Confesso di essermi avvicinato al romanzo Il primo fiore di zafferano (‘Yellow Crocus’) con un certo scetticismo.
L’avevo intravisto spesso fra le proposte editoriali di Amazon. Ma il contenuto descritto dalla sinossi esulava dai miei interessi letterari del momento. Ed ho continuato per molto tempo a scegliere altri titoli e generi.
Poi quando ho visto su Amazon la nota “il # 1 più venduto” ho deciso che dovevo saperne di più ed ho fatto qualche ricerca sul web. Ed ecco cosa ho trovato.
L’autorevole sito statunitense ‘www.goodreads.com’ ha analizzato 4638 recensioni del romanzo Yellow Crocus di Laila Ibrahim, ed ha riscontrato un grande apprezzamento dei lettori con una media di 4,27 punti su 5. Recensioni positive dal 97 % dei lettori che hanno espresso una propria valutazione.
Ho superato le mie riserve e l’ho comprato!
La sinossi de ‘Il primo fiore di zafferano’
“Nella Virginia delle grandi piantagioni e degli schiavi, la piccola Lisbeth Wainwright, primogenita di una ricca famiglia, è affidata fin dalla nascita alla balia Mattie, la schiava di colore costretta a separarsi dal figlioletto per accudire la neonata dei padroni.
Tra le due si instaura un rapporto di grande affetto e complicità, che permette alla bambina di crescere nell’amore che i genitori non sono in grado di darle.
Mr. Wainwright è un padre insensibile e un convinto schiavista, Mrs. Ann è una madre fredda e attenta solo alle convenzioni sociali. Saranno Mattie e gli altri schiavi a colmare il vuoto affettivo della piccola Lisbeth, a mostrarle il vero valore delle cose e delle persone.
Mattie accompagna Lisbeth nella propria maturazione personale – da piccola di casa a giovane debuttante – e nella scoperta delle bellezze e dei dolori del mondo.
Ma un legame talmente forte tra due realtà così diverse non sarà immune dai pericoli di un’epoca segnata dall’ingiustizia.
Se Mattie dovrà affrontare fino in fondo la crudeltà dello schiavismo, Lisbeth imparerà a conoscere un senso della vita che le farà sfidare le convenzioni di quegli anni.
Il primo fiore di zafferano è la storia di due donne che sfidano il proprio tempo e lottano per la conquista della propria libertà e della dignità.”
Laila Ibrahim, l’autrice
“Laila Ibrahim è cresciuta a Whittier, in California, all’estremità orientale della contea di Los Angeles, e si è trasferita a Oakland, sempre in California, per frequentare il Mills College dove ha studiato psicologia e sviluppo infantile. Dopo aver conseguito un Master in Sviluppo Umano, ha deciso di dedicarsi ai bambini e ha aperto la sua scuola materna: la Scuola per Bambini di Woolsey. La sua formazione e le sue esperienze di educatrice e genitore sono i temi ispiratori dei suoi scritti.” (Dal suo sito web ‘lailaibrahim.com’)
Riprendo, dall’introduzione al romanzo, le seguenti ulteriori note biografiche.
“L’esperienza di Laila Ibrahim nel campo della psicologia dello sviluppo multirazziale è stata fondamentale per la creazione della storia di Mattie e Lisbeth.
Laila è fondatrice e direttrice della Woolsey Children School e coordina le associazioni per l’infanzia e la famiglia della Prima Chiesa Unitariana di Oakland, in California.
Questo tipo di attività le ha permesso di maturare uno sguardo privilegiato sulle dinamiche dei rapporti genitori-figli e in generale sul mondo degli affetti familiari.
Vive a Woolseyville, un piccolo paese vicino a Berkeley, con la moglie Rinda, i loro cani Bella e Lucie e, di tanto in tanto, con le loro giovani figlie Kalin e Maya. Il primo fiore di zafferano è il suo romanzo d’esordio.
Il libro
La prima edizione in lingua inglese di Yellow Crocus risale al 2010. Negli States il romanzo ha già raggiunto la 18a edizione. Nel nostro paese viene pubblicato nel 2016 da AmazonCrossing nella traduzione di Roberta Maresca. Col titolo Il primo fiore di zafferano il volume, nell’edizione con copertina flessibile, conta 252 pagine.
La produzione letteraria dell’autrice comprende, ad oggi, altri tre romanzi: Living Right (2016), Mustard Seeed (2017) e Paper Wife (2018).
Alcuni di questi ultimi già tradotti in altre lingue – spagnolo, tedesco, francese – ma non ancora in italiano.
Qualche brano del libro: il Prologo
“Mattie non era mai stata davvero mia. Questa consapevolezza doveva essermi stillata dentro tanto in fretta quanto il latte del suo seno. Anche se lei “apparteneva” alla mia famiglia, anche se rappresentava il centro del mio universo, i suoi affetti più profondi erano altrove.
Pertanto, al di là del conforto che mi dava, vivevo nella paura che un giorno potessi perderla. Questa è la nostra storia.
Vi starete chiedendo se è vera. Vi assicuro che lo è, anche se i miei genitori desidererebbero il contrario.
Questa è la storia più vera che sia mai stata raccontata: la storia dell’amore che provavo per Mattie e dell’amore che lei, credo, provava per me.”
Il racconto comincia così
“14 aprile 1837.
Mattie era raggomitolata intorno al corpicino caldo di suo figlio quando l’odioso messaggero bussò. Rimase distesa sul giaciglio, restia a interrompere quel momento prezioso, e ascoltò il respiro pesante di suo nonno che dormiva. Guardò Samuel e gli premette il naso sul collo morbido per annusare quel dolce profumo di neonato. Asciugò con delicatezza il sudore che gli imperlava la fronte e gli diede un tenero bacio sulla tempia.
Ci fu un altro insistente colpo alla porta. Mattie si alzò. Strinse Samuel così vicino a sé da sentire il suo respiro caldo sul petto e andò ad aprire strascicando i piedi sul pavimento di terra battuta.
Si aspettava quella visita da settimane, l’aveva immaginata tante volte, ma guardava a quel momento con terrore. Aprire avrebbe segnato la sua vita per sempre, come uno spartiacque tra un prima e un dopo. Socchiuse lentamente la porta di legno grezzo e vide una figura esile alla luce della luna.
Era Emily, una ragazza ossuta con gli occhi nocciola chiaro e la pelle del colore del tè al latte. Mattie l’aveva già vista altre volte, ma non la conosceva bene. Doveva avere al massimo dodici anni.
Al contrario, la pelle da ventenne di Mattie era scura come i chicchi di caffè tostati. I suoi capelli, neri come l’ebano, erano legati in due trecce ben strette che le incorniciavano il viso allungato. Come al solito aveva un sudicio canovaccio bianco annodato sulla testa. Senza nemmeno salutarla, Emily bofonchiò: «Devi venire subito. Il bambino sta per arrivare».
Recapitato quel messaggio, la ragazza si voltò indietro verso la grande casa. Mattie le gridò: «Devo lasciare Samuel a mio nonno!». «Sbrigati allora, che ti aspettano.»
Quando Mattie si avvicinò al suo giaciglio, Poppy si mise seduto per prendere il pronipote. Le sue vecchie mani erano gonfie e nodose, sulle gengive tumide gli restavano pochissimi denti. «È ora?» chiese. Mattie annuì.
Si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Baciò Samuel teneramente sulla guanciotta. «Ti voglio bene» sussurrò nell’orecchio minuscolo del figlio, e premette le labbra sulla sua testolina pelata per l’ultima volta. Si morse l’interno della bocca mentre metteva con cautela il piccolino fra le braccia segnate del nonno.
«Ricordati: quando gli verrà fame, Rebecca gli darà il latte» rammentò al vecchio, anche se era già al corrente di tutto. Lui fu paziente come sempre. «Non preoccuparti. Vedi di stare attenta là dentro.» Le accarezzò il braccio color cioccolato.
Mattie guardò Poppy dritto negli occhi, sperando che capisse tutto quello che non gli stava dicendo. Avrebbe voluto assicurarsi che il figlio avesse tutte le attenzioni necessarie, che qualcuno gli spiegasse che non aveva deciso lei di abbandonarlo e che – una volta tornata – lui avrebbe capito che era lei sua madre. Ma non disse nulla. Non protestò e non supplicò per avere altro tempo. Anzi.
Si voltò in silenzio sbattendo le palpebre per trattenere le lacrime, mentre usciva di casa e abbandonava suo figlio. Non aveva altra scelta. Doveva essere forte, doveva sopportare quella separazione e tornare da Samuel al più presto. Se ci sarebbero voluti mesi o anni, purtroppo non poteva saperlo.”
Molto tempo dopo
Siamo al cap. 7, pag. 58.
“[…] Sembrava che Lisbeth avesse ancora molte domande. Rifletté per un po’ sulla risposta di Mattie prima di chiedere: «Ti manca la tua mamma, Mattie?». «Ogni giorno. Ma so che veglia su di me, dal paradiso.» «Veglia anche su di me?» chiese Lisbeth smaniosa.
Mattie ci pensò un momento, poi annuì lentamente. «Sì, Lisbeth, anche su di te. Veglia su tutte le persone che amo.» La bambina ribatté con convinzione: «La rincontrerai quando andrai in paradiso. E potrò conoscerla anch’io. Si è presa sempre cura di te?». «Finché non è stata venduta.» «Hai pianto quando se n’è andata? Quanti anni avevi?» volle sapere Lisbeth. «Otto anni appena compiuti. Certo che ho pianto. Piangevo nel letto tutte le sere. Poppy e Rebecca mi tenevano compagnia a turno, ma non era lo stesso.»
«Ti prego, non farti vendere» la implorò la piccola, stringendole forte la gonna. «Se ti vendono, piangerò tantissimo.» «Non decido io queste cose. Le decide tuo padre. Non voglio farti promesse che non posso mantenere.» Gli occhi di Lisbeth si riempirono di lacrime. «Chiederò a mamma di darti a me quando sarò grande, così staremo sempre insieme» dichiarò decisa. «E nessuno potrà venderti.»
Lusingata e al contempo offesa da quelle parole, Mattie non replicò, restò sdraiata in silenzio, sperando che la bambina si addormentasse presto. Lisbeth mise la testa sulla coperta e chiuse gli occhi, mentre lei le accarezzava con dolcezza la schiena. Attaccata alle pieghe della gonna di Mattie, Lisbeth lisciava la stoffa tenendola tra il pollice e l’indice.
«Com’era la tua mamma?» chiese la bambina. «Aveva una voce bellissima. Cantava sempre. La sua canzone preferita era la stessa che piace tanto a te: Dormi, dormi piccolina. E il colore che preferiva era il giallo. Ogni primavera andavamo a caccia di crochi gialli.» «Crochi?»
«È il fiore dello zafferano, il primo fiore che sboccia in primavera» spiegò Mattie. «È piccolino e non dura molto. Ma ti dice che la primavera è arrivata.» Lisbeth si mise a sedere. «Oh, Mattie, possiamo farlo anche noi? Andare a caccia di crochi? Io adoro le cacce.»
«Sì, tesoro.» Mattie sorrise. «La prossima primavera possiamo andare in cerca di crochi.» […]”
L’autrice risponde
In una interessante intervista del febbraio del 2015 a Laila viene posta la domanda sul suo iniziale rapporto con l’editoria, piuttosto travagliato. Leggiamo la sua risposta.
“Ho cominciato a pensare alla storia nel 1998 quando avevo 33 anni. Per anni i personaggi de Il primo fiore di zafferano mi avevano perseguitato. Ero molto, molto resistente ad assumermi l’arduo compito di scrivere un romanzo. Ma dopo tanti anni ho deciso di farlo in onore del mio quarantesimo compleanno.
Così nel 2005 ho iniziato a scriverlo. Avevo una bozza da completare entro il 2008. Qualche contatto con degli agenti letterari ma senza risultato. Ho chiesto a uno degli agenti di suggerirmi un editore al quale ho poi inviato il mio dattiloscritto.
Tempo dopo ho ricevuto una risposta tramite mail con la quale mi comunicava che a suo parere il romanzo conteneva molti difetti e che avrei dovuto ristrutturarlo interamente. Ero riluttante ad accettare questo giudizio, ma ho capito che era necessario affrontare la verità. Sono stata sul punto di chiedermi se rinunciare al libro oppure auto-pubblicarlo. Poi ho deciso di incontrare l’editore di persona per avere chiarimenti.
Quando l’ho incontrato, mi ha detto che in realtà il problema era il contenuto della storia. Ha sfogliato il manoscritto fino alla fine e ha iniziato a leggere l’epilogo, come esempio.
Dopo il primo paragrafo sentii la sua voce incrinarsi. Al terzo paragrafo c’erano lacrime che scendevano lungo le sue guance. Ho iniziato a piangere anch’io. Dovette fermarsi e schiarirsi la voce mentre continuava a leggere. Quando ebbe finito, mi guardò e disse: “Questo è il finale, vero? È un buon finale… come lo è stato il loro. ”
Annuii e capii in quel momento che dovevo avere il coraggio di andare avanti e il dovere di pubblicarlo. Mi sono resa conto che se anche il libro non era perfetto, era comunque abbastanza buono se aveva saputo portare quest’uomo sconosciuto a commuoversi fino alle lacrime.
L’epilogo
Ecco cari amici che mi leggete. Avrei voluto inserire qui qualcosa di quest’epilogo citato. Ho invece deciso di rinunciare a trascriverne anche una sola frase nel timore di privarvi di tutta l’emozione che questo romanzo è riuscito a trasmettermi mentre lo leggevo.
Il mio augurio che molti, meno reticenti del sottoscritto, leggano presto il libro e si immergano nei risvolti migliori dell’animo umano che sa regalare questa incredibile pagina di vita.
Non ho potuto evitare di ammettere mentre divoravo le pagine del romanzo che, ancora una volta, storie come questa possono aiutarci a sperare in un mondo migliore. Grazie Laila!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Il primo fiore di zafferano (Yellow Crocus) (2010) – il libro di oggi:
- Living Right (2016) – ‘Profondi cambiamenti sociali spesso spuntano da atti d’amore individuali’ (lingua inglese):
3. Mustard Seed (2017) – ‘Una storia ossessionante e tenera di tre donne che tornano nella piantagione che un tempo chiamavano casa’ (lingua inglese):
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