Dopo molte recensioni di autori stranieri oggi ritorno al nostro paese con La donna dei sigari dello scrittore italiano Alessandro Testa.
Parliamo di colui che è stato definito, forse prematuramente, uno scrittore che piace ai fan di Ken Follet.
Nato a Salerno e cresciuto a Napoli, Alessandro Testa si è laureato in medicina specializzandosi in cardiochirurgia. Ha vissuto e lavorato a Londra, Torino, Firenze e adesso opera a Catanzaro, in un centro cardiochirurgico di eccellenza.
Debutta come scrittore intorno al 2000 e nel 2004 è entrato nel forum Leggendoscrivendo per il quale ha prodotto una cinquantina di racconti. Ha all’attivo 5 romanzi, alcuni mai pubblicati.
Il suo Morti e sepolti, è stato finalista nell’edizione 2015 del Premio Alberto Tedeschi per il miglior romanzo giallo italiano, pubblicato da Il Vento Antico Edizioni, è stato numero uno in Amazon nella categoria gialli per oltre un mese.
Questa una sintetica biografia ripresa su Amazon libri.
La donna dei sigari – il romanzo
Pubblicato nel gennaio 2018 sempre da Il Vento Antico Edizioni questo nuovo romanzo di Alessandro Testa è un corposo volume di quasi 600 pagine. Suddiviso in quattro parti per un totale di 93 capitoli, potrebbe apparire a prima vista un romanzo da digestione piuttosto lenta. Ma fortunatamente questo thriller storico è tutt’altro che indigesto, anzi…
La donna dei sigari si auto-introduce con questa sinossi inserita nelle primissime pagine del volume (ebook).
“Giugno 1940. L’esercito tedesco marcia su Parigi, Mussolini schiera le forze italiane sulle Alpi e attacca a sua volta la Francia, nel Mediterraneo si combatte, come nei cieli della Cirenaica.
Immaginate di vedere tutto questo dall’alto, una panoramica d’insieme sull’Europa e sul mondo intero.
Poi, le luci si concentrano su tre punti diversi della terra, a inquadrare tre uomini, giovani in un’epoca in cui la giovinezza equivale a una condanna.
A Roccaspina, un piccolo paese dell’Italia centrale, vive Ardito, detto Tuccio, comanda la tenenza locale dei Carabinieri e vive una storia d’amore segreta con la figlia del podestà.
A Greifswald, nella Germania nord orientale, incontriamo Harald, tenente della polizia locale, in lotta con l’ex migliore amico per una ragazza.
Vincent invece è a New Haven, sulla costa est degli Stati Uniti: da poco orfano, innamorato della nipote di un boss mafioso, non ha ancora trovato un equilibrio.
La guerra stravolge le loro vite e per vie diverse il destino li condurrà a incontrarsi proprio a Roccaspina, Harald e Vincent su fronti diversi e Ardito su un fronte che cambia, dove chi era amico da un giorno all’altro diventa nemico.
In un intreccio emozionante tra vicende storiche e personali, l’autore ci regala un romanzo epico, popolato da uomini e donne che lottano per sopravvivere e per conservare i propri sogni e la propria umanità.”
La cornice storica
A parte un indispensabile prologo che introduce i primi tratti del romanzo la vicenda si sviluppa nell’arco di tempo che va dal 9 giugno 1940 (la dichiarazione di guerra pronunciata da Mussolini è del giorno successivo) per concludersi 20 anni dopo.
Ma il nocciolo vivo della storia si esaurisce nel settembre del 1943. E’ il mese dell’armistizio firmato dal Generale Badoglio, i giorni in cui la parabola del fascismo manifesta il proprio epilogo.
Nel romanzo La donna dei sigari, Alessandro Testa intreccia abilmente le storie personali del tenente Ardito Manzi (Tuccio) – italiano, del tenente Harald Stolzer – tedesco e di Vincent Cacace – italoamericano con alcune non lontane pagine di storia italiana.
Ecco come inizia il capitolo 1
“La luna era alta nel cielo estivo.
Un’ombra era in attesa ai margini di un campo di granturco, nel punto in cui la strada compiva una stretta curva per salire vero il paese. Ciò che aspettava giunse con un rumore di ferraglia, ruote sconnesse e zoccoli; a pochi metri dall’incrocio rallentò e in quell’istante l’ombra spuntò dalle siepi fermandosi davanti al carro, con una pistola puntata al conducente.
“Scendi subito!” urlò. Per tutta risposta, l’uomo tirò le redini e si tuffò nel carro mentre il telo che copriva il pianale si sollevava e tre carabinieri balzavano a terra puntando i fucili contro il rapinatore.
“In nome della legge, getta l’arma e arrenditi!” Sorpreso, l’uomo si voltò per fuggire ma perse l’equilibrio, esplodendo un colpo di pistola mentre si gettava nel granturco. Uno dei carabinieri cadde a terra mentre un altro esclamava: “Tenente, quello scappa! Ha ferito Presutto!” ed era già pronto a lanciarsi all’inseguimento quando Ardito Manzi lo fermò con un gesto.
“Salite sul carro e andate a cercare il medico. Scalzone, tu stammi dietro!” Si lanciò lungo la scia di spighe schiacciate dal fuggitivo e riuscì in pochi istanti a portarsi alle sue spalle e a tuffarsi su di lui, inchiodandolo a terra. L’uomo urlò di dolore.
Manzi lo lasciò in custodia al brigadiere Scalzone e raccolse la pistola. Era una Nagant di fabbricazione albanese; soddisfatto, se la mise in una tasca e recuperò giberna e cappello. Scalzone intanto aveva ammanettato il malvivente e lo spingeva fuori dal campo.”
E adesso parliamo di donne: quattro, le più attive. Facciamo conoscenza con ciascuna con le parole del romanzo.
Le donne dei protagonisti: Aurelia
” […] Quando il tenente Manzi arrivò, erano quasi le sei e tutto era pronto per il discorso: Miconi e due dei suoi uomini in alta uniforme fascista, sedevano dietro il palco. I posti a sedere erano stati tutti occupati e altri erano in piedi dietro le sedie.
Il podestà gli rivolse un cenno di saluto, indicandogli un posto in prima fila che gli era stato riservato; giunto all’altezza della terza, il suo sguardo ne incrociò un altro, e il cuore accelerò i battiti.
Rallentò il passo per indugiare sul viso di Aurelia Miconi: il sole le aveva colorato le guance e quando lei gli sorrise per un brevissimo istante, avvertì un crampo allo stomaco.
Manzi si portò la mano al cappello abbozzando un saluto, al quale Aurelia rispose con un altro sorriso prima di riprendere la conversazione con la donna che le sedeva accanto.
“Cittadini di Roccaspina!” la voce del podestà uscì gracchiando dagli altoparlanti “prestate massima attenzione alle parole che il Duce sta per pronunciare!” Mosse l’interruttore posto sul tavolo e l’aria si riempì di rumori assordanti, spaventando i bambini e quelli che ancora non si erano concentrati sull’avvenimento. Poi il rumore calò per far posto a un sottofondo di applausi e urla lontane finché anche queste cessarono per passare al silenzio più assoluto e infine alla voce di Mussolini.
“…combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno di Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. […]
“[…] Avevano fatto l’amore nello sgabuzzino delle armi; a ogni fucile che cadeva, il cuore del tenente sobbalzava finché l’ilarità della situazione aveva contagiato entrambi.
Nella casa buia, si baciarono a lungo, con passione. Aurelia aveva sempre quello sguardo, a metà tra il languido e il pudico, che lo faceva impazzire.
Con le dita le accarezzò una ciocca ribelle e le passò il contorno delle labbra, ancora calde per il bacio. “Sei sempre più bella” le sussurrò.”
Le donne dei protagonisti: Birgit
“[…] Il sabato mattina di Harald era dedicato alle passeggiate; dopo una breve puntata in ufficio, percorreva il centro della città camminando lungo il terrapieno medioevale, trasformato in passeggiata pubblica, all’ombra dei tigli e delle querce secolari.
Di solito, il percorso terminava davanti a uno dei ristoranti del porto, il Leopold oppure il Fangelturm, alle spalle della torre della prigione, sul porto. Quel sabato avrebbe pranzato con Birgit, così era arrivato un po’ prima per prendersi un tavolo con vista sul porto.
Birgit Heinlein entrò nel locale a mezzogiorno in punto; molti bicchieri di birra rimasero a mezz’aria, e altrettante bocche si spalancarono per lo stupore. Non vi era dubbio che incarnasse l’ideale della donna ariana, e a Stolzer bastava guardarla per capire quanto fosse valsa la pena di farsi un nemico come Armin.
“Cosa mangiamo?” chiese lei sistemandosi il tovagliolo “questo freddo mi fa venire sempre una fame tremenda, ti costerò un capitale!”
“Saranno soldi spesi bene” le rispose, accarezzandole una mano.
Ordinarono minestra di cavolo e filetto di sgombro con patate. “A noi” disse Birgit, alzando il calice di vino. Stolzer prese il suo e, memore di brindisi passati, la corresse.
“A noi due.” Harald e Birgit si erano conosciuti tre anni prima, in occasione di una manifestazione sportiva per dilettanti.”
“[…] Stolzer lasciò per un attimo la barra e si sporse, baciandola con tenerezza sulle labbra. Birgit rimase per qualche istante con gli occhi socchiusi. “Tra qualche giorno sarai a migliaia di chilometri da qui e non potremo più baciarci.”
“Mi dispiace.”
“Sai cosa mi spaventa? Non la mancanza del tuo contatto, dei tuoi baci, del tuo corpo, ma il pensiero che anche tu, come mio fratello, possa non tornare più. Non venga mai il giorno in cui leggerò il tuo nome nella lista dei morti sulla scrivania del mio ufficio!”
Le lacrime le scendevano lungo le guance.”
Le donne dei protagonisti: Connie
” […] Vincent pensò che il vecchio si aspettasse delle scuse. “So di non essermi comportato come un gentiluomo” balbettò, “ma quel tipo aveva offeso Connie. Ti chiedo scusa.”
“E per cosa? Per aver pestato a sangue un pezzo di merda?”
No, pensò Vincent, rendendosi conto di quanto fosse abile l’uomo che gli sedeva accanto; a quel punto sarebbe stato costretto a scusarsi per aver frequentato sua nipote senza nessun formale permesso.
Quando lo fece, badando che le sue parole fossero le più chiare possibili, Vitiello scoppiò in una sonora risata.
“Credi davvero che io non sapessi?” gli disse posandogli una mano sulla spalla: una presa ferma e decisa. “Vi ho sempre tenuto d’occhio. Però mi siete sfuggiti un paio di volte… spero proprio che vi siate comportati come si deve anche in quelle occasioni.”
Vincent deglutì: lui e Connie si conoscevano da tre anni e avevano avuto due rapporti completi. La prima volta di notte, nella sua camerata: erano entrambi troppo eccitati e imbarazzati e l’amplesso si era trasformato in una comica parodia del sesso.
La seconda volta avevano preso una decisione consapevole e ragionata, passando la notte in un motel presso il campus di Yale, grazie alla complicità di un’amica di Connie. Era stato molto diverso, e molto intenso.
Entrambi avrebbero desiderato molti incontri del genere ma le occasioni erano così rare e la paura di venire scoperti così grande che alla fine avevano rinunciato, rassegnandosi ai nervosi incontri in auto o alle romantiche serate al parco.”
Le donne dei protagonisti: Rita
“[…] Rita si guardò intorno prima di entrare nella Locanda della Civetta Bianca. C’erano solo due asini, legati a una sbarra di legno; le some ripiene di pietre da costruzione e legna da ardere giacevano addossate al muro. Tutto sembrava tranquillo.
Entrò, la borsa a tracolla stretta al petto, e avanzò senza guardarsi intorno fino al tavolo vicino alla porta della cucina. L’oste le si avvicinò e lei ordinò del vino. “Non hai fame?”
“Portami un quarto di vino e non impicciarti” ribatté lei, secca. L’oste si allontanò, e Rita studiò gli altri avventori. I più vicini erano due contadini, uno di spalle e l’altro di fronte intento a torturare un tozzo di pane. Il tavolo all’altra estremità della sala era occupato da un uomo di mezza età. Al bancone della mescita, un giovane sorseggiava un bicchiere di grappa. L’oste depose la caraffa e il bicchiere sul tavolo “Ecco il vino. Cinque centesimi.”
Milena Cogliandro entrò un quarto d’ora dopo. Rivolse all’oste uno svogliato cenno di saluto, si guardò attorno e poi raggiunse Rita.
“Fa un freddo cane” disse. “Una ragione in più per fare in fretta”. Milena estrasse un pacchetto marrone dalla borsa.
Rita aprì la scatola e contò i sigari, ne rigirò alcuni per leggere la scritta sulla fascetta. Soddisfatta, tirò fuori alcune banconote, le contò e le spinse verso Milena.”
“[…] Genny accese una sigaretta, si guardò intorno. “Mi riesce difficile crederlo. “
“Il vostro nido è pieno di tedeschi e carabinieri. Dovreste ringraziarmi” borbottò.
Lanciò una lunga occhiata a Rita, avvolta in uno scialle. Glielo avrebbe volentieri strappato di dosso: non erano molte le donne della sua età ancora così attraenti.”
Affascinante!
La donna dei sigari è un romanzo che contiene più storie. Storie di guerra, storie di delitti, storie di odi e di amicizie, storie d’amore.
Ben scritto e veramente intrigante. L’autore sa trascinare il lettore in una sequenza di situazioni e colpi di scena che ne fanno un più che pregevole thriller.
Dire altro mi fa correre il rischio di sciupare la bellezza di quella particolare suspence che fa la qualità narrativa di questo recentissimo romanzo italiano.
Procuratevelo se vi piace leggere con l’incessante desiderio di scoprire cosa succede dopo. Troverete nel romanzo di Alessandro Testa, cardiochirurgo e scrittore, pane per i vostri denti.
Consigliatissimo!
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