Eccomi a voi con la recensione de Le segnatrici di Emanuela Valentini.
Un eccellente thriller di un’autrice italiana che considero una vera rivelazione, in un genere letterario che continua ad appassionare autori e lettori.
Scopro infatti che la scrittrice romana ha cominciato a pubblicare i suoi romanzi nel 2010 con Il cuore di Lola (Gennaio 2010) di sole 140 pagine ed ormai introvabile. (Definito ‘Un piccolo gioiello’ secondo una recensione del 2016 che ho trovato su Amazon.) In quel caso si trattava di un fantasy.
Oggi invece col suo più recente lavoro, il tredicesimo, dall’intrigante titolo Le Segnatrici, pubblicato da Piemme nel Luglio del 2020, la Valentini si cimenta con il thriller psicologico.
Per chi scrive una piacevolissima scoperta, che conferma l’impressione che la scrittura femminile contemporanea del nostro paese stia raggiungendo ottimi standard di qualità.
Un elenco consistente anche fra le pagine di questo blog che annovera nomi che ho molto apprezzato e suggerito come Ilaria Tuti, Carla Maria Russo, Daniela Grandi.
Ed ancora prima Francesca Redeghieri, Adele Vieri Castellano, Maria Luisa Minarelli e Laura Mercuri.
Generi diversi ma in tutte loro grande fantasia, capacità narrativa, passione per la scrittura e professionalità.
Per alcune di loro ho recensito un solo lavoro. Per altre ho voluto leggere spesso le serie intere.
La maturità di Emanuela Valentini e la sua popolarità si percepisce anche dalla visione delle recensioni che potete ritrovare sul sito di Amazon.
Le Segnatrici registrano 221 recensioni globali con una positività pari al 79% (55% assegnano 5 stelle ed il 24% almeno 4 stelle). Valutazioni spesso molto articolate e motivate oppure corredate da espressioni entusiastiche come ‘Finalmente!’ oppure ‘Tutto d’un fiato!’.
Conosciamo la storia
“Il ritrovamento delle ossa di Claudia, bambina scomparsa ventidue anni fa, richiama a Borgo Cardo, nell’Appennino emiliano, Sara Romani, chirurgo oncologico di stanza a Bologna.
Per lei il funerale è una pericolosa occasione di confronto con un passato da cui è fuggita appena ne ha avuto la possibilità. Al ritorno nella routine bolognese, il desiderio è quello di dimenticare. I segreti, gli amici d’infanzia rimasti inchiodati a una realtà carica di superstizioni e pregiudizi, le ossa di una compagna di giochi riemerse da un tempo lontano.
Finché scompare un’altra bambina: Rebecca.
Sara ha avuto giusto il tempo di conoscerla. Dopo il funerale Rebecca le ha curato una piccola ferita secondo l’antica tradizione della segnatura e adesso Sara è in debito con lei. Un legame che sa di promessa. Un filo rosso che unisce il passato di Sara, schiava della convinzione di dover salvare tutti, con un incubo appena riemerso dall’oblio.
Mentre il paese si mobilita per ritrovare Rebecca, la donna è costretta a tornare.
È l’inizio di una discesa negli inferi dell’Appennino, un viaggio doloroso nelle storie sepolte nel tempo attraverso strade, boschi, abitazioni e volti che lei aveva imparato a cancellare dalla memoria, e che ora diventano luoghi neri in cui cercare una bambina innocente.
Quale oscuro mistero si cela dietro la secolare tradizione delle segnatrici?
In una sfrenata corsa contro il tempo per scoprire chi ha rapito Rebecca e riuscire a salvarla prima che sia troppo tardi, Sara dovrà scendere a patti con una parte di sé messa a tacere ventidue anni prima.
A costo di perdersi nel labirinto dei ricordi e non trovare più la via d’uscita.”
Le Segnatrici
Quella che avete appena letto è l’intrigante descrizione riportata a presentazione del romanzo.
Tutti sanno che una buona sinossi è la rete destinata a catturare l’interesse dell’ignaro lettore. Credo di dover ammettere che questo è esattamente ciò che è accaduto nel mio caso.
La bella notizia che vi posso dare oggi è che sono felice di essere caduto in questa rete.
Ho letto le 380 pagine del romanzo con interesse crescente, e ne sono rimasto talmente entusiasta da trasformarmi in un promotore del romanzo prima di tutto nella mia famiglia. Dopo pochi giorni, già Elena, Giovanna e Marta tre delle lettrici abituali del mio nucleo famigliare hanno ricevuto in regalo altrettante copie del romanzo Le Segnatrici ed aspetto il loro verdetto critico con grande interesse.
Ma mi sento abbastanza tranquillo, perché so di essere in buona compagnia.
La nota scrittrice e fumettista milanese Paola Barbato ha scritto: “Emanuela Valentini intreccia, attraverso un’idea sorprendente, il misticismo della montagna con i tormenti dell’infanzia.”
Una perfetta sintesi del bel romanzo Le Segnatrici.
Le prime pagine del libro
“Luglio 1997
La pioggia è un suono costante che riempie il bosco. Cade dritta fra i rami delle querce e fa suonare ogni singola foglia, ogni tronco, ogni radice. Il sentiero quasi scompare nel torrente di fango che scivola giù, verso la valle, verso casa, verso i vicoli di pietra e gli archi, fino al camino acceso che scintilla.
La bambina immagina la nonna intenta a cuocere una crostata ai mirtilli che hanno raccolto insieme nella brughiera, sotto ai voli dei falchi in un giorno di sole e primule.
Ma adesso non può tornare a casa.
Col cuore che le galoppa accanto, risale il sentiero concentrata sull’unico suono che si distanzia dallo scrosciare antico e sempre uguale della pioggia: una richiesta di aiuto, un piccolissimo richiamo disperato che l’acqua confonde senza però riuscire a estinguere.
In un grande tronco cavo vede una volpe arrotolata attorno al suo piccolo. Gli occhi grandi, ambrati, la scrutano. Sono enigmatici, colmi di furia selvaggia, ma lei sa che nessun animale del bosco le farà del male quel pomeriggio.
I lupi dormono rintanati nelle lontane sassaie, in attesa della notte per mettersi a caccia sui prati alti, tra i picchi. I cervi timidi sono accovacciati sotto ai rododendri nei castagneti e le aquile, sotto al tetto di fronde, non possono vederla.
Si aggrappa a un ramo basso per superare alcune grosse radici, lo scarponcino scivola e si ritrova a quattro zampe nel fango. Le gocce bagnano la mantellina gialla e le rigano il viso e le mani.
Le mani. Non deve ferirle, rovinarle, graffiarle: sono preziose, adesso.[…]
Leonilda, la vecchina
con gli occhi azzurri come tagli di cielo che vive dietro ai fienili ai confini del paese, le ha spiegato come fare per fermare il sangue di una ferita e lei ha tutto impresso nella mente.
Le parole e i segni che Leonilda le ha mostrato con pazienza e un pizzico di sorriso in fondo agli occhi, come di chi pianti un albero per fare ombra a qualcuno che deve ancora nascere.
Il suo cuore è uno scrigno che contiene ciò che di più prezioso possa esistere al mondo: la sapienza per salvare chi sta male.
Ride con la bocca piena di pioggia e aumenta l’andatura. Il suono adesso non è più ovattato come qualche minuto prima, ma acuto e preciso, vicino.
Il gattino è al centro di una radura, sotto a un cespuglio di genzianella, bagnato, disperato, miagola forte e trema di freddo e paura.
La bambina lo raccoglie e lo infila tra i bottoni della cerata, al caldo sul cuore e, in tutta fretta, ridiscende il bosco e non si ferma fino a che non intravede le prime case di pietra, fuse con la montagna, fredde fuori e caldissime e confortevoli dentro, come un abbraccio.”
Chi sono le ‘Segnatrici?’
Rispondendo alla domanda nel corso di una lunga intervista Emanuela Valentini spiega:
“Chi sono le segnatrici? Sono guaritrici di montagna. Esistono realmente le segnatrici. Sono figlie di una tradizione secolare che si è propagata nel tempo, grazie al passa-parola tra segnatrici anziane e segnatrici più giovani che imparano, a loro volta, le parole ed i segni. […]
Una tradizione che nasce essenzialmente pagana e che acquisisce delle connotazioni pseudo religiose durante gli anni dell’Inquisizione. Poiché, per non essere bruciate sui roghi, le guaritrici cambiavano le loro formule in preghiere. […]
La pratica della segnatura esiste tuttora fra i monti dell’Appennino. In altre regioni e… fra le montagne del Friuli, seppure in un’altra forma ancora. […]”
Troviamo sulla copertina del volume Le Segnatrici tre brevi emblematiche righe che riassumono il senso di questa tradizione secolare:
‘Un segno per curare – Un segno per proteggere dal male – Un segno per uccidere.’.
Il funerale
E’ Sara Romani, oncologa, che parla.
“28 giugno 2019
Posteggiai fuori dal centro abitato, lungo la salita piena di curve che conduceva alla piazzetta dove c’era la chiesa. Dopo tutto quel tempo avevo dimenticato quanto fossero strette le vie e anguste le strade per arrivare lassù, a quel pugno di case di pietra circondate da boschi come muri verdi ai lati della visuale.
Il panorama era mozzafiato, ma per qualche motivo mi trasmise inquietudine: non avrei messo piede nella macchia impenetrabile, solcata dalle linee altalenanti dei sentieri, per nessun motivo al mondo. Eppure quando ero piccola trascorrevo nella solitudine verde e azzurra del bosco le mie giornate.
Non sapevo quanto potesse essere pericoloso.
Nessuno lo sapeva.
Rimasi seduta in macchina con lo smartphone in mano, i finestrini sollevati nonostante nell’abitacolo facesse caldo, quasi non volessi che l’aria del paese penetrasse di nuovo nella mia vita. Eppure non avrei potuto evitarlo, non questa volta.
Tra le notifiche dei social intercettai l’email del primario che mi invitava a presiedere alla raccolta fondi per l’acquisto di nuova strumentazione diagnostica e qualche messaggio di Emilia.
Non risposi a nessuno. Continuai invece a respirare il più lentamente possibile e a guardare il profilo conosciuto dei comignoli, fumanti anche d’estate, e dei tetti, tutti ammucchiati e stretti, come a sostenersi l’un l’altro, a proteggersi. Ma da cosa?
Da chi?
Consultai l’orologio. Il funerale sarebbe iniziato di lì a una decina di minuti: dovevo ambientarmi in fretta, indossare un sorriso che apparisse il meno ansioso possibile e affrontare la cosa. Masticai una compressa di Gaviscon per l’acidità di stomaco e mi feci forza: cos’è che diceva sempre l’istruttrice di voga?
«Il mondo non è altro che uno specchio: riflette quello che siamo. Si pone come ci poniamo.» […]”
Rebecca
Alcune pagine dopo.
“Devo andare a disinfettare il dito e lasciare in pace la bambina.
Però non mi mossi. Lei prese la mia mano tra le sue e osservò bene il forellino dal quale stava spillando una goccia scura, quindi, continuando a tenerla ferma con la destra, sollevò la sinistra come a sfiorarlo.
Presa dal panico la fermai.
«No, ehi… Rebecca. Non farlo.»
Il cuore mi martellava sangue nelle tempie.
No, anche questo oggi, no.
«Sì, devo» fece lei, inclinando la testa di lato e stringendo un po’ più forte la mia mano. Difficile spiegare quello che lessi nel suo sguardo, quello che mi colpì nel suo atteggiamento maturo e serio di bambina di quanto? Dieci, undici anni? Difficile, ma scioccante nella sua semplicità.
E d’improvviso compresi che non era cambiato niente da quelle parti.
L’errore era stato mio: non sarei dovuta tornare. Avrei dovuto inventare una scusa con Silvana, spedire un mazzo di rose bianche e fine. […]
«Il sangue a volte crede di poter fare quello che vuole.» Rebecca mi guardò negli occhi per un attimo, prima di riportare la sua attenzione alla ferita.
«Sì, ma siamo in un ospedale, ci sono modi più semplici per curare una piccola ferita, non stare a preoccuparti. Non farlo.»
Non farlo, ti prego.
«Lasciamelo fare,» si morse un labbro «pochissime persone si fanno segnare ormai e quelle poche che ancora ci credono non vengono certo da una bambina… solo che la regola è chiara: quando si riceve l’insegnamento, poi bisogna usarlo: e come faccio a usarlo se nessuno me lo lascia fare? Come divento una brava segnatrice se nessuno si fida di me?»
Poi bisogna usarlo.[…]”
La storia, avvincente e densa di sorprese è appena cominciata. Emanuela Valentini vi terrà inchiodati alle pagine del libro fino all’imprevedibile epilogo. Un grande thriller!
Qualche consiglio per aspiranti scrittori, da Emanuela Valentini
“Per quanto mi riguarda io ho sempre visto un testo come un’architettura. Un racconto è un’architettura più piccola, è una costruzione più piccola.
Un romanzo può essere una cattedrale, può essere addirittura una città. E quindi una struttura che deve reggere una storia più o meno lunga, deve dunque essere robusta. Sostenere, essere in grado di ospitare i personaggi che abbiamo deciso di inserire all’interno della storia.
La costruzione di una cattedrale non è cosa da tutti i giorni. Ci vuole tanto allenamento, ci vuole ‘un volare basso’ e ci vuole umiltà. Ci vuole… saper cogliere i segreti degli altri scrittori tra le righe dei loro romanzi.
E capire che ogni testo ha la sua propria tecnica per risultare efficace.”
E’ solo l’essenza di ciò che suggerisce l’autrice.
Volentieri ho insito l’intero video Youtube al termine della recensione. Video breve, ma ottima occasione per conoscere dal vivo la voce ed il volto della bravissima Emanuela. Titolo del video: ‘Scuola di scrittura – Emanuela Valentini – Scrittori e cattedrali.’
E per finire
Dal sito-blog ‘My Fantasy Ebook’ Emanuela Valentini – Biografia & Bibliografia, aggiornato a settembre 2020 con altre notizie e l’intera produzione letteraria della scrittrice.
Vi lascio con queste ultime lusinghiere parole, che mi sento di condividere completamente, riportate nella seconda/terza di copertina dell’edizione cartacea:
“Un thriller teso e magistralmente congegnato dove bene e male sono le due facce di un’unica, inquietante verità.”
E per concludere davvero, gustatevi l’illuminante intervista dal titolo ‘Emanuela Valentini racconta “Le Segnatrici” e il mondo antico della montagna‘ pubblicato il 14 luglio 2020 sul sito ‘www.illibraio.it’
Brava Emanuela! Aspetto il tuo prossimo thriller. Grazie!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Le Segnatrici – Il libro di oggi
- Grotesquerie (2018) – il precedente romanzo di Emanuela Valentini – Una scrittura avvolgente e piena, un romanzo corale dall’ambientazione potente, un’avventura steampunk distopica…
- Video Youtube citato ‘Scuola di scrittura – Emanuela Valentini – Scrittori e cattedrali.’
Rispondi