La recensione de La cacciatrice di storie perdute della scrittrice Sejal Badani mi si presenta come un’impresa non facile anche se molto piacevole.
Dopo tanti libri di altri generi, cioè Fantasy, Storici, Thriller e simili il volume di oggi apre una finestra su di un mondo particolarmente lontano tanto in termini di spazio che di tempo.
Sejal Badani, attraverso il suo racconto ci propone un lungo viaggio. Dagli Stati Uniti degli anni 2000 Jaya, la protagonista, si muove verso un ritorno, in parte fisico ed in parte virtuale, alle proprie origini. E con lei approdiamo nell’India della dominazione britannica, quella degli anni fra il 1930 e 1940.
La storia
“Jaya ha il cuore spezzato. Ha tentato a lungo di avere un bambino, ma dopo la terza gravidanza interrotta sta cominciando a perdere le speranze.
Anche il suo matrimonio inizia a sfaldarsi e così, nel disperato tentativo di ritrovare sé stessa, decide di allontanarsi da New York per riavvicinarsi alle sue origini indiane.
Non appena Jaya arriva in India viene immediatamente sopraffatta dai colori, dai profumi e dai suoni. Ogni cosa ha un fascino esotico, per lei, e ben presto il desiderio di riscoprire la cultura della sua famiglia prende il sopravvento.
Ma ci sono segreti del passato a lungo taciuti che hanno il potere di influire sulle generazioni a venire.
E così Jaya viene a conoscenza della storia di sua nonna e di un amore clandestino che è destinato a cambiare per sempre la sua vita.
Solo dopo aver scoperto il coraggio e l’inarrestabile spirito di resilienza che hanno caratterizzato le donne della sua famiglia, infatti, Jaya si accorgerà di avere dentro di sé una forza che non avrebbe mai potuto immaginare di possedere.”
Incuriosito dal titolo, e poi attratto dalla sinossi che vi ho appena proposto, affronto la lettura con un misto di curiosità e di prevenzione.
Conosco molto poco di letteratura indù e meno che mai ho affrontato uno scrittore contemporaneo originario di quel grande continente.
L’immagine della scrittrice sul sito di Amazon non fa che rafforzare le mie perplessità. Ma non posso arrendermi senza aver tentato almeno la lettura delle prime pagine del romanzo.
Ed ecco le prime righe.
Il prologo
“Estate 2000
Il venti percento delle donne abortisce. Di queste, l’ottanta percento perde il bambino nelle prime dodici settimane di gravidanza.
Se hai più di trent’anni, hai almeno il dodici percento di probabilità di abortire, un numero che cresce con l’avanzare dell’età. Conosco queste e altre statistiche a memoria.
Ho iniziato a fare delle ricerche incessanti fin dai primi tentativi, più di cinque anni fa. Da allora, ho trascorso innumerevoli ore in biblioteca e su Internet, sperando di imbattermi in un nuovo studio o in un farmaco che aumentasse le probabilità di portare a terminare la gravidanza e partorire un bambino sano.
Ma i risultati non cambiano: per ogni bambino nato, molti altri non raggiungono il termine della gestazione. Per ogni donna che culla il proprio figlio tra le braccia, un’altra brama il pianto di un neonato da consolare.
Per ogni coppia che mette su famiglia, un’altra non avrà mai figli. Fisso l’ecografia stretta tra le dita. La giro di traverso e poi la capovolgo. Ho memorizzato le linee ondulate in bianco e nero che formano l’unica foto che ho di mio figlio.
Sono io a dare colore a quel ritratto e immagino che il fluido tutto intorno a lui o lei sia chiaro e caldo, come un bagno. Mi convinco che lo stridore del treno che prendo ogni giorno possa trasformarsi in una dolce melodia che fa’ addormentare mio figlio. E che la paura insita in ogni cellula del mio corpo non oltrepasserà mai l’utero. Al contrario, immagino che il mio bambino viva in un mondo di felicità e gioia, con un futuro roseo davanti a sé. «Jaya». La porta del mio ufficio si apre di pochi centimetri, quanto basta a Elizabeth, la stagista, per infilare la testa. «Patrick è al telefono». […]”
Tentato di non proseguire
Vi confesso che il timore di aver acquistato un romanzo che non mi interesserà, si fa quasi tangibile. Non mi sento nello stato d’animo di affrontare un argomento che fa intravedere malattie e dolore. Le esperienze personali mi indurrebbero a desistere, e cercare un’altro titolo da poter recensire.
Ma la curiosità di lettore mi spinge ad andare avanti, mentre mi chiedo perché mai ho scelto questo libro.
Rileggo le pagine della presentazione e scopro alcune frasi.
“Una storia magistrale sulla forza inesorabile dell’amore e l’invincibile desiderio di sognare.
«Un romanzo a base di segreti, amore e spirito di lealtà. È un inno alla bellezza e fa venire voglia di approfondire le situazioni di cui si legge.» New York Journal of Books.
E ancora: “«Una scrittura emozionante e potente. L’autrice scrive con una tale abilità da rendere facile immergersi nella storia e godere a pieno delle suggestive descrizioni.»” USA Today
“«Sejal Badani racconta universi che conosce. Un libro meraviglioso.» Corriere della Sera”
Il sito di Amazon riporta 60 recensioni dei lettori che hanno valutato il romanzo con il 75% di cinque stelle – il massimo – ed il 22% di quattro stelle.
Mi guardo virtualmente allo specchio e mi vergogno delle mie titubanze.
Mi metto comodo ed affronto la lettura con un diverso entusiasmo.
Amisha
Amisha è la nonna della protagonista de La cacciatrice di storie perdute. Nonna che Jaya non ha mai conosciuto e di cui conosce anche molto poco.
E’ appena arrivata in India, chiamata dalla lettera speditale dal nonno Deepak.
“L’autista scarica i miei bagagli. Spalanca gli occhi alla vista della lauta mancia che gli allungo e si inchina in segno di gratitudine. Lo guardo andarsene finché non diventa un puntino in lontananza.
Faccio un respiro profondo, afferro le valigie e salgo adagio le scale verso la casa dove mia madre ha vissuto fino a quando si è sposata all’età di diciotto anni.
Busso alla porta, ma non ottengo risposta. «C’è nessuno?», chiedo prima a bassa voce e poi più forte. L’abbaiare di un cane spezza il silenzio. Non vedendo alcun animale intorno, penso di aver immaginato quel verso. Busso ancora, poi indietreggio, cominciando a mettere in dubbio la mia decisione di intraprendere un viaggio così lontano da tutto ciò che mi è familiare. […]
«Amisha?», domanda la voce.
Svolto l’angolo e per poco non vado a sbattere contro un uomo anziano. È leggermente curvo e ha i capelli grigio scuro.
Indossa una tradizionale camicia di cotone lunga fino alle ginocchia e un paio di pantaloni larghi coordinati. I piedi sono stretti all’interno di sandali di cuoio logori. Un incrocio di Labrador di taglia grande agita la coda al suo fianco.
«Namasté». Sebbene la mia conoscenza delle usanze indù sia limitata, so di dover congiungere le mani e inchinarmi appena.
Non so se parla inglese, perciò indico la casa e dico lentamente: «Mia madre, Lena, è cresciuta in questa casa». Il vecchio strizza gli occhi e mi fissa. «Sono arrivata ora dall’America. Abbiamo ricevuto una lettera che ci avvisava della malattia di mio nonno Deepak».
Ravi
Il suo sussulto mi spiazza. Allunga la mano, ma poi la lascia cadere prima di toccarmi. Le lacrime gli sgorgano dagli occhi e gli rigano le guance scavate.
«Sei giunta», sussurra in un inglese pomposo, sopraffatto dall’emozione. Trema e le lacrime cadono copiosamente.
«Alla fine, sei venuta». Confusa, guardo la porta e poi mi volto di nuovo verso di lui. «Sei mio nonno? Deepak?».
Lui scuote la testa. «Sono Ravi, il domestico dei tuoi nonni». Fa una pausa e prende un respiro profondo.
L’espressione sulla sua faccia mi mette agitazione. «Mi dispiace tanto». All’udire queste parole, mi ammutolisco. «Sei arrivata troppo tardi. Abbiamo disperso le ceneri di Deepak due giorni fa».”
Il capitolo Quattro Termina così.
Un altro mondo. Capitolo 5
“«Gli esseri incarnati, invece, rimangono confusi». Dopo avermi accompagnata nella casa in cui mia madre è cresciuta, Ravi accende a una a una le lampade a olio.
«A causa dell’ignoranza che copre la loro vera conoscenza. Tuttavia, quando si è illuminati dalla conoscenza che distrugge l’ignoranza, questa conoscenza rivela ogni cosa come al sorgere del sole».
«È stupenda. Non l’avevo mai sentita prima». Anche se sono ansiosa di chiedergli della morte di mio nonno, aspetto che lui sia pronto a parlarmene.
«È un passo della Gita. Alcuni lo definiscono un libro di poesie». Indica le lampade. «Queste vengono utilizzate nei momenti di festa e di lutto».
«I miei zii sono venuti?», chiedo, pur sapendo che la lettera di Paresh specificava che non l’avrebbero fatto. La risposta mi arriva dalla sua espressione prima ancora che dalla sua voce.
«Nemmeno uno di loro». «Mi dispiace». Le mie scuse suonano vuote alle mie stesse orecchie.
«Mia madre… non è potuta venire». Dal momento che si tratta di un estraneo, scelgo di non confidargli ciò che mi ha detto mia madre.
«Tuo nonno lo sapeva, ma ci sperava lo stesso. Penso che sia stata quella speranza a tenerlo in vita, fino a quando il suo corpo non ha capito ciò che la sua mente non riusciva a concepire».
Mentre lui continua ad accendere le lampade, cammino nella piccola sala, passando con cautela la mano sull’antica mobilia. In un angolo della stanza, accanto a un’urna dorata, si trova una sedia in marmo scuro, decorata con intricate incisioni. I muri sono dipinti di un caldo color avorio, mentre il pavimento è ricoperto da un costoso tappeto.
Il cane di Ravi lo segue fedelmente mentre lui finisce di accendere l’ultima lampada. «Come si chiama?», chiedo. «Lo chiamo Rokie. […]
Amisha si sposa
“Amisha ridacchiò alla vista delle mucche che sfilavano con i campanacci. Sua madre ne aveva appeso uno al collo di ogni animale e aveva intrecciato ramoscelli di fiori bianchi di marruca intorno alle loro code.
Dieci mucche erano la dote concordata: i genitori di Amisha avevano scelto le migliori per la figlia. «Le mucche balleranno a suon di musica», cantò Amisha in quella notte piena di stelle con una gioia contagiosa. Si muoveva con grazia al ritmo dei tamburi di fronte alla tenda shamiana.
Il tetto a due strati della tenda da matrimonio brillava mentre la luce della luna si rifletteva sul lenzuolo patchwork multicolore di cotone. Il fuoco attorno a cui Amisha e Deepak avevano girato per sette volte all’interno della tenda di voile era ormai ridotto a un flebile bagliore e solo poche braci erano ancora accese.
Amisha sorrise all’uomo che aveva appena sposato e che la stava guardando. Deepak, a pochi passi da lei, ricambiò il sorriso ma, poco dopo, la gioia lasciò il posto alla vergogna quando sua madre, Chara, lo sgridò ad alta voce. «Non è appropriato guardare la sposa negli occhi».
La festa continuò tutta la notte e si riversò nelle strade. Le donne indossavano elaborati sari nuziali mentre gli uomini sfoggiavano salwar kamiz alla moda.
Le camicie di seta ricamate raggiungevano le ginocchia ed erano abbinate a pantaloni attillati. Dopo essersi rimpinzati di verdure al curry, gli invitati ballavano al ritmo delle canzoni intonate da zingari itineranti.
Quando le stelle iniziarono a lasciare spazio alla luce, i fratelli e i genitori di Amisha radunarono le loro cose per il lungo viaggio di ritorno verso casa. Al momento di congedarsi, avrebbero detto addio per sempre ad Amisha, la quale era stata parte della loro famiglia fino a quel momento; […]”
Una storia che coinvolge
Potrei proporvi altri esempi. Ma ormai avrete intuito che ho letto le 444 pagine del romanzo con un coinvolgimento ed un’ansia crescente.
Poco per volta nel lungo racconto di Ravi, un intoccabile secondo la ferrea separazione di classi sociali indiana, tanti misteri, che la madre di Jaya, Lena, non le aveva mai rivelato, prendono forma.
La qualità narrativa di Sejal Badani è di altissimo livello. Ed anche la versione italiana, tradotta dall’inglese dalle due Valentine, Legnani e Lombardi, mantiene il tratto stilistico dell’autrice de La cacciatrice di storie perdute.
Il libro, dal titolo originale ‘The Storyteller’s Secret’, esce nel 2018 in edizione inglese. E viene poi pubblicato nel nostro paese da Newton Compton Editori nel 2019. Ed è in corso la traduzione del romanzo in complessive 12 lingue.
L’autrice Sejal Badani, ex avvocato, ha lasciato la professione forense per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
Il suo sito internet, in inglese ‘www.sejalbadani.com’ riflette anche nello stile delle immagini lo spirito che traspare dalla lettura del suo romanzo.
Sue, frasi come queste:
“”La casa non è un luogo o uno stile di vita, ma lo stato del tuo cuore e tutte le persone che vi prendono posto.”, e
“Il passato, non importa quanto definito, non ha il potere di determinare il futuro”. ”
Oltre a La cacciatrice di storie perdute Sejal Badani ha pubblicato nel 2015 il suo primo lavoro dal titolo ‘Trail of Broken Wings’, ripreso in Italia da Baldini & Castoldi nel 2016 col titolo La strada di casa per la traduzione di Ombretta Giumelli .
Un libro da ricordare
Non posso che raccomandare a chi ama i sentimenti profondi e le toccanti storie di vita la lettura de La cacciatrice di storie perdute.
Ma vorrei chiudere queste mie righe con alcune parole che l’autrice inserisce nel romanzo e che rappresentano, in un certo senso, la vera anima del suo racconto.
“Piango il bisogno di mia madre di nascondere gli eventi della sua infanzia. Ma a causa di ciò, ho viaggiato in tutto il mondo fino a una casa che non ho mai conosciuto.
E con il mio viaggio in India – nelle risate della gente, nelle anime ferite dei mendicanti per strada, nella grandezza e nella tristezza – ho scoperto la vera storia di mia madre e mia nonna. Le donne che mi hanno creato.
So che non esiste un manuale sul come percorrere il cammino della vita. Ma se io lo faccio con la grazia e il cuore delle donne che mi hanno preceduta allora, spero, avrò vissuto la mia vita con onore.”
Per chi desidera approfondire od acquistare
- La cacciatrice di storie perdute (2019) – il libro di oggi
- La strada di casa (2018) – il suo primo romanzo
- Il book trailer di The Storyteller’s Secret – il profumo dell’India in qualche immagine (lingua inglese)
Mariano Berto dice
Non so se queste parole timide e forse non esatte, perché sono così emozionata arrivino alla autrice di “La cacciatrice di storie perdute”. Volevo ringraziarla e farle i miei più sinceri complimenti per questo suo libro Meraviglioso Emozionante e Magico !!! BRAVISSIMA! GRAZIE! Morena De Pretto .
Paolo Canuto dice
Gentile Morena. Sono Paolo Canuto,l’autore della recensione del libro che hai apprezzato tanto. Le tue parole nei confronti della bravissima Sejal Badani sono da me ampiamente condivise e il contenuto del mio articolo lo dimostra senza incertezze. Ti posso dire che dal momento della pubblicazione – agosto 2019 – la mia recensione de “La cacciatrice di storie perdute” è stato letta da moltissimi visitatori del sito. Le notizie di cui dispongo mi dicono che questa recensione fra i circa 150 titoli che ho pubblicato ad oggi sul sito è al terzo posto per numero di visitatori. (Su quasi 23mila visite complessive). E spero che molti abbiano apprezzato questa bellissima storia come hai fatto tu.
Molti di loro avranno comprato il romanzo e magari regalato alle persone a loro care. L’ho fatto anch’io con molti parenti ed amici diffondendo in tal modo la conoscenza di uno dei libri che credo vada letto ed amato. Non ho contatti diretti con l’autrice ma forse puoi raggiungerla tramite Facebook. Ti auguro di riuscirci! Lo meritate entrambe. A te grazie per i sentimenti che hai voluto permettermi di condividere.