Il Leone di Roma di Adele Vieri Castellano. Un titolo importante per un libro di fiction sulla antica Roma che assume valore grazie all’abilità narrativa della scrittrice. La mia decisione di recensire questo romanzo è stata in forse per diversi mesi. Devo confessare che il romanzo, che ho letto ormai da molto tempo, mi è piaciuto fin dalle prime pagine. Ma la reticenza a farne un titolo da proporre alla vostra attenzione era dovuta ad una mia colpevole sottovalutazione dei contenuti.
Un bel romanzo relativo alla Roma antica doveva avere, nella mia logica, necessariamente dei riferimenti storici su fatti noti al pubblico. Il Leone di Roma invece rientra nel gruppo della narrativa dove la cornice storica é solo un espediente per rendere più avvincente il racconto di fantasia.
Ma essendomi la lettura risultata estremamente piacevole, ho deciso che il lavoro della Castellano poteva meritare la vostra attenzione. Ed allora, eccomi qua!
Il racconto
“Roma, 50 d.C. Massimo Valerio Messalla è nobile di nascita, colto per educazione e guerriero per scelta, ma la sua libertà sta per finire: il padre gli impone di sposarsi, per garantire una discendenza alla stirpe dei Valeri.
Ottavia Lenate è una giovane inquieta e curiosa, appassionata di scienza e astronomia, che desidera la conoscenza, non un marito, specie non uno ruvido e affascinante come Messalla, l’uomo a cui scopre di essere destinata.
Massimo e Ottavia si trovano così forzati in un’unione decisa da altri, finché il Fato non li porterà ad Alessandria d’Egitto. In quella terra arida, sterile come l’anima di Messalla e ricca di tesori nascosti come lo spirito di Ottavia, una terribile minaccia in arrivo dal passato metterà a rischio tutto ciò che Massimo, il leone di Roma, ama e vuole proteggere…”
Come vedete dalla sinossi riportata nella presentazione del libro, se non ci fosse l’indicazione relativa alla data ed il riferimento a Roma, il lettore potrebbe pensare di trovarsi di fronte ad un dei tanti romanzi rosa che abbondano nella produzione letteraria del nostro tempo.
Ma fin dalle prime righe del romanzo questa impressione deve essere immediatamente rettificata. Giudicatelo anche voi.
Le primissime righe del prologo
“Oltre il limes africano, novembre 800 a.U.c. (anno 47 d.C.)
Ho le mani legate dietro la schiena, la mia pelle è straziata, sono sporco di sabbia e polvere e, della fine tunica che indossavo sotto la lorica, non resta che qualche brandello.
Per tutto il tratto che mi porta dal luogo della mia prigionia fin nello spiazzo al centro del villaggio, guardo avanti tenendo la testa alta, le spalle rigide. Ho le labbra incise dalla sete, più di una volta rischio di cadere ma non permetto a nessuno di toccarmi.
Mi arrivano alle orecchie le note dissonanti di quei tamburi che ho udito per giorni e giorni e che, da sempre, accompagnano guerre e massacri. Quel rumore mi vibra nel petto, accompagna il lieve rantolo del mio respiro.
Qualcuno urla che mi stanno portando a morire, che le mie ossa biancheggeranno presto su quel deserto ocra, su quella sabbia rovente e che, se tradirò, avrò salva la vita.
«Un Romano non conosce il tradimento!» La mia voce è strozzata, la mia forza si frantuma in un ultimo grido alla folla.
«Un Romano sa come morire!» Che sentano tutti le mie ultime parole, nessun suono uscirà più dalle mie labbra, devo concentrarmi su ciò che mi faranno, sul dolore che mi spezzerà. Devo dimostrare come muoiono i Romani.
Tenecratis, il capo di questo popolo traditore, adesso è davanti a me, il respiro gli esce dalle labbra tinte di nero, attraverso quei denti che ha pazientemente limato fino a imitare le zanne di una fiera. Solleva il petto soddisfatto. Fa paura, ma non a me.
«Morirai» dice, e il sussurro disegna sul volto di cuoio invecchiato un ghigno crudele.”
La morte si avvicina
” […] I miei piedi sono quasi sospesi, i pochi stracci che ancora indosso vengono gettati nella polvere.
Sono inerme, nudo, stretto contro questa roccia che scotta. Mi aspetto di tutto, anche l’umiliazione più bieca. Essere violentato come si usa dopo la vittoria, come ho visto fare anche dai miei legionari ai nemici sconfitti, quando il sangue scorre a fiumi, quando coraggio e viltà palpitano insieme e si nutrono dalla stessa fonte, quando rabbia e furore ti accecano, in modo così profondo, inarrestabile, che nulla, nulla e nessuno possono fermarti.
Ma questo mio corpo non è che un oggetto, non potranno spezzare il mio coraggio anche se distruggeranno tutto il resto.
Tenecratis si avvicina di nuovo, adesso è alle mie spalle. Qualcosa striscia e mi percorre una gamba, graffia, incide, ferisce. Appoggio la tempia alla roccia, vedo dietro di me la sua ombra e quella della lancia che sta usando per percorrere il mio corpo in una macabra carezza.
Scalfisce, mi taglia dietro le ginocchia, mi pungola le natiche e si ferma in mezzo alle gambe.
Sento il peso dei miei testicoli sollevato dalla punta di metallo e mi tendo, irrigidisco i muscoli, mi preparo a ciò che avverrà. Poi lui tira indietro l’arma di scatto e io non riesco a impedirmi di emettere un suono soffocato, di sollievo o di rabbia, non so.
«Slegami, slegami, bastardo e affrontami da uomo» urlo, e il mio respiro è ansante come se avessi corso, il mio cuore batte indomito e lotto per calmarmi, per riprendere il controllo.
Tenecratis si avvicina, la collana che gli pende sul petto tintinna, uno dei ciondoli d’osso si pianta nella mia scapola.
Quasi fosse un sussurro d’amore, mi sibila all’orecchio: «Ti taglierò tutte le dita, prima delle mani, poi dei piedi. Un dito alla volta, un braccio, una gamba, un piede e la testa… l’ultimo regalo al tuo re».”
L’abilità descrittiva di Adele Vieri Castellano, traspare fin da queste prime righe. E devo ammettere che il libro comincia a catturare la mia attenzione.
E questa attenzione rimane ancorata alla narrazione della scrittrice fino all’ultima delle 510 pagine del romanzo.
Chi è l’autrice?
“Adele Vieri Castellano è nata a metà degli anni Sessanta e, dopo un lungo periodo in Francia, è tornata a Milano, dove ora vive con tre gatti e un computer portatile.
È sempre molto impegnata tra editing, traduzioni e romanzi, ma riesce a trovare il tempo per le amiche, perché senza di loro il suo sogno non si sarebbe mai realizzato.
Per Leggereditore ha pubblicato Roma 40 d.C. Destino d’amore, Roma 39 d.C. Marco Quinto Rufo, Roma 42 d.C. Cuore Nemico, Il gioco dell’inganno e Il canto del deserto. Sono seguiti Roma 46 d.C Vendetta, La tormenta, La legge del lupo e altre storie, La musica del cuore (AVC Historiae) e Implacabile e NutriMenti (Emma Books).”
Navigando sul web ho letto con attenzione l’interessante intervista ad Adele Vieri Castellano realizzata da Sebastiano Del Rosso, di cui inserisco il link, per il sito www.mangialibri.com.
Ho ritenuto utile riportare alcuni degli argomenti dell’intervista che meglio fanno comprendere le finalità narrative dell’autrice e anche lo spirito di alcuni suoi romanzi. Il leone di Roma è fra questi.
Il mondo narrativo della Castellano
Ecco alcune delle domande e le risposte dell’intervistata.
- – A cosa è dovuto l’interesse per il periodo della Roma Imperiale?
- – La storia è sempre stata la mia materia preferita, non ho mai smesso di studiarla. Soprattutto quella di Roma e l’Egitto dei faraoni.
Ho coniugato un argomento che ben conoscevo con l’altra mia passione, la scrittura e non potevano che nascere, dal connubio, romanzi storici.
Ho scelto la Roma imperiale soprattutto perché, a quei tempi, la condizione della donna era più evoluta di quanto non fosse nel Medioevo e l’epoca degli imperatori del I secolo è la più splendida nella storia della capitale del mondo antico.
- – Un fil rouge che accomuna la serie Roma Caput Mundi è la condizione della donna nell’antica Roma…
- – Mi ha sempre interessato la condizione della donna nei secoli, scoprire come il ruolo femminile sia cambiato col mutare delle condizioni sociali, politiche e culturali. La protagonista del mio romanzo Il Leone di Roma, quinto della serie Roma Caput Mundi, è Ottavia Lenate, una giovane erudita che nasconde l’amore per la cultura e la sua intelligenza per proteggersi dal mondo prettamente maschile in cui vive. Ottavia non è solo un omaggio alle erudite che ci hanno lasciato testimonianze scritte ma, soprattutto, alle donne del silenzio, centinaia, migliaia, di cui non leggeremo mai nessuna opera perché la loro eredità è dentro ciascuna di noi, donne emancipate dell’età moderna.
Nel romanzo cito Saffo, e la presenza di Ipazia d’Alessandria è sottintesa in ogni riga dedicata a Ottavia.
Ipazia, martire della libertà di pensiero, di una mentalità che tutti noi ancora oggi dobbiamo ripudiare, perché il libero pensiero e la cultura non hanno età né sesso, né religione.”
Se volete avere altre notizie
Mi fermo qui. Ma alla domanda successiva che riguarda il genere letterario ‘romance’, la scrittrice risponde in modo molto accorto e condivisibile. Ecco il link dell’intera intervista.
Ottavia fa la sua comparsa
Siamo all’interno del capitolo 1.
” […] Il procurator le rivolse un’occhiata e accennò un sorriso.
Anche l’uomo che era con lui si voltò nella sua direzione, i loro sguardi si incrociarono per pochi istanti. Ottavia non fu in grado di quantificarli, poiché risultarono inafferrabili come una manciata di sabbia. Tutto nell’aspetto dello sconosciuto, dalla fibula d’avorio alla tunica di lana finissima, indicava ricchezza ma anche qualcosa di più conciso, definibile.
Potere.
Un volto dai tratti decisi, il naso aquilino, la mascella squadrata e una bocca grande, sicura di sé. Niente di aggraziato, né di affettato. Solo pura mascolinità che sprigionava innegabile fascino.
Guardarlo le provocò una strana sensazione in un punto preciso del petto, molto simile a quando risolveva un’equazione o un problema di idraulica.
No, forse no.
In realtà si sentì esattamente come la prima volta che aveva letto i versi di Saffo: “Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti. Io ti seguirò. Ovunque”.
L’uomo distolse lo sguardo e riprese a sussurrare. Ecumene continuò a fissarla e Ottavia notò, con un certo disappunto, che il sorriso di poco prima stava scomparendo dal suo volto.”
Massimo Valerio
«Non ho tempo di aspettare, Ecumene. Devo partire per l’Egitto e voglio le Elegie di Properzio, il tuo assistente mi ha detto che le stavate copiando.»
«Domine, la copia è stata fatta per un’altra persona.»
Massimo aggrottò le sopracciglia.
«A meno che non sia l’imperatore, viene dopo di me» disse e fissò il procurator sovrastandolo come una colonna di marmo su un nano. «Te le pagherò il triplo» concluse, perché sapeva che era quello il nocciolo della questione.
Ecumene schioccò la lingua come se alla parola “triplo” gli fosse venuta l’acquolina.
«Non lo faccio per denaro, domine» puntualizzò dopo aver ingoiato la saliva.
«Certo, lo so bene» gli rispose conciliante.
«Lo faccio perché il tuo rango è superiore a quello dell’altro cliente» gli sussurrò con un sospiro e, fatto assai strano, i suoi occhi si posarono su una figura dalla parte opposta del salone.
Massimo seguì il suo sguardo e vide una tunica verde bosco, coperta da un drappeggio più chiaro che nascondeva le spalle ma scopriva mani delicate e polsi sottili, una massa di capelli raccolti sulla nuca e una schiava immusonita al suo fianco. Una giovane di buona famiglia, pelle, ossa e capelli, così annoiata da potersi permettere il lusso di leggere a casa propria.
Il volto di Ecumene era come un libro aperto. Alla parola “cliente” aveva fissato la donna seguendo un impulso insopprimibile: una confessione chiara come un’alba nel deserto.
Un’erudita, una specie da evitare come una malattia incurabile, pensò Massimo.
A conferma dei suoi sospetti, quando tornò a fissare Ecumene, le guance dell’uomo si imporporarono.
«Chi è il cliente che ti ha ordinato le Elegie, procurator?» gli chiese. «Non lo conosci, domine» gli rispose quello un po’ troppo in fretta, e afferrò il sacchettino di sesterzi con un sorriso appiccicoso come… […]”
Moltissime recensioni positive
Pubblicato da Amazon Publishing, Il Leone di Roma, a giudicare dalle numerosissime recensioni dei lettori (168 alla data attuale), appare come un romanzo apprezzato dai più. Il 65% dei clienti gli attribuiscono 5 stelle (il voto massimo!) ed il 24% – 4 stelle.
Incuriosito ne ho lette un certo numero ed ho constatato una evidente prevalenza di lettrici donne, che affollano il gruppo dei punteggi massimi.
Tenuto conto di quanto già accennato anche riguardo le mie perplessità iniziali, questo riscontro sembra più che ovvio. Ma fortunatamente non manca anche qualche lettore dell’altro sesso a concordare sulla apprezzabilità del libro della Vieri Castellano.
Trascrivo il sintetico giudizio di un lettore – Marco Vellone – che mi sento di poter condividere per l’equilibrio del giudizio (4 stelle).
“La struttura del romanzo è lineare ed abbastanza semplice anche se arricchita da alcuni colpi di scena ben studiati; i protagonisti sono chiaramente identificati in due categorie: i buoni ed i cattivi.
Le descrizioni sono ricche di aggettivazioni e di dettagli;
La storia, dal punto di vista sentimentale è ovviamente a lieto fine, costruita in modo lento e progressivo nel procedere della narrazione. Sorprende in un romanzo sentimentale con una forte ambientazione storica, la componente dì fisicità nella sessualità dell’epoca, e soprattutto gli spazi ponderali sul libro, dedicati a tali scene.”
Quindi un bel romanzo ‘pseudo storico’, molto apprezzato dal pubblico femminile ma che non dispiace anche ad una buona parte di quello maschile.
Io ho capito di appartenere a quest’ultima categoria. Se lo siete anche voi, leggetelo. Credo che vi piacerà!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Il Leone di Roma (2017) – Il libro di oggi
- La vendetta del serpente(2019) – Il più recente della serie, Nuovissimo!
- Roma 39 d.C. Marco Quinto Rufo (2013) – Il primo della serie ‘Roma Caput Mundi’
- Video Youtube di presentazione de Il Leone di Roma
Grazie per la recensione, passavo di qui e mi ha fatto piacere leggerla. Ad Maiora
Felice di aver dato un piccolo contributo alla diffusione dei tuoi romanzi. Ed il mio aprezzamento è veramente sincero. Buon lavoro! Paolo