La recensione de Luce della notte di Ilaria Tuti, rappresenta il mio piccolo contributo alla diffusione del lavoro letterario di questa interessante scrittrice contemporanea.
Seguo costantemente attraverso questo blog l’interesse che i navigatori stanno dimostrando nei confronti dei precedenti lavori dell’autrice friulana che ho già avuto modo di recensire.
Mi riferisco a Ninfa dormiente (2019) e Fiore di Roccia (2020), due romanzi molto diversi ma che ci rivelano una capacità narrativa sicuramente di un ottimo livello.
Ma soprattutto, ed è sicuramente il motivo di tanto successo, ci propongono storie e personaggi capaci di coinvolgere e per i quali provare ammirazione o simpatia. Ilaria Tuti infatti riesce ad infondere ai suoi personaggi quelle qualità umane che li rendono assolutamente ‘normali’, simili cioè a molti di noi lettori.
Ma è proprio questa normalità che fa di Teresa Battaglia, commissario di polizia (Ninfa dormiente) o di Agata Primus, la contadina carsica (Fiore di Roccia) le protagoniste verso le quali non si può che provare un’istintiva e profonda simpatia. E le trasforma in eroine capaci di affascinare anche i più scettici fra i lettori.
E così poco dopo l’uscita del suo più recente lavoro Luce della notte pubblicato il 14 gennaio 2021, non ho potuto evitare di verificare se anche questo nuovo romanzo, il terzo della serie dei thriller, mantiene il livello qualitativo dei precedenti. E vediamo che cosa ho scoperto.
La voce ai lettori
In modo del tutto inusuale in questo mio articolo-recensione dedico una particolare attenzione a quanto ho appena affermato. E cioè alla straordinaria capacità dell’autrice di raccontare storie che ‘entusiasmano’, sia all’interno del genere thriller come nel genere storico moderno.
Oggi, 15 marzo 2021, annoto i dati che Amazon dedica al tema gradimento da parte dei suoi lettori cominciando da Ninfa dormiente, il più datato dei romanzi citati.
Ninfa dormiente (in vendita dal 27 maggio 2019): 586 valutazioni globali di cui 56% a 5 stelle e 29% 4 stelle.
Fiore di Roccia (in vendita dal 8 giugno 2020): 1628 valutazioni globali di cui il 73% a 5 stelle e 19% 4 stelle.
Luce della notte (in vendita dal 14 gennaio 2021): 529 valutazioni globali di cui il 47% a 5 stelle e 29% a 4 stelle.
Similmente all’interno di questo blog che pubblica le mie recensioni, la prima (Ninfa dormiente) è stata visualizzata 516 volte dopo la pubblicazione 24 giugno 2020, e la seconda (Fiore di roccia) pubblicata meno di tre mesi dopo, 16 settembre 2020 ha già superato la precedente raggiungendo 667 visualizzazioni.
Merito di questa straordinaria giovane narratrice. Consensi vertiginosi sia nel numero che nei punteggi!
Parliamo del romanzo
Luce della notte, il romanzo di oggi, è il terzo della serie che Ilaria Tuti dedica ai thriller. Serie che ha come protagonista Teresa Battaglia, commissario di polizia.
Ecco il contenuto:
“Chiara ha fatto un sogno. E ha avuto tantissima paura. Canta e conta, si diceva nel sogno, ma il buio non voleva andarsene.
Così, Chiara si è affidata alla luce invisibile della notte per muovere i propri passi nel bosco. Ma quello che ha trovato scavando alle radici dell’albero l’ha sconvolta. Perché forse non era davvero un sogno. Forse era una spaventosa realtà.
Manca poco a Natale, il giorno in cui Chiara compirà nove anni. Anzi, la notte: perché la bambina non vede la luce del sole da non sa più quanto tempo. Ci vuole un cuore grande per aiutare il suo piccolo cuore a smettere di tremare. È per questo che, a pochi giorni dalla chiusura del faticosissimo e pericoloso caso narrato in Fiori sopra l’inferno e dalla scoperta di qualcosa che dovrà tenere per sé, Teresa Battaglia non esita a mettersi in gioco. Forse perché, nonostante tutto, in lei batte ancora un cuore bambino.
Lo stesso che palpita, suo malgrado, nel giovane ispettore Marini, dato che pur tra mille dubbi e perplessità decide di unirsi al commissario Battaglia in quella che sembra un’indagine folle e insensata.
Già, perché come si può anche solo pensare di indagare su un sogno? Però Teresa sa, anzi, sente dentro di sé che quella fragile, spaurita e coraggiosissima bambina ha affondato le mani in qualcosa di vero, di autentico… E di terribile.”
La sinossi pubblicata da Amazon è accattivante. Invita a leggere questa nuova indagine che vede Teresa Battaglia faccia a faccia con i suoi segreti e le sue paure.
Luce della notte
Subito dopo l’intermezzo del romanzo storico Fiore di roccia l’autrice ritorna al thriller, e lo fa con un romanzo molto più breve dei due precedenti.
E la scrittura di questo nuovo romanzo di sole 176 pagine si compie in pochissimi mesi, forse due o tre.
Come già ho scritto, nel personaggio Teresa Battaglia, Ilaria Tuti nasconde una parte della propria indole, della propria anima.
E in questo romanzo breve, prova a darcene un’ulteriore conferma. C’è il ‘caso’ da risolvere ma nelle pagine del libro traspare soprattutto l’umanità degli uomini e delle donne coinvolte, con tutte le loro quotidiane fragilità ma anche i loro principi morali e personali valori.
Non a caso, credo, nella sinossi del primo romanzo della serie, Fiori sopra l’inferno (che purtroppo non ho ancora letto!), l’autrice fa dire alla sua eroina queste tormentate parole.
“Sono un commissario di polizia specializzato in profiling e ogni giorno cammino sopra l’inferno. Non è la pistola, non è la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il corpo acciaccato dall’età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l’indagine.
Mi chiamo Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e per la prima volta nella vita ho paura.”
Posso affermare che dopo la lettura di Luce della notte, riconosco che il thriller – interessante, coinvolgente, ben scritto – è soprattutto una dolorosa confessione, estremamente umana delle molte fragilità della protagonista.
E forse dell’autrice stessa? Io credo che ci sia qualcosa di vero anche in questa ipotesi.
Le prime righe di Luce della notte
Dal capitolo 1
“Canta e conta, si disse la bambina per allontanare il Buio.
Ma la notte non se ne andò. Le rispose con un lamento a labbra strette che si arrampicava sull’erba accartocciata dalla brina e crepitava sulla pietra del selciato, lungo il portico della casa, fino a raggiungerla e ad aggrovigliarsi al centro della pancia.
La notte fumava di nubi, Chiara le guardava arrotolarsi sulla strada che risaliva la collina, dalle vigne coperte di cristalli fin su, al limitare del giardino. Le sagome degli animali scolpiti nel legno sembravano allungare musi e ali per liberarsi dalla nebbia e trovare un respiro di libertà. Qualche fiocco di neve roteava nell’aria, passatempo di un vento che giocava a nascondino e agitava le piume rosee sulla schiena della bambina.
Chiara sentiva l’umidità attraverso le calze, il calore della lana contro la bocca, l’odore muschiato del gelo, quello del suo respiro, i rintocchi di una campana lontana. E quel mugolio, che, ora capiva, veniva da dentro.
Si voltò un’ultima volta a osservare la casa: la porta era chiusa, come per tenerla fuori, assieme alla paura; l’edera divorava la costruzione fino al camino spento e ricadeva su finestre che riflettevano il visino pallido della bambina come in un gioco di specchi.
Quando tornò a guardare davanti a sé, fili di capelli si allungarono verso l’oscurità, risucchiati da una gola profonda. Il cielo era diventato un gorgo e lacrimava ghiaccio.
Conta,
si disse ancora, il cuore matto.
“Canta e conta, il buio svanirà. Uno. Piccola fata, trema, trema…”
Fu incapace di proseguire. Il numero successivo non saliva alle labbra.
Oltrepassò il cancello. Il peso leggero d’ossa di fanciulla faceva scrocchiare fogliame leggero e neve gelata.
Il boschetto di acacie era rischiarato da luminarie […]
I fili di luci pendevano dai rami rugosi come collane scintillanti dal collo scarno e avvizzito di una vecchia.
Li oltrepassò sfiorandoli. Il vetro delle lampadine tintinnò, l’altalena emise un cigolio. Forse le fate della notte e dell’inverno giocavano a rincorrersi, invisibili.
Chiara fece ancora qualche passo, fino all’ultimo albero prima del grande buio. Appoggiò le dita sul tronco come avrebbe fatto con la guancia di un amico, se ne avesse avuto uno, e restò immobile in mezzo alla natura che il sortilegio dell’inverno aveva addormentato: qualcuno lo aveva ferito, tracciandovi solchi che ne avevano scorticato il fusto.
Il lamento tornò a levarsi, ma questa volta proveniva da fuori, dalle tenebre davanti a lei, che si muovevano masticando con lentezza ombre e foschia.
«Continua, continua… Sei. Vai avanti con coraggio.»
Chiara ricominciò a cantare, senza riuscire a dare un ordine ai numeri, ma una piuma la interruppe sfiorandole il naso.
La guardò appoggiarsi sul sentiero, sporca di sangue. Ciò che la turbò, tuttavia, fu che la terra era smossa, fino a rivelare le radici dell’albero. Doveva ripararle dal freddo.
Si chinò per raccogliere terriccio attorno alle arterie colme di linfa, ma ciò che fece, contro la propria volontà, fu affondare le unghie e scavare.
E più scavava, più le dita si macchiavano di rosso.
“Apro un cuore.”
Non capì il senso di quelle parole, né perché le disse. ma sentì il battito chiamarla attraverso la terra.
Era là sotto. C’era davvero. Un cuore bambino.”
Genesi del romanzo
Luce della notte si inserisce, a sorpresa, fra il primo ed il terzo romanzo legato al commissario Teresa Battaglia.
Nel video Youtube che troverete in fondo all’articolo è la stessa autrice che ci spiega le ragioni di questo insolito meccanismo editoriale.
L’intervista di ‘telefriuli’ realizzata il 21 gennaio 2021, via Skipe, ci offre, oltre alle notizie relative al libro, anche l’occasione per meglio conoscere Ilaria Tuti, come donna, come scrittrice e come friulana innamorata della propria terra.
E anche per chi scrive, aggiunge ulteriori conferme, sulle qualità anche umane di questa donna del nostro tempo.
Non a caso, il libro apre con una frase del poeta libanese Khalil Gibran che recita “Non si può toccare l’alba, se non si sono percorsi i sentieri della notte.”
Parole che sono una splendida sintesi del messaggio profondo che il romanzo si propone di esprimere.
Nelle valutazioni riportate sul sito di Amazon, qualche lettore lamenta che il romanzo appaia piuttosto frettoloso nella sua conclusione. Certamente riconosco che Ilaria Tuti ci abbia abituati negli altri suoi libri ad un ritmo di narrazione diverso.
Ma nella dichiarazione che la stessa autrice fa, sulle motivazioni che portano alla nascita di questo sequel al suo primo romanzo Fiori sopra l’inferno, troviamo la plausibile spiegazione. Nelle sue parole del video citato ci conferma che ‘questo suo nuovo lavoro era nato come un racconto, ma le molte cose che doveva contenere lo hanno reso inevitabilmente un romanzo breve’. Brevità che, a mio parere, niente toglie alla bellezza della storia.
Ancora dalle prime pagine
“Teresa si strinse il giaccone addosso. Il gelo tormentava le ossa. La nebbia era densa, entrava nella testa, confondendola.
La casa sorgeva su una collina, poco sopra le vigne, a ridosso di una boscaglia che, al di là del promontorio, tornava a essere vigneto. Le tenute vinicole si alternavano a paesini di campagna. La natura colmava ogni spazio restante.
La vita umana e ogni sua opera erano luci lontane nel torbido pomeriggio invernale, boe disperse nel biancore che si muoveva sopra ogni cosa come un mare poderoso ma indolente.
Sembrava che il cielo fosse precipitato sulla terra. Le ispirò una citazione.
«Nessun organismo vivente può restare sano a lungo in condizioni di assoluta realtà; si crede che perfino allodole e cavallette sognino.»
«Che significa?»
Marini aveva atteso paziente accanto a lei senza dire una parola, quasi ne condividesse la perplessità.
Teresa si riscosse.
«Sono parole di Shirley Jackson. L’incubo di Hill House.»
«Mmh. Interessante che le sia venuto in mente ora. Come continua?»
«Più o meno così: La Casa sulla Collina, dove non era sanità ma follia, sorgeva in alto, isolata, piena di tenebra; là era stata per ottant’anni, e prometteva di restarvi per altri ottanta… e qualunque cosa vagasse là dentro, vagava in solitudine.» Era incredibile come i ricordi recenti si sgretolassero con facilità e altri più antichi calcificassero come un nuovo scheletro dentro di lei. «Ho amato quel romanzo.»
«Non stento a crederlo.»
La casa davanti a loro li stava attendendo. Le finestre accese di un bagliore soffuso, il camino fumante, il giardino addobbato con luminarie che respingevano le ombre ai confini più lontani del bosco, dove animali intagliati sembravano fungere da ultimi guardiani prima del buio. Un orso, uno scoiattolo, un’aquila in procinto di spiccare il volo. Era uno scenario da fiaba. Eppure.
Marini le sfiorò un gomito
con il proprio. Entrambi tenevano le mani in tasca per cercare un po’ di tepore.
«Sicura di volerlo fare? Era solo un sogno, commissario. Non c’è nulla di vero. Glielo hanno detto.»
La madre di Chiara le aveva spiegato fin da subito che era stato un sogno, sì, ma la donna le era parsa sconvolta. C’è qualcosa di vero, aveva sussurrato al telefono. Sembrava che Chiara avesse assistito a un fatto reale e continuava a tormentarli. Non potevano ignorare il suo turbamento.
Il tremore che correva nella sua voce aveva raggelato Teresa. Quella donna conosceva meglio di chiunque altro la propria figlia. Che cosa poteva spaventarla tanto, se non un dubbio atroce?
Teresa scrutò l’ispettore. Erano passati così pochi giorni dai fatti di Travenì, il loro primo caso assieme.
«Se ti pare inutile, perché sei qui, proprio oggi che cominciano le ferie?»”
Avete appena letto alcuni paragrafi del cap.2, il vero punto di partenza della storia.
E per chi non conosce ancora la serie, Teresa e Marini non sono altri che la sessantenne commissario Teresa Battaglia e l’ispettore Massimo Marini, molto più giovane di lei e suo fedele collaboratore. Una inconsueta, benché efficacissima, coppia di investigatori.
La strana coppia
Siamo al cap. 21, metà del romanzo
“«Non sono svenuta!»
Teresa chiuse il rubinetto e afferrò un asciugamano. Quante volte avrebbe dovuto ripeterlo?
«Guardi che c’ero.» La voce di Marini arrivò attutita al di là della porta del bagno.
Del suo bagno, a casa sua, pensò Teresa, angosciata. Un territorio che si era sempre preoccupata di difendere e custodire, sottraendolo al proprio lavoro. Era uno specchio fin troppo rivelatore. E l’ispettore non sembrava intenzionato ad andarsene.
«È stato solo un mancamento» mormorò, arrabbiata.
Socchiuse la porta e sbirciò. Lo teneva d’occhio da quando lui aveva insistito per entrare. Non lo vide e si preoccupò ancora di più, intento com’era a studiare ogni particolare di lei.
Gettò la siringa d’insulina vuota nel cestino, si pettinò i capelli con la mano e, prima di uscire, si guardò allo specchio.
«Cazzo!»
«L’ho sentita. Non dovrebbe imprecare di continuo.»
«E chi lo dice, tu?»
Teresa spalancò la porta, seguì l’acciottolio dei piatti e lo trovò in cucina, intento a spignattare. C’era una confezione di cibo surgelato sul piano da lavoro e l’olio d’oliva stava sfrigolando in una padella.
«Che stai facendo?»
Marini prese la confezione e l’aprì.
«Come fa a mangiare cose del genere?» Sembrava disgustato.
Lei fece per togliergliela di mano, ma lui fu più svelto e alzò il braccio.
«Pensavo seguisse una dieta rigorosa. Caramelle a parte.»
«Che cosa te lo fa pensare, il mio fìsico?»
«La sua malattia.»
Teresa
decise di lasciar perdere, si sentiva sfinita e voleva solo toglierselo dai piedi. Si versò un bicchiere d’acqua e lo mandò giù in un sorso. Se solo avesse potuto fare la stessa cosa con il guaio che la stava fissando, le maniche della camicia rimboccate e il mestolo in una mano. Riempiva quella stanza – la casa – in un modo che non avrebbe mai potuto comprendere, troppo giovane per aver sperimentato il silenzio in cui lei invece poteva sentire l’eco di ogni gesto, che non includeva mai qualcun altro, quando si chiudeva la porta di casa alle spalle.
Teresa si lasciò cadere su una sedia.
«Adesso te ne puoi andare, ispettore.»
«Sul più bello? No. Come potrei perdermi questi… questi gnocchi ai quattro formaggi pronti in pochi minuti.»
Aveva dovuto leggere la confezione. Rovesciò il contenuto della busta nel tegame e mescolò con vigore.
C era un libro posato sulla sedia accanto a lui. Quando Teresa riconobbe la copertina, balzò in piedi per afferrarlo.
«Se proprio vuoi fermarti, faccio ordine.»
Lui rise.
«Se proprio voglio? Ah be’, grazie per l’invito. Allora mi fermerò, giusto per infastidirla.» […]”
Fragilità e paura
“Nella stanza accanto, Teresa nascose il libro sull’autogestione dell’Alzheimer sotto altri volumi, assicurandosi che passasse inosservato. Diede la caccia ai bigliettini che aveva iniziato a disseminare per casa, come indizi su se stessa, li controllò approvandone la maggior parte, ne fece a pezzetti alcuni e li infilò tra il fogliame delle piante.
Guardò la sua casa, spaesata, chiedendosi se potesse tradirla. Per la prima volta dopo tanto tempo, non la faceva sentire al sicuro. Era una sensazione che aveva provato in passato, per motivi differenti.
Non era autocommiserazione. Teresa aveva paura. Si era trasformata così tante volte per sopravvivere che ormai ricordava a malapena la ragazza che era stata. Eppure quella ragazza inquieta e fiduciosa, selvatica ed errante era ancora dentro di lei, rannicchiata da qualche parte, poteva sentirla ululare nei momenti sereni. «Se sei vivo, hai paura» aveva scritto Clarissa Pinkola Estés, con un invito a sbrogliare la donna d’ossa che ognuna porta dentro di sé, l’aspetto meno bello e più spaventoso perché non convenzionale, eppure autentico, il solo capace di accendere l’anima. Non bisogna temere il buio in cui la rigenerazione che segue la morte ha luogo, è necessario resistere con perseveranza, «perché questa è la promessa della natura selvaggia: dopo l’inverno, viene sempre la primavera».
Teresa era stata capace di resistere? La sua nuova forma era dunque l’unica atta a farla sopravvivere?
Ora il destino le imponeva di mutare ancora lungo il cammino, ma quale sarebbe stato il risultato questa volta? Forse mostruoso. Aveva perso qualcosa a ogni doloroso passaggio, a ogni affondo aveva sganciato un pezzettino d’anima… […]”
Non si può restare indifferenti a drammi umani come quelli che si sprigionano da queste righe.
E Ilaria Tuti le sa raccontare come pochi altri riescono a fare!
Il libro
Romanzo breve, 42 capitoli in 176 pagine, pubblicato da Longanesi, come tutta la recente produzione firmata dalla scrittrice friulana.
E per chiudere permettetemi di riportare alcune righe contenute nel prezioso articolo di Francesca Cingoli pubblicato sul sito ‘www.illibraio.it’ a commento del romanzo (14 gennaio 2021).
“Quello tra l’ispettore Marini e il commissario Battaglia è uno dei connubi più interessanti del genere, una coppia inusuale e piena di spontaneità: i loro sono dialoghi pungenti, battibecchi pieni di ironia e di umanità. È un rapporto accudente, per entrambi: Teresa una madre, insegnante e guida che sostiene e pungola di continuo, l’ispettore un pupillo bisognoso di attenzioni e di riconoscimenti, ma anche protettivo, pronto a intervenire in aiuto, a costo di essere malamente respinto. Entrambi chiusi, gelosi dei propri segreti, degli spettri delle proprie vite. Il loro rapporto aggiunge al thriller una nota emozionata che crea un genere inconsueto.”
Confermo, che anche per me è proprio l’umanissimo rapporto fra Teresa e Massimo la parte più convincente ed empatica, che riesce a regalarci questo piccolo ma bellissimo romanzo.
Grazie a voi per la pazienza!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Luce della notte – Il libro di oggi
- Fiori sopra l’inferno (2018) – il primo grande romanzo di Ilaria Tuti autrice di thriller. ‘Una storia che scuote la mente e il cuore.’
- Video YouTube citato “Ore 7 – Ospite Ilaria Tuti – 22 Gennaio 2021″ L’insolita genesi di Luce della notte nel racconto dell’autrice.
- Video Youtube “Mettersi in gioco: i grandi sabotatori? Noi stessi.” Ilaria Tuti racconta se stessa. Preziosi consigli per aspiranti scrittori!
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