Eccomi nuovamente a voi con la recensione del romanzo storico Inés dell’anima mia della scrittrice cilena Isabel Allende.
L’autrice rievoca con questo suo scritto il periodo che, dopo la scoperta del ‘Nuovo Mondo’ per opera di Cristoforo Colombo, diede grande impulso alle ambizioni degli spagnoli che videro nel grande continente americano il miraggio di ricchezze sconfinate.
La storia si é spesso dilungata con le avventure degli uomini che a capo di piccoli eserciti intrapresero rischiosi viaggi per mare col sogno di un ambita e remunerativa ‘conquista’. Per il proprio paese – la Spagna – e per se stessi.
Anche i lontani ricordi scolastici ci riportano alla mente i nomi di alcuni di questi leggendari ‘Conquistadores’.
Hernán Cortés e Francisco Pizarro sono i nomi più famosi che la storia ci ha tramandato. Ed insieme a loro molti altri che, con le loro imprese, hanno scatenato la fantasia di molti ragazzi di varie generazioni.
Ma Inés dell’anima mia è un romanzo piuttosto speciale. Isabel Allende, per la prima volta, affronta un aspetto molto trascurato dalla letteratura scegliendo di narrare la conquista attraverso gli occhi di una donna.
Quindi non uno dei tanti ‘conquistadores’ ma una insolita e quasi unica ‘conquistadora’: Inés de Suarez (Plasencia – Spagna).
Inés de Suarez – nell’introduzione dell’autrice
“Inés de Suárez (1507-1580), spagnola nata a Plasencia, intraprese il viaggio verso il Nuovo Mondo nel 1537 e partecipò alla Conquista del Cile e alla fondazione della città di Santiago.
Ebbe grande influenza politica e potere economico.
Le imprese di doña Inés Suárez, menzionate dai cronisti dell’epoca, furono dimenticate dagli storiografi per oltre quattrocento anni.
In queste pagine narro gli avvenimenti così come sono stati documentati. Mi sono limitata a filarli con un esercizio minimo di immaginazione.
Questa è opera di intuizione ma qualsiasi somiglianza con eventi e personaggi della Conquista del Cile non è casuale.
Mi sono anche presa la libertà di modernizzare il castigliano del XVI secolo per evitare il panico dei miei eventuali lettori.”
Prima di entrare nel contenuto del romanzo Inés dell’anima mia, trascrivo una delle citazioni che confermano la grande professionalità della scrittrice cilena.
“Mi fa piacere sapere che i miei libri sono letti e amati.
Ma con il successo non sento nuove responsabilità.
Quando scrivo ho sempre un solo lettore ideale in mente e scrivo per lui/lei, cercando una voce intima, capace di comunicare emozioni.”
Ma di Isabel Allende vi darà un quadro più ampio fra poco. Preferisco al momento illustrarvi il libro attraverso la sinossi del romanzo Inés dell’anima mia.
Inés dell anima mia, il contenuto
“Inés Suárez nasce all’inizio del Cinquecento in Spagna, figlia di un modesto artigiano di Plasencia, piccolo paese dell’Estremadura.
Dotata di un forte temperamento che male si addice alla condizione femminile sottomessa all’autorità del clero e del maschio, Inés sposa, contro la volontà della famiglia, Juan de Málaga, che presto la abbandona per cercare fortuna nel Nuovo Mondo.
La giovane non si dà per vinta e, con i soldi guadagnati ricamando e cucinando, si imbarca anche lei per quelle terre lontane.
Nonostante le durissime condizioni di viaggio giunge in Perù, dove non trova il marito, morto in battaglia, ma un nuovo amore: Pedro de Valdivia, seducente hidalgo fuggito dalle frustrazioni di un matrimonio deludente e venuto a combattere per la Corona spagnola.
Lui e Inés affrontano i rischi e le incertezze della Conquista, attraversano il deserto di Atacama, combattono indigeni incattiviti e giungono infine nella valle paradisiaca dove fondano la città di Santiago.
Inés dell’anima mia è un romanzo epico che narra le avventurose vicende, realmente accadute ma poco note, dell’eroina della Conquista spagnola.
Attraverso gli occhi stanchi e saggi di una Inés ormai alla fine della propria esistenza, Isabel Allende ripercorre la vita della giovane e indomabile protagonista. Che, sull’onda dei sentimenti, affronta incredibili viaggi, eroiche battaglie, amori travolgenti, lotte per il potere, trasgressioni, onori e disonori con un coraggio e una passione indimenticabili.”
Il libro pubblicato da Feltrinelli e tradotto dallo spagnolo a cura di Elena Liverani è un volume di 338 pagine. Suddiviso in sei periodi storici che spaziano dal Capitolo primo. Europa 1500-1537 fino al Capitolo sesto. La guerra del Cile 1549-1553.
Redatto sotto forma di autobiografia, dalla stessa Inés, quando come ella stessa afferma in una delle prime pagine del romanzo “Ho perlomeno settant’anni, come ho detto, ben vissuti…”
Leggiamo il diario Inés dell’anima mia
Inés dell’anima mia (Inés del alma mia) si propone così.
“Memorie di doña Inés Suárez, consegnate dalla figlia, doña Isabel de Quiroga, nell’anno 1580 di Nostro Signore alla chiesa dei domenicani, perché fossero conservate con cura. Santiago della Nuova Estremadura, Regno del Cile.”
In quell’anno – 1580 – Inés de Suarez moriva a Santiago del Cile. E nello stesso anno moriva anche il suo ultimo marito Rodrigo de Quiroga che aveva sposato nel 1549. E questa è Storia!
Dal ‘Capitolo primo’
“Sono Inés Suárez, suddita nella leale città di Santiago della Nuova Estremadura, Regno del Cile, anno 1580 di Nostro Signore.
Della data esatta della mia nascita non sono certa ma, stando a mia madre, venni alla luce dopo la carestia e la terribile pestilenza che devastarono la Spagna alla morte di Filippo il Bello. Non credo fosse stata la scomparsa del re a provocare la peste, come diceva la gente vedendo passare il corteo funebre che lasciava dietro di sé per giorni, sospeso nell’aria, un odore di mandorle amare, ma non si può mai dire…
La regina Giovanna, ancora giovane e bella, percorse in lungo e in largo la Castiglia per oltre due anni portandosi appresso quel feretro che apriva di tanto in tanto per baciare le labbra del marito, nella speranza che risuscitasse. A dispetto degli unguenti dell’imbalsamatore, il Bello puzzava.
Quando io venni al mondo, la sventurata regina, pazza da legare, era già stata reclusa nel palazzo di Tordesillas insieme al cadavere del consorte, e ciò significa che ho sul groppone almeno una settantina di inverni e che prima di Natale mi toccherà morire.
Potrei dire che è stata una gitana, sulle rive del fiume Jerte, a pronosticare la data della mia morte, ma sarebbe una di quelle falsità cui si dà forma nei libri e che per il fatto di essere stampate sembrano vere. La gitana mi predisse semplicemente una lunga vita, genere di augurio che si fa a chiunque in cambio di una moneta. È il mio cuore frastornato ad annunciarmi la prossimità della fine.
Ho sempre saputo
che sarei morta anziana, in pace e nel mio letto, come tutte le donne della mia famiglia; per questo non ho esitato ad affrontare molteplici pericoli, dal momento che nessuno se ne va all’altro mondo prima che sia giunto il suo momento. “Tu andrai morendo vecchietta, non prima, señoray” mi tranquillizzava Catalina nel suo affabile castigliano del Perú quando il galoppo insistente che sentivo nel petto mi scagliava a terra.
Ho dimenticato il nome in quechua di Catalina e ormai è tardi per domandarglielo, visto che l’ho seppellita nel patio di casa mia molti anni fa, ma sono assolutamente certa della precisione e della veridicità delle sue profezie. Catalina entrò al mio servizio nell’antica città di Cuzco, gioiello degli inca, all’epoca di Francisco Pizarro, quell’audace bastardo che, secondo le male lingue, in Spagna accudiva i maiali e finì per diventare marchese governatore del Perú, sfiancato dalla sua stessa ambizione e dai numerosi tradimenti.
Ironia della sorte, in questo Nuovo Mondo, non sono in vigore le leggi della tradizione e tutto è aggrovigliato: santi e peccatori, bianchi, neri, mulatti, indios, meticci, nobili e braccianti… A chiunque di loro può succedere di trovarsi in catene, marchiato col ferro incandescente, e che la fortuna poi lo innalzi di nuovo.
Ho vissuto più di quarant’anni nel Nuovo Mondo e ancora non mi sono abituata al disordine, benché io stessa ne abbia beneficiato, dato che, se fossi rimasta nel mio paesino d’origine, oggi sarei un’anziana qualsiasi, povera e cieca per il tanto cucire pizzi alla luce di una lanterna. Là sarei Inés, la sarta della strada dell’acquedotto. Qui sono doña Inés Suárez, signora tra le più influenti, vedova dell’eccellentissimo governatore don Rodrigo de Quiroga, conquistatrice e fondatrice del Regno del Cile. […]”
Molte pagine dopo, il diario si apre al Capitolo secondo. Ed incontriamo l’altro personaggio fondamentale.
Capitolo secondo. America 1537-1540
“Pedro de Valdivia aveva trentacinque anni quando giunse con Jerónimo de Alderete in Venezuela, la piccola Venezia, come l’avevano ironicamente chiamata i primi esploratori alla vista delle lagune, dei canali e delle palafitte. Aveva lasciato la fragile Marina Ortiz de Gaete con la promessa di tornare ricco o di chiamarla a sé non appena fosse stato possibile, magra consolazione per la ragazza abbandonata, e aveva speso tutto quel che aveva, indebitandosi per giunta, per finanziare il viaggio.
Come tutti quelli che si avventuravano nel Nuovo Mondo, aveva messo i suoi beni, il suo onore e la sua vita al servizio dell’impresa, anche se le terre conquistate e un quinto delle ricchezze – qualora ci fossero state – sarebbero appartenute alla Corona spagnola. Come diceva Belalcázar, solo grazie all’autorizzazione del re l’avventura si chiamava Conquista; senza di essa non era che una rapina a mano armata. Le spiagge dei Caraibi, con le loro acque e sabbie opalescenti e le eleganti palme, accolsero i viaggiatori con ingannevole placidità, dal momento che, non appena si furono addentrati nel fogliame, si ritrovarono avvolti da una giungla spaventosa.
Dovevano aprirsi la strada a colpi di machete, storditi dall’umidità e dal caldo, tormentati da zanzare e bestie sconosciute. Procedevano su un terreno paludoso, sprofondavano fino alle cosce in una materia molle e putrefatta, appesantiti, impacciati, ricoperti da schifose sanguisughe.
Non potevano togliersi l’armatura per timore delle frecce avvelenate degli indios, che invisibili e in silenzio li seguivano nella vegetazione. “Non possiamo cadere vivi nelle mani dei selvaggi!” li avvertì Alderete e ricordò loro che il conquistador Francisco Pizarro, nella sua prima spedizione a sud del continente, era entrato con i suoi uomini in un villaggio abbandonato, in cui ardevano ancora i falò.
Gli spagnoli,
affamati, avevano tolto i coperchi alle pentole e avevano riconosciuto gli ingredienti della zuppa: teste, mani, piedi e viscere umani. “Ciò accadde a ovest, quando Pizarro si dirigeva verso il Perú” specificò Pedro de Valdivia, che si riteneva ben informato su scoperte e conquiste. “Anche gli indios caribi di queste zone sono antropofagi” insistette Jerónimo.
Era impossibile orientarsi nella fitta vegetazione di quel mondo primitivo, precedente alla Genesi, un infinito labirinto circolare, senza tempo né storia. Se si allontanavano di qualche passo dalle rive dei fiumi, venivano inghiottiti senza scampo dalla giungla, come capitò a uno degli uomini che sprofondò tra la vegetazione, invocando sua madre, impazzito per il panico e il terrore. Procedevano in silenzio, oppressi da una solitudine da abisso profondo, un’angoscia siderale. L’acqua era infestata da piranha che all’odore del sangue si avventavano in massa e divoravano in pochi minuti un cristiano, della cui passata esistenza venivano lasciate, come testimonianza, solamente ossa spolpate e bianche. In quella natura lussureggiante non c’era di che mangiare. […]”
Vi assicuro che il romanzo – diario Inès dell’anima mia (e questi pochi paragrafi ne sono l’esempio) è scritto con una chiarezza e realismo veramente insoliti.
Avevo in passato, letto altri romanzi dell’Allende, ma questo ‘storico’ mi ha impressionato per la forza che l’autrice sa imprimere agli eventi che danno vita alla narrazione.
Una bella pagina di Storia che mancava nella letteratura internazionale.
E per finire qualche nota biografica sulla bravissima scrittrice cilena, naturalizzata statunitense.
Isabel Allende, opere
Autrice di meritata fama internazionale Isabel Allende Llona nasce a Lima nel Perù il 2 agosto 1942 (oggi ha 78 anni, appena compiuti!).
Figlia di un diplomatico cileno, nel 1945 il padre divorzia e Isabel ritorna in Cile con la mamma ed i due fratelli.
Comincia a scrivere nel 1974 una storia per bambini ‘La abuela Panchita’. ‘La Casa degli spiriti’ (1982) é il suo primo romanzo per adulti ed il quarto libro che porta la sua firma.
Inés dell’anima mia (2006) è il suo ventesimo lavoro. Feltrinelli lo tradurrà e pubblicherà nel 2013.
Ad oggi con ‘Lungo petalo del mare’ (2019) ha raggiunto il traguardo del trentesimo romanzo.
Alcuni successi editoriali. Cito fra gli altri ‘Eva luna’ (1987) e ‘La casa degli spiriti’ (1982).
Tre film tratti dai suoi romanzi: ‘La casa degli spiriti’ (1993, ‘D’amore e ombra’ (1994) e per ultimo ‘Afrodita, el sabor del amor’ (2001).
Quasi tutti i romanzi dell’autrice cilena sono tradotti in italiano e pubblicati da Feltrinelli.
Il 24 novembre del 2014 le viene conferita la prestigiosa onorificenza statunitense ‘Medaglia Presidenziale della Libertà.’
Per maggiori notizie ecco il link alla pagina che le dedica Wikipedia Italia.
Fonti storiche
Scrive I. Allende al termine di Inés dell’anima mia come Appunti bibliografici.
“Le ricerche per questo romanzo mi hanno impegnato quattro anni di avide letture.
Non ho tenuto il conto dei libri di storia, delle opere di fantasia e degli articoli che ho letto per immergermi nell’epoca e nei personaggi perché l’idea di aggiungere una bibliografia è venuta solo alla fine.
Quando Gloria Gutiérrez, la mia agente, lesse il manoscritto mi disse che senza riferimenti bibliografici questo racconto sarebbe sembrato il frutto di un’immaginazione patologica (accusa che mi è stata spesso mossa): molti episodi della vita di Inés Suárez e della Conquista del Cile le parvero incredibili e dovetti dimostrarle che erano avvenimenti storici reali.
Alcuni dei libri ai quali ho attinto, e che sono ancora impilati nella casetta in fondo al giardino in cui scrivo, sono citati qui di seguito.
Quando mi accostai alla storia generale del Cile ebbi la fortuna di avere a disposizione due opere classiche: le Crónicas del reino de Chile (El Ferrocarril, 1865) di Pedro Mariño de Lovera e la fondamentale Historia general de Chile (1884) di Diego Barros Arana, nel cui primo volume si narrano gli episodi della Conquista. Più attuale è la Historia general de Chile (Planeta, Santiago de Chile 2000) di Alfredo Jocelyn-Holt Letelier.
Sulla Conquista mi documentai su diverse opere, tra le quali ricordo l’Estudio sobre la conquista de América (Universitaria, Santiago de Chile 1992) di Néstor Meza, come pure La era colonial (Nacimiento, Santiago de Chile 1974) di Benjamín Vicuña Mackenna, un nome molto legato alla storia e alla storiografia cilena,[…]”
Concludendo
Un bellissimo romanzo storico di cui vi raccomando vivamente la lettura. Veramente affascinante anche quando racconta di verità crudeli in quanto la protagonista, Inés, sa riferirle con sincerità disarmante.
E Isabel Allende sa calarsi con grande disinvoltura nella mente di questa donna di un’epoca così lontana da noi, fornendo alle sue parole la freschezza di una testimone oculare di avvenimenti che sembrano, purtroppo, ancora molto attuali.
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Inés dell’anima mia – il libro di oggi
- Eva Luna – il suo romanzo più acclamato
- L’isola sotto il mare – Altro romanzo storico di grande impatto emotivo 1. Inès dell’anima mia – il libro di oggi
- Video Youtube – Il saluto di Isabel Allende a tutti i lettori italiani – Attualissimo!
- Video Youtube – Inés del alma mia – il trailer della miniserie girata dalla televisione spagnola in coproduzione con Perù e Cile. Evocativo!
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