Cari lettori, vi voglio parlare oggi di Bastarde di Francia, il secondo volume: L’angelo e la vergine.
Alcuni giorni fa ho ricevuto un imprevisto commento su questo sito. Nonostante che l’ultima mia recensione pubblicata sia del dicembre 2021 (poi ho concluso per limiti di età), i visitatori non smettono di dimostrare il loro interesse.
E quindi, ogni tanto, visualizzo le statistiche per semplice curiosità.
Il commento è in realtà una segnalazione di Virna Mejetta, una delle co-autrici del poderoso romanzo (725 pagine), Bastarde di Francia – La figlia del Cardinale.
Che mi scrive: “..ci fa molto piacere annunciarti che da domani sarà in libreria il secondo volume della saga BASTARDE DI FRANCIA. Il suo titolo è L’angelo e la vergine, sempre edito da Piemme. Ti piacerà ancor più del primo.”
Avevo recensito il primo volume nell’agosto del 2021. (link)
E come molti altri lettori e lettrici avevo dichiarato esplicitamente di aspettare con interesse la pubblicazione del seguito della storia.
Ringrazio per la segnalazione; acquisto il nuovo volume, ancora più corposo del primo, ed inizio la lettura.
Il contenuto de L’angelo e la vergine
“Parigi, 1631. Cécile de La Baume, liberata dalla terribile prigionia che l’ha vista reclusa in un forte per oltre tre anni, cerca di ricostruire il suo animo afflitto. Ma il ritorno a casa non pone fine ai suoi tormenti: infatti il re, suo tutore dopo la morte del padre, accusa lei e il genitore di tradimento per il loro ingente patrimonio dall’origine ignota. Un amore che potrebbe restituirle serenità non è abbastanza forte per affrontare i chiaroscuri della vita; la mente di Cécile è rivolta a un altro solitario obiettivo: la vendetta contro colui che ha organizzato la sua prigionia.
Dall’altra parte delle Alpi, Madeleine Pidoux è giunta a Torino per diventare la favorita del duca Vittorio Amedeo I con l’idea di restare fedele a sé stessa e all’amore che ha lasciato in Francia. Tuttavia, Vittorio Amedeo non sembra l’uomo che l’aveva aggredita due anni prima: è intenzionato a conquistarla. Gli ostacoli in Savoia provengono dalla duchessa Cristina, che mette la giovane in cattiva luce davanti alla corte per timore di perdere il potere a cui tiene più che a suo marito.
Cécile è ritenuta un angelo dalle ali infangate, Madeleine la vergine da immolare a un potente, ma non sempre quel che appare è specchio della verità.
Tra segreti e bugie, amori appassionati e impossibili, insospettabili spie, maestri del doppio gioco e veleni mortali, un feuilleton di grandissimo fascino e intensità, tra i fasti impareggiabili della corte di Francia e l’austera regalità dei principi torinesi.”
Le due eroine
Chi ha letto il primo volume della serie ha già avuto modo di conoscere queste due figure femminili.
E a differenza degli immortali romanzi di Alessandro Dumas, dove i moschettieri sono esaltati per le loro imprese dal chiaro tratto maschilista e guerriero, qui sono le due personalità di donne tenute storicamente in secondo piano, a dare vita alla sostanza della narrazione.
E questo taglio ‘al femminile’ è la caratteristica che rende questa rivisitazione de ‘I tre moschettieri’ particolarmente innovativa ed affascinante.
Mi conferma Virna Mejetta in un uno scambio epistolare dei giorni scorsi:
“Studiando la Storia, se si spulcia con attenzione fra le linee, si riesce a comprendere anche il ruolo femminile. Abbiamo compreso che gli aneliti delle donne del passato erano gli stessi di noi donne d’oggi. Poter decidere in autonomia. Di sicuro la maggior parte delle donne seguiva i dettami della società, ma alcune osavano alzare gli occhi, e le nostre eroine sono fra quelle. […]
Per chi invece si avvicinasse direttamente al secondo volume, cioè a “L’angelo e la vergine”, le autrici offrono fin dalle prime pagine gli indizi necessari per la comprensione dei personaggi.
Eccovi un assaggio del primo capitolo che sintetizza così il contenuto
“Francia. Cécile lotta con disperazione, ignara di essere a un passo dalla libertà. Una nuova alba illumina lo spirito dei nostri eroi.”
Cécile
“13 dicembre 1630.
Un mucchietto di stracci. Fu quello che il moschettiere vide dopo aver dischiuso l’uscio. Le orecchie ancora gli fischiavano per il boato dell’esplosione che aveva dilaniato il forte e il fumo acre dell’incendio iniziava a graffiargli la gola quando una fiammata più alta, dal cortile, illuminò la stanza, delineando meglio lo scarno arredo.
Lui si domandò se quello nell’angolo fosse un mucchio di panni sporchi dimenticato da una lavandaia, ma la forma indistinta si mosse: il bianco di due occhi si fece evidente alla luce traballante delle candele e il moschettiere riconobbe una figura china sulle ginocchia, una ragazza con un groviglio di capelli neri e lo sguardo terrorizzato, che afferrava il bordo di un tappeto.
«Mademoiselle Cécile?»
La giovane sollevò la frangia della stuoia ed estrasse uno spadino. Si gettò contro di lui, che d’istinto la schivò, scartando di lato. Lei lo raggiunse ugualmente alla spalla, lacerando la giacca e arrivando a segnargli la carne.
Il moschettiere a spada sguainata rispose al secondo attacco della ragazza.
Si era trasformata: il viso contratto e concentrato nella lotta. […]
«Basta!» gridò esasperato, quando la ragazza gli stava mordendo la mano. «Sono un moschettiere del re e siamo venuti con il capitano de Peyrer per salvare la contessa de La Baume. Se siete voi smettetela, per l’amor di Dio!»
Già al nome di de Peyrer la piccola belva aveva smesso di scalciare. «Mi avete fatto male!»
«Anche voi a me. Posso lasciarvi senza temere che mi divoriate?»
«De Peyrer è qui con voi?»
«Sì!»
«Lasciatemi.» L’uomo lo fece, senza tuttavia abbassare la guardia. La ragazza si passò il dorso della mano sotto il naso, dove scendeva un rivolo di sangue.
Lui le porse un fazzoletto.
«Credete di essere a un ballo al Louvre? […]”
Gli occhi neri
della ragazza si fermarono solo un istante nei suoi. «Devo andare!» Si avviò alla porta.
Il moschettiere le bloccò il passo. «Dove?»
Lei arretrò. «Devo fare una cosa. Non me ne andrò finché non l’avrò fatta, per cui o mi aspettate qui o mi accompagnate. Monsieur?»
«Bayeux.»
La fanciulla annuì e, fuori di lì, inforcò una piccola scala che li condusse ancor più in alto. Aprì una porta con cautela. Voltò il capo un istante a guardarlo come se fosse sorpresa di non essere sola, per la prima volta dopo anni, poi entrò. Su di un materasso sudicio un uomo russava. Bayeux pensò che la sua sbornia dovesse essere colossale se non si era svegliato per l’esplosione.
La ragazza stette un momento ai piedi del letto a osservarlo.
L’incendio ai piani di sotto illuminava la piccola finestra posando lame di luce sul viso della donna, che a Bayeux parve inespressivo.
Poi lei svegliò l’uomo, scuotendolo: «Andrés. Andrés…» chiamò con voce soave, facendo pensare al moschettiere che si sarebbero ritrovati un carico in più da riportare a Parigi; infatti l’uomo, appena si svegliò e vide la ragazza, sorrise.
Lei portò la mano al pugnale dietro la schiena e con un movimento rapido gli tagliò la gola.
Bayeux alzò un braccio che lasciò a mezz’aria, impotente, e infine si portò al capo. Cécile, incurante dei rantoli del moribondo, pulì la lama sul giaciglio e si rivolse a lui con il viso schizzato di rosso. «Ora portatemi da de Peyrer.»”
L’angelo è entrato in scena. Forse proprio ‘angelo’ non sembra.. ma!?
I moschettieri sono, fin da subito, co-protagonisti: Jean de Peyrer, capitano dei moschettieri. Bayeux, pseudonimo di Henry d’Aramitz (l’Aramis di Dumas).
Madeleine
E’ l’altra protagonista. E mentre il capitolo appena citato utilizza una terza voce narrante che descrive i fatti, qui invece (e siamo al secondo capitolo) Madeleine si esprime in prima persona. Questa singolare alternanza delle voci è una delle gradevoli caratteristiche anche di questo secondo volume. Vi anticipo che ho divorato le 900 pagine senza neppure un attimo di stanchezza.
Anzi vorrei aggiungere che questa scelta di dare voce alle due protagoniste principali attraverso l’uso della prima persona, mi ha coinvolto in modo particolarmente efficace. Credo che la personalità dell’una o dell’altra abbiano, in questo modo, ricevuto un risultato espressivo particolarmente intimo e profondo.
Ecco qualche paragrafo che viene introdotto con le parole che seguono.
Secondo capitolo
“Savoia. Madeleine ricorda ciò che ha lasciato in Francia mentre giunge davanti all’uomo del quale, senza volere, ha incatenato il cuore.
“17 dicembre. La carrozza procedeva faticosamente lungo la strada fangosa. Oltre questa si stendeva una distesa di declivi innevati e più lontano il bosco.
Il paesaggio si era fatto più dolce, ma confuso nella nebbia che tutto uniformava come una mollica di pane passata su un foglio appena vergato a matita, e i miei pensieri si erano fatti più cupi.
Il mio amore era ormai così lontano da pensare che non fosse mai esistito. L’odore di Olivier, il suo respiro sulla guancia, le sue labbra sulle mie. La sera a Marsiglia e quelle ancora precedenti a ritroso fino alla prima, in cui gli avevo rivolto la parola nella sicurezza della mia casa di Meaux.
Tutto era perduto e le ginocchia mi tremavano al pensiero.
Durante la traversata avevo pensato all’amica di Olivier, Cécile, partita su una nave come la mia e naufragata, morta in mare, prima di dover sottostare a un matrimonio imposto. Sedici anni. Ma non sapevo se era bionda o bruna. Se aveva gli occhi scuri come i miei, o chiari, dal colore cangiante con l’umore e col cielo come quelli di Olivier.
Sapevo che aveva lottato per opporsi al suo destino, ma non sapevo se l’avesse fatto perché era innamorata o perché si sentiva destinata ad altro o infine solo perché voleva decidere per sé. Chissà se le sue convinzioni erano state forgiate dai libri o da uno spirito nato indomabile. Forse aveva avuto un briciolo di speranza? Magari per un attimo aveva creduto di trovare un futuro felice al di là del mare?
Oppure
il suo viaggio era stato salato dal principio alla fine, prima per le lacrime versate, e poi per l’acqua di mare dalla quale era stata inghiottita?
Avevo pregato il suo spirito perché mi venisse a prendere e il mio Dio che la nave colasse a picco, così come la sua.
Quando si era alzata la tempesta me n’ero pentita e avevo pianto per me stessa e per la tragica e prematura morte che così avrei avuto.
Ma poi il tempo era mutato: eravamo stati restituiti a un mare calmo e avevo pensato che forse anche nel cielo vi era una volontà ostile che mi soffiava veloce verso il mio destino. All’improvviso mi era sorto un gran senso di consapevolezza: come potevo credere a una promessa di mio padre, anche se principe della Chiesa di Francia, ora che aveva ottenuto quello che voleva?
Come avrei capito che ci sarebbe stata una fine a quel che stavo vivendo? «Due anni, ma potrebbero essere tre…» Era ciò che aveva detto mio padre, che per il resto del mondo era mio zio, il cardinale Richelieu. Ed era tutto quello a cui potevo appigliarmi per non essere sopraffatta.
Due anni prima non sapevo neppure chi fosse il duca di Savoia, due anni prima avevo creduto di essere una privilegiata. Avessi pensato ancora, sarei impazzita. […]”
I sentimenti sono onnipresenti e spesso prevalgono rispetto gli avvenimenti. Ma le due autrici riescono ad imprimere nelle descrizioni un equilibrio, a volte molto precario, fra le rigide regole del tempo e l’eterna modernità che appartiene ad ogni essere umano. E fanno del romanzo un piccolo capolavoro di autenticità. Eccovi qualche esempio, alcuni capitoli dopo.
“Bayeux aveva ormai sciolto tutti i lacci.
«Siete sicura, mademoiselle?»
«Siete forse voi a dubitare, monsieur?»
Percorse i fianchi, lasciando scivolare le mani sulla camicia, e slacciò il nastro di seta che la stringeva. Aveva ragione; era scosso da un’agitazione nuova.
Con un’altra sarebbero già stati tra le lenzuola, per la passione che lo stava divorando, ma con Cécile era come addentrarsi in un terreno sconosciuto.
«Avete timore di me, mademoiselle?»
«Timore?» si voltò finalmente a guardarlo. «Temo ogni sguardo d’uomo, ma voi, Bayeux, voi siete il mio laudano. Non avrei timore nemmeno se mi puntaste contro una pistola.» Abbassò gli occhi un istante. «Non credevo che mi voleste davvero. Eppure siete venuto fino qui.»
Lui le alzò il mento e vide che le lacrime velavano le iridi scure. Baciò le palpebre assaporando il sale. «Vorrei non vedervi piangere mai più…»
Allargò il collo della camicia per farla scivolare, ma lei gli fermò le mani.
«E voi? Siete ancora vestito.» Prese la punta dei lacci che chiudevano lo scollo dell’uomo e li sciolse, il viso le si accese come se avesse infranto tutte le regole. Le mani tremanti provocarono tenerezza nell’uomo, che le prese fra i suoi palmi e le baciò. «Siete tanto dolce, mademoiselle.»
Lei appoggiò la fronte al petto di lui, respirando sulla sua pelle. «Suppongo che non sia una qualità per una buona amante.»
«Questo vorreste essere? Una buona amante?»
Scosse appena il capo e si strinse di più a lui, che si sentì invaso da un affanno che gli spingeva il cuore in gola.
«Siete perfetta, qualunque cosa decidiate di fare.»
«Sapete di buono…»
«Oh, dopo un mese in viaggio con l’esercito, non credo proprio.»
«Odorate di cuoio, cavallo, terra e vento. Odorate di bosco.»”
E intanto Madeleine e’ in Savoia.
“[…] Vittorio lanciò un’occhiata ai due uomini che assistevano alla scena e ne approfittai per sgusciargli al fianco ed entrare nello studio privato. Lui, per fermarmi, mi strinse il braccio così forte da strapparmi un gemito.
Alzai gli occhi nei suoi, che erano più neri e più profondi di sempre. Muoveva le labbra appena, come se stesse pregando. «Madelon, ma che vi prende? Vi avevo detto “non stasera”.»
«Tenetemi con voi, altezza» supplicai. «Ho desiderato il vostro abbraccio. Ho desiderato… voi.»
Lui reagì con un singulto, come se gli stessi strappando il cuore. «Non posso.»
«Vittorio!» dissi con maggiore forza. «Non volevate questo?»
Lui rispose solo con un rapido sguardo alla porta della camera da letto.
Guardai anch’io: Cristina era lì, in gonna dorata e camicia, senza uno dei suoi rigidi corsetti e con i capelli sciolti e lucenti al bagliore delle candele. Aveva un sorriso che esprimeva trionfo.
Quasi mi accasciai. Il duca si chinò al mio orecchio: «Non posso ascoltarvi ora».
«Perché qui?» biascicai, come se mi sembrasse sensato che lui la raggiungesse nei suoi appartamenti, e completamente intollerabile che giacessero nello stesso letto in cui aveva giurato di amarmi come nessun’altra.
«Dovete andare» mormorò il duca.
Io sollevai una spalla, come se mi avesse chiesto una preferenza.
«Avete qualcuno che vi riaccompagni?»
«La mia carrozza attende» risposi meccanicamente.
«Allora buonanotte, marchesa» fece lui, annuendo.
Io e la duchessa ci guardammo, lei inarcando le sopracciglia con un finto stupore.
Avrei voluto scomparire, ma i miei piedi dovevano aver messo radici perché non riuscivo a muoverli.
Mi mancavano fiato e lucidità; pensavo che non riuscivo a sentire il suono dei miei passi sul pavimento, mentre nelle orecchie mi risuonavano le parole che Vittorio mi aveva rivolto da quando ero giunta a Torino: che mi amava, […]”
Due donne, due temperamenti
Due aneliti di libertà che la società che le circonda non può soffocare del tutto.
Al termine di L’angelo e la vergine, questo magnifico secondo romanzo di Alessandra Giovanile e Virna Mejetta, le due autrici ringraziano, attraverso le seguenti parole.
“In un’intervista Ken Follett ha dichiarato: «Ci sentiamo a nostro agio a leggere di persone in difficoltà, affamate e infreddolite e soggette a terribili violenze mentre noi siamo comodamente seduti su un divano, in una stanza calda, dopo una buona cena e con un bicchiere di cognac in mano».
Dovremmo perciò iniziare questi ringraziamenti a partire dalle nostre eroine Madeleine e Cécile, che sopportano le peripezie a cui le costringiamo e che ci danno modo di disegnarle sempre meglio.
Scrivere a quattro mani, oltre a essere un continuo confronto e uno stimolo a migliorare, è divertente perché, man mano che si avanza nella trama, si condivide un mondo inventato che diventa sempre più reale. Presuppone però anche un più sofisticato intreccio e in questo secondo capitolo della nostra saga, prenderà piede e “voce” il personaggio di Cécile, che parlerà in prima persona come Madeleine.
Perciò il primo grazie va a te, lettore, per prestare orecchio a queste due voci femminili, che altrimenti resterebbero inascoltate come è avvenuto troppe volte nella Storia. […]”
Il romanzo
Bastarde di Francia, L’angelo e la vergine è significativamente diverso dal primo volume.
Pur essendo il naturale seguito de La figlia del Cardinale, le due autrici imprimono, in questo secondo tratto della loro cronaca un’enfasi particolare alle vicende personali delle due eroine.
La scelta inoltre di dare voce anche a Cécile rende possibile un continuo viaggio introspettivo nelle mente delle protagoniste. Tale soluzione narrativa mi ha trascinato a condividerne, capitolo dopo capitolo, le emozioni, le ansie, i sentimenti e le paure che si susseguono nella vita dell’una o dell’altra.
Madeleine, la vergine sacrificale, appare anche più di Cécile una donna del nostro tempo. E’ pronta ad mantenere il ruolo che le è stato assegnato. Pur tuttavia vive alla continua ricerca la propria strada nella consapevolezza che anche nelle peggiori costrizioni esterne, ogni persona può mantenere la padronanza del proprio destino.
Ed in entrambe c’è il sentimento vero, l’amore che tutto può, che pur imbrigliato da vincoli sociali che sembrano insormontabili, mantiene stabilmente una luce fiduciosa sulla direzione del proprio destino.
I due uomini che sono il vero oggetto del loro amore, rimangono sullo sfondo come soggetti secondari. Nel libro sono le donne a giganteggiare sulle vicende che le vorrebbero sottomettere e schiacciare.
Anche i potenti che vorrebbero dominare le loro vite, diventano, pagina dopo pagina, semplici strumenti nelle mani delle volontà tenaci di questi due personaggi femminili.
Capaci di piegarsi con arrendevolezza spesso solo apparente, ben sapendo che tale modo di agire permetterà loro di evitare di essere dolorosamente ed irrimediabilmente infrante.
Le ricerche storiche delle autrici sono coscienziose ed approfondite. Ho fatto alcune verifiche e devo fare loro i miei complimenti per l’accuratezza di questa parte così importante nei romanzi che hanno scelto di scrivere.
Concludendo
Un libro come questo poteva essere solo frutto di un lavoro ‘al femminile’. Ed è questa, a mio parere, la maggiore positività de L’angelo e la vergine.
La capacità narrativa delle due autrici è molto scorrevole ed efficace. Ed anche le situazioni più intime o scabrose, frequenti in questa parte della storia, trovano nel romanzo un linguaggio descrittivo che ne mitiga il rischio di eccessi o stonature.
Come già sottolineato il romanzo descrive personaggi attuali, contemporanei. Riconoscibili come autentici. Con tutti i pregi e difetti che il genere umano può manifestare oggi come ieri.
Anche i dialoghi sono legati al secolo in cui le vicende si svolgono, ma solo per qualche espressione vetusta talvolta inevitabile. Ma per il resto i personaggi si esprimono come nella quotidianità che tutti noi conosciamo.
Purtroppo, o forse dovrei dire, per fortuna, le storie delle due protagoniste rimangono in sospeso. Grazie a ciò ci sono le premesse per almeno un altro nuovo romanzo.
Virna Mejetta in un suo messaggio si è lasciata sfuggire una notizia ed anche una promessa. Mi ha scritto: “Il terzo libro è in gran parte già scritto e questa volta, siamo un po’ più istruite sui processi editoriali, cercheremo di non fare passare due anni tra un libro e l’altro.”
Virna ed Alessandra, io, come penso anche la maggioranza dei vostri lettori, mi fido di voi. E quindi, ci aspettiamo di rileggervi presto! Buon lavoro!
Per chi desidera approfondire od acquistare
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