Eccomi oggi con la recensione di Guinea dello scrittore catalano Fernando Gamboa.
Poco meno di un anno fa ho acquistato, letto e recensito Tenebre, secondo volume di una serie dedicata ad un personaggio – Capitan Riley – frutto della fantasia dello stesso autore.
Oso pensare che il titolo abbia incuriosito molti dei navigatori del web che incrociano a volte per autentica curiosità altre volte per caso il sito che ospita questa recensione.
E la mia impressione nasce dal fatto che ad oggi, l’articolo-recensione di Tenebre ha già ampiamente superato le 500 visualizzazioni nell’arco di soli 10 mesi dalla sua pubblicazione.
Nell’arco di questo tempo ho approfondito la conoscenza di questo bravissimo scrittore spagnolo acquistando e leggendo la quasi totalità dei suoi romanzi.
In ordine cronologico Capitan Riley, Tenebre, Guinea, Terra di nessuno. Tengo in stand-by La ultima cripta nell’edizione in spagnolo che ho acquistato nel gennaio 2013. Questo suo primo romanzo conto di iniziarlo nelle prossime settimane.
Fernando Gamboa è un autore che mi piace: moltissimo! Lo avrete capito ed ecco perché mi sono deciso di recensire adesso anche Guinea.
Guinea: un romanzo particolare
Guinea si presenta come un thriller. E lo è davvero! Ne ha tutte le caratteristiche.
In copertina potete leggere: “Un thriller frenetico nel cuore dell’Africa.” – “Senza speranza. Senza riparo. Senza fiato.”
Effettivamente l’ho vissuto così!!
Ma non a caso, e per la prima volta, prima di recensirlo ho deciso di dedicargli una seconda lettura. I suoi contenuti sono particolarmente forti e se anche – lo ripeto – risulta a prima vista un ottimo thriller, questo lavoro di Gamboa è qualcosa di più profondo.
Il contenuto
“Bianca Idoia, un’antropologa di Vitoria giunta nel continente africano per conto dell’UNICEF, viene arbitrariamente trattenuta a un posto di blocco e condannata a morte in seguito ad un surreale processo, effettuato da militari della Guinea Equatoriale. Miracolosamente fuggita, sarà costretta ad iniziare una fuga disperata attraverso la giungla, aiutata da indigeni e soprattutto da Gabriel Biné, un guineano, latitante come lei, che diventerà il suo angelo custode, il suo amico, il suo amante… e la sua nemesi.
Guardando attraverso gli occhi di Bianca, sentendo i battiti del suo cuore, il lettore scoprirà, pagina dopo pagina, l’orrore e lo stupore più estremi, fin quando si accorgerà di non riuscire più a vedere l’Africa come la vedeva prima. Con Guinea, entrerà in un carcere guineano, attraverserà la giungla cercando di sopravvivere a innumerevoli pericoli, malattie e animali selvaggi; oltrepasserà ogni limite del buon senso in un finale indimenticabile.”
Il libro, pubblicato in modo indipendente il 5 dicembre 2019. è disponibile tanto in versione e-book come in edizione cartacea. Tradotto da Valeria Martis è un volume di 383 pagine. Il titolo italiano è composto anche da un sottotitolo. diventa cioé Guinea: Oltre l’avventura.
L’autore ha scelto un’interessante suddivisione in due parti. La prima intitolata L’incontro è composta da 61 capitoli. La seconda parte dal titolo L’oblio è costituito da un solo capitolo… imprevedibile!?
Lo valuterà chi di voi sceglierà di leggere l’intera storia.
Conosciamo Guinea
“L’incontro”
Conobbi Bianca Idoia in una calda notte di agosto. Eravamo due estranei dentro il bar di un vetusto hotel che aveva visto giorni migliori; io ero di passaggio, lei era andata a prendere da bere, mentre da un giradischi seminascosto Julie London sussurrava “Cry me a river”, con la malinconia che le attanagliava la gola. Mi avvicinai al bancone e le offrii un altro bicchiere di qualunque cosa stesse bevendo, ma lei mi dedicò appena un lieve cenno del capo, senza nemmeno girarsi, mentre il suo sguardo si perdeva tra le bottiglie dello scaffale. Osservando con circospezione il suo riflesso nello specchio che avevamo davanti, notai che si trattava di una donna giovane e attraente, con i capelli biondi lunghi fino alle spalle e occhi castani, da cui traspariva un dolore altero e lontano, che sembrava voler fuggire oltre le pareti di quel locale. Eravamo seduti sui nostri sgabelli a nemmeno due palmi l’uno dall’altra, ma in realtà lei si trovava ben più distante, persa nel tempo e nella memoria, e io mi sentivo come un naufrago che la osservava allontanarsi come una vela all’orizzonte.
Rassegnato, finii la mia birra sotto lo sguardo compassionevole del cameriere, lasciai qualche banconota sul bancone e, in silenzio, mi alzai da dov’ero seduto. – Grazie per il drink – mormorò infine con voce stanca. Sorpreso, mi voltai e vidi i suoi occhi nello specchio, fissi su di me. – Di niente – risposi, tendendole la mano-. Mi chiamo Fernando. Lei si girò sullo sgabello e, dopo avermi squadrato per qualche istante con quella noia che sembrava impregnare ogni suo gesto, mi strinse la mano con indifferenza. – Mi chiamo Bianca – si presentò e, come se dovesse compilare un formulario, mi chiese subito dopo da dove venissi. […]”
Cap.1
“- Signora Margherita! Sono rientrata! – esclamai, mentre aprivo la porta ridipinta color azzurro cielo.
Lasciai il mio piccolo zaino sul pavimento e mi affacciai nella cucina, convinta che l’avrei trovata, come al solito, intenta a preparare i suoi stufati e le fritture di pesce.
– Signora Margherita? – chiamai, sorpresa dal non trovarla lì, per la prima volta in quasi due mesi -. Dov’è andata?
Mi avvicinai al gabinetto, situato ad alcuni metri dal resto della casa e vigilato da una pelosa tarantola sistemata sulla parete bianca, che avevo ormai battezzato Matilde, dopo i lunghi momenti di intimità trascorsi insieme. Alla fine mi diressi verso il piccolo orto dietro la casa e poi tornai dentro, entrando nell’unica stanza in cui ancora non avevo guardato. Era lì. Nella semioscurità, abbandonata sul letto, con la vecchia camicia da notte appiccicata al corpo per via del sudore che si estendeva come una macchia persino sulle lenzuola.
Allarmata, aprii la finestra cercando di illuminare la stanza, e così la miriade di piccole goccioline di sudore, che imperlavano la sua pelle scura, rifletterono la luce della sera, e gli occhi della donna accennarono ad aprirsi con uno sforzo sovrumano per un corpo tanto esile e stanco.
– Bianca… – riuscì appena ad articolare.
– Sì, signora Margherita. Sono qui – risposi, prendendole la mano, cercando di mantenere la calma – Cosa le succede?
L’anziana si sforzò di sorridere, ma il dolore le impedì di compiere quel gesto.
– Sto morendo – gemette.
– Assolutamente no! Non lo pensi nemmeno! – protestai senza pensare – Ora prendo la jeep e la porto all’ospedale di Malabo. – Le poggiai la mano sulla fronte per sentire la temperatura e dovetti mordermi il labbro, per impedirmi di palesare il mio orrore nel percepire quanto scottava. […]”
Cap. 2
“[…] E la porta si aprì.
Cigolando sui cardini, la pesante porta di ferro sembrò sbadigliare fino a fermarsi contro la parete alla sua destra: un rettangolo di luce diffusa mi permise di vedere il profilo di un uomo basso, grasso e con un berretto militare sul capo.
Sconcertata, feci un passo indietro. Era da ore che aspettavo che quella porta si aprisse, ma ora provai paura, molta paura. Come un animale spaventato nella sua tana, non volevo uscire da quella cella, per ripugnante che fosse. Mi rifugiai contro la parete in fondo, cercando di rendermi invisibile a quella siluetta dagli occhi fiammeggianti.
– Portatela fuori – ordinò con voce roca e autoritaria.
Quindi l’uomo grasso si girò e usci dalla mia vista; immediatamente, irruppero due soldati più giovani, che senza alcuno scrupolo mi legarono le mani dietro la schiena con una briglia di plastica e, afferrandomi un braccio ciascuno, mi trascinarono fino a portarmi fuori dalla stanza. Invece di darmi la possibilità di mettermi in piedi, preferivano farmi strisciare a terra come un peso morto, facendomi terribilmente male a gomiti, spalle, piedi e collo.
– Per favore! – gridai -. Lasciate che mi metta in piedi, vi supplico! Mi state facendo molto male!
L’unica risposta fu una perfida risatina da parte di entrambi. […]
Vari soldati formavano una sorta di corridoio e, in mezzo, due corpi sembravano lottare al suolo, aizzati dagli uomini che stavano in piedi. Solo quando mi arrivò all’orecchio l’urlo atterrito di una donna, compresi ciò che in realtà stavo vedendo.
Non riuscii a trattenere un grido di orrore. Immediatamente, uno dei soldati che mi trascinava capì cosa stavo guardando e, chinando il volto fino a metterlo all’altezza del mio, rise lascivamente, mostrando una giallastra fila di denti sporchi.
– Ti piace, puttana? […] ”
Siamo solo all’inizio
La terrificante avventura di Bianca Idoia è inevitabilmente incominciata. Per ragioni pratiche ho deciso di non procedere oltre in questa mia recensione.
Ricordo comunque a chi interessasse leggere di più, che sul sito di Amazon, in cui viene proposto il romanzo, è disponibile l’opzione ‘Leggi l’estratto’ che consente la lettura integrale dei primi 4 capitoli di Guinea più alcuni paragrafi del Cap. 5.
Tragedie inimmaginabili
All’interno del romanzo ci sono anche pagine umanamente toccanti. Un esempio. Paula ha ventitré anni e, con la madre Maria ha accolto Bianca – in fuga, – nella sua poverissima capanna. Siamo al Cap. 9, pag. 73
” […] e Paula, la povera Paula, ne aveva abbastanza col dover sopportare la febbre costante e quel dolore che a volte le faceva stringere i pugni fino a ferirsi conficcandosi le unghie nella carne. Faticavo ad immaginare una situazione peggiore di sapersi in fin di vita, senza speranze di cure né di alleviare la sofferenza con degli analgesici. Mi faceva pena, e vedevo in lei, mentre restavamo sole all’interno di quella piccola capanna e potevo facilmente contare le sue costole e ogni vertebra della sua spina dorsale, l’abbandono assoluto in cui era relegata la maggior parte del popolo africano.
Lei non era che una delle decine di milioni di persone che soffrono come noi non possiamo nemmeno immaginare: indifesa, fragile, innocente; orribilmente cosciente che la sua vita sta volgendo al termine e mai più potrà danzare, fare l’amore o aver figli di cui prendersi cura e a cui donare tutto il suo affetto. Ma Paula in quel momento stava di fronte a me, non dall’altro lato di un asettico schermo televisivo. Era reale, come lo era la sua maschera di dolore, il suo sudore, o l’impalpabile alone di morte che già la circondava e che, sebbene invisibile, non per questo era meno certo. – Bianca… – mormorò con mia sorpresa, con voce rotta.
“- Dimmi, Paula – dissi avvicinandomi a lei. – È vero che in Spagna l’AIDS può essere curato?
La domanda…
mi colse talmente di sorpresa e il suo tono era tanto carico di inattesa speranza, che dovetti prendermi un istante per soppesare le mie parole.
– In realtà, come ho già detto a tua madre, ancora non c’è una cura… però a volte si riesce a ritardarne gli effetti.
– E credi che potrei andare in Spagna… per avere questa medicina?
Quella era una conversazione terribile. Non volevo mentire ad una moribonda, però non potevo nemmeno soffocare quel barlume di speranza che sembrava brillare in fondo ai suoi occhi corvini.
– Non lo so… – dissi alla fine. – Ma se riuscirò a tornare in Spagna, ti prometto che farò l’impossibile affinché tu sia sottoposta al trattamento, anche se dovessi pagarlo di tasca mia.
Una lacrima scese lungo la pelle scura di quel giovane viso deturpato dalla sofferenza.
– Grazie… – mormorò, chinando la testa.
Continuavo a non sapere che dire, però mi avvicinai a lei e presi il suo corpo consunto tra le mie braccia tumefatte, e ci fondemmo in uno sconsolato abbraccio, compartendo paure, dolore e una tenue speranza.
Mi resi conto allora che non avrei mai potuto dimenticare quell’abbraccio e che, in qualche modo, stavo siglando un patto non solo con Paula, ma con un continente intero. In un certo senso, stavo abbracciando tutta l’Africa, lasciandola entrare per sempre nel mio cuore.”
Realtà o fiction?
Romanzo terribile, atroce, devastante, eppure intenso e bellissimo.
Ma quanto… vero!? Decidetelo personalmente dopo aver letto il libro e poi selezionando, se lo volete, le tante notizie contrapposte che potete scoprire navigando sul web.
Anch’io ho fatto le mie ricerche e sono arrivato ad una conclusione personale. Ma non mi sembra giusto influenzare nessuno.
Fernando Gamboa, lo scrittore
Invito chi sta leggendo a scorrere le righe biografiche del 50enne romanziere – e tanto altro ancora – che ho inserito nella recensione di Tenebre (ecco il link.)
Vorrei invece oggi farvi conoscere un po’ meglio l’uomo Fernando Gamboa attraverso alcune ‘riflessioni-testimonianza’ che egli stesso annota sul suo blog.
Il tema è sempre l’Africa, in particolare a Guinea e le donne che fanno parte.
Il titolo dell’articolo è ‘Guineanas’ (donne di Guinea) e l’articolo – molto interessante – è in spagnolo.
Ho scelto alcuni paragrafi che ritengo illuminanti.
“Per la maggior parte di noi, se ci chiedessero di dare una faccia al continente africano, penseremmo a un guerriero Zulu, un giocatore di calcio o un pastore Masai che salta con la sua lancia; sempre uomini. Ma no, chiunque sia mai stato lì sarà d’accordo con me che l’Africa è femminile.
L’Africa è una donna.
È la bellezza che non ci sta negli occhi, la sensualità nell’odore di frutta e carne marcia, lo sguardo che attraversa l’anima e viene fuori dall’altra parte prendendo ciò che non sapevamo ancora di non volere. E sono le donne africane che fanno l’Africa.
Ovunque gli uomini si perseguitino a vicenda perché appartengono a un’etnia diversa, si tagliano il collo per motivi che nessuno comprende, o si ubriacano di disperazione immaginando il loro futuro, ci sono sempre donne forti, tenaci e pazienti, che cercano di riparare ai danni dei loro figli e mariti, rifacendo ogni giorno ciò che hanno disfatto il giorno prima.
L’Africa è la madre di tutti, e la riconosciamo ancora quando la ritroviamo, povera e abbandonata, sfinita dal dispiacere di alcuni bambini che guardano dall’altra parte quando la vedono da lontano, temendo che venga a chiedergli di ricordarla, non lasciarla morire da sola.”
Leggete l’intero l’articolo se vi è piaciuto questo estratto. Vi si aprirà un mondo inaspettato!
Concludendo
Al termine del romanzo ho trovato la seguente Nota dell’Autore che identifica Guinea come un libro ‘denuncia’.
Scrive infatti Fernando Gamboa: “Ciò che avete appena letto è un romanzo, una finzione che ho ritenuto necessaria per descrivere la raccapricciante realtà.
Quello che racconto è frutto della mia personale esperienza in Guinea Equatoriale, di testimonianze raccolte di persona e di dettagliati dossier pubblicati da diverse organizzazioni.
Come Global Witness, l’Associazione Internazionale degli Avvocati, Transparency International, il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, la Commissione Alternativa per l’Africa, Amnesty International o l’ONU.”
Per chi fosse interessato troverete qui il link del Report di Amnesty International più recente (Agosto 2019) che conferma la sostanza delle parole di Gamboa.
Per equità di informazione ho ritenuto comunque utile inserire al termine della recensione anche un video YouTube che propone l’attuale Guinea Equatoriale in tutt’altri toni.
In ogni caso vi propongo di leggere alcune parole, che non sono mie, ma che dopo molte riflessioni e la lettura (ripetuta!) del romanzo Guinea ritengo essere molto importanti e condivisibili.
Una luce in fondo al tunnel…?
“[…] Quella stessa notte, quando tornai da casa del mio amico, tirai fuori i miei album di foto dagli scaffali e, aprendoli, cominciai a rivedere immagini dimenticate, sfiorando paesaggi e sguardi con la punta delle dita.
Quando sono arrivato alle istantanee del mio viaggio in Guinea Equatoriale, una serie di enormi sorrisi mi ha accolto da ciascuno di loro, e poi ho preso atto che quasi tutte erano donne.
Dalla ragazza che mi ha insegnato a contare a zanne per una strada di Bata, alla nonna che, malata di malaria, viveva sola in un’umile capanna a Luba, occupandosi devotamente di una figlia morente devastata dall’AIDS.
Senza saperlo, pensai allora, avevo fotografato l’essenza dell’Africa.
Il sorriso, la generosità e la speranza si sono indurite sui volti di quelle coraggiose donne di un piccolo paese aggrappate al seno dell’Africa.
Donne che vivono nella mia memoria e nella mia coscienza, e che spero continuino lì per sempre, perché mi costringono… ci costringono, a essere migliori.
F.to: Fernando Gamboa. (sempre dall’articolo ‘Guineanas‘ citato)
Leggete Guinea!
Un potente thriller. Una storia dura, feroce, densa di colpi di scena, sofferenze ed emozioni. Ma c’è l’Africa, la Guinea Equatoriale e loro… le donne di quel lembo di territorio africano: le ‘Guineane’: e grazie a loro forse ancora una grande speranza!
E da parte mia, a voi tutti… grazie per l’attenzione!
Dello stesso autore
Tenebre recensito il 10 dicembre 2019
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Guinea: Oltre l’avventura (2019) – Il libro di oggi
- I giorni della peste – Il nuovo romanzo (breve) su Capitan Riley (2020)
- Redenciòn (2019) – Il più recente successo dell’autore (non ancora tradotto in italiano).
- Video YouTube – Guinea Ecuatorial – Etnico 2013 – Il volto turistico del paese.
Rispondi