affacciarsi dal manifesto, a fissare gli spettatori, quelli che passano per la strada.
Dovrebbero, questi personaggi, essere come sorpresi in una immobilità sbigottita, amabile, riluttante e sfrontata, una specie di vecchia immagine indelebile e favolosa riflessa in uno specchio festoso, domenicale.[…]
Un’ultima cosa, questa davvero seria: non sarai pagato, ma, in compenso, tra un mese deve essere tutto pronto. Conto su di te. Chissà perché. Un abbraccio affettuoso.”
Ed il risultato lo potete trovare nell’immagine di apertura dell’articolo che riporta la locandina originale. Ma l’illustrazione di Geleng è stata nuovamente riproposta per la copertina del DVD della recente versione restaurata.
Federico e Tonino
Due grandi professionisti del cinema e due amici.
Romagnoli entrambi e più che coetanei (Rimini 20 gennaio 1920, Fellini – Santarcangelo di Romagna 16 marzo 1920, Guerra).
Notissimo Federico Fellini, meno conosciuto Tonino Guerra.
Intere biblioteche osannano il primo. Qualche scritto o intervista ricorda il secondo. Federico Fellini regista, sceneggiatore, fumettista e scrittore. Come regista e sceneggiatore firma 24 film. Da Luci del varietà in co-regia con Alberto Lattuada (1950) fino a La voce della luna (1990).
Quattro Premi Oscar conquistati – La strada, Le notti di Cabiria, 8½, e Amarcord. E 12 candidature all’Oscar. E molti altri premi durante la sua lunga attività di cineasta.
Tonino Guerra viene definito poeta, scrittore e sceneggiatore. In quanto sceneggiatore una filmografia (parziale) elenca almeno 46 opere cinematografiche realizzate da registi di tutto il mondo. Fra queste L’avventura (1960) – Michelangelo Antonioni, Matrimonio all’italiana (1964) – Vittorio De Sica, Uomini Contro (1970 – Francesco Rosi solo per citarne alcuni.
Il sodalizio con Fellini prende il via con Amarcord, e prosegue poi con E la nave va (1983) e Ginger e Fred (1986).
David di Donatello per le sceneggiature: 1981- Tre fratelli di Francesco Rosi, 1984 – E la nave va di Federico Fellini, 1985 – Kaos dei fratelli Taviani. E molto altro ancora
Ma in Guerra c’è soprattutto l’anima del poeta romagnolo. Molti scritti e raccolte.
Sua la poesia recitata dal personaggio Calzinazz in Amarcord: “Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me’, ma la casa mia n’dov’è?”
Parla Fellini
Ricercando notizie di Amarcord sul web sono approdato sul sito ‘www.raiscuola.rai.it’ trovando un prezioso video di una registrazione del 1975 dove Federico Fellini commenta il Premio Oscar da poco ricevuto.
Ho trovato particolarmente interessanti alcune affermazioni del regista relative al cinema ed al mestiere di regista.
Ed anche riguardo al significato di un film come Amarcord ed al successo da Oscar. “La verità che io non ho voluto, attraverso il film, dimostrare un bel niente. Sono messaggi da inviare all’umanità.”
E infine il suo lavoro di regista. “Considero il cinematografo un giocattolo meraviglioso… un favoloso passatempo.”
Ed ancora in un altro frammento il cineasta ci offre la propria versione di un titolo così bizzarro.
“Volevo intitolare il film Viva l’Italia, ma il tipo di sarcasmo ingeneroso, snobistico, troppo rozzamente liquidatorio che sembrava suggerirlo rischiava di essere esteso e frainteso con il film.
Un altro titolo mi ha tentato per un po’ di tempo ed era II borgo, il borgo inteso nel senso di chiusura medievale, la provincia vissuta come isolamento, separazione, tedio, abdicazione, decomposizione, morte.
…e poi l’idea…
“Un giorno, al ristorante, mentre scribacchiavo disegnini sul tovagliolo è venuta fuori la parola Amarcord; ecco, mi sono detto, adesso verrà immediatamente identificata nel ‘mi ricordo’ in dialetto romagnolo, mentre ciò che bisognava accuratamente evitare era una lettura in chiave autobiografica del film.
Amarcord: una paroletta bizzarra, un carillon, una capriola fonetica, un suono cabalistico, la marca di un aperitivo, anche, perché no?
Qualunque cosa, tranne l’irritante associazione al ‘je me souviens’.
Una parola che nella sua stravaganza potesse diventare la sintesi, il punto di riferimento, quasi il riverbero sonoro di un sentimento, di uno stato d’animo, di un atteggiamento. Di un modo di sentire e di pensare duplice, controverso, contraddittorio, la convivenza di due opposti. La fusione di due estremi, come distacco e nostalgia, giudizio e complicità, rifiuto e adesione, tenerezza ed ironia, fastidio e strazio.
Mi sembrava che il film che volevo fare rappresentasse proprio questo. La necessità di una separazione da qualcosa che ti è appartenuta, nella quale sei nato e vissuto, che ti ha condizionato, ammalato, ammaccato.
Dove tutto si confonde emozionalmente, pericolosamente, un passato che non deve avvelenarci, e che perciò è necessario liberare da ombre, grovigli, vincoli ancora operanti. Un passato da conservare come la più limpida nozione di noi stessi, della nostra storia, un passato da assimilare per vivere più consapevoli il presente.”
Federico Fellini è tutto questo e forse molto altro ancora. Ci ha lasciato molto in eredità. Amarcord è certamente uno dei doni più affascinanti.
Forse potrei integrare con tante cose ancora. Ma mi sembra più efficace di ogni altra cosa offrire qualche assaggio del film stesso attraverso alcuni video che ho selezionato per voi.
Concludendo
Amarcord è un film che ho amato molto e che continuo ad apprezzare con lo stesso entusiasmo della prima volta che ho avuto la possibilità di vederlo.
Ritengo che sia un film che non solo piace ma che, pur attraverso l’ironia che caratterizza gli autori, offre anche degli importanti insegnamenti di vita.
Il regista Giuseppe Tornatore parlando della propria esperienza quando ha visto Amarcord per la prima volta dichiara:
“A quel tempo io pensavo già che forse un giorno avrei fatto questo mestiere (il regista). Vedere questo film mi diede uno sprint, un’energia che non dimenticherò mai. E tutte le volte che rivedo questo film ed appaiono i titoli di testa sullo sfondo nero… ritrovo sempre l’emozione della prima volta!”
E poi conclude: “I giovani devono vederlo!”
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Il trailer de Amarcord, il film di oggi (nella nuova versione restaurata):
- Il DVD di Amarcord – Nuova versione restaurata
- Il video di Rai storia – Federico Fellini vince il suo quarto Oscar – Intervista storica
- Il video Amarcord: Il pranzo in famiglia
- Il video Amarcord: Una classe modello
Rispondi