Oggi, grazie al romanzo L’ufficiale e la spia, di Robert Harris la mia recensione cambia genere rispetto agli ultimi titoli.
Come dichiara esplicitamente il titolo si tratta di una spy-story. Ma…
“Questo libro impiega le tecniche del romanzo per raccontare di nuovo la storia vera dell’affare Dreyfus, probabilmente il più grande scandalo politico e il maggior errore giudiziario mai avvenuto, che nell’ultimo decennio dell’Ottocento ossessionò la Francia e in seguito il mondo intero.
La vicenda si verificò solo venticinque anni dopo che la Germania aveva annientato la Francia nella guerra del 1870 e occupato i territori dell’Alsazia e della Lorena, un evento sismico per l’equilibrio delle potenze europee che pose le basi della Prima guerra mondiale.”
Queste parole appartengono alle ‘Note dell’autore’ inserite nelle pagine iniziali del libro. E concludono:
“Nessuno dei personaggi che compaiono nelle pagine seguenti, neanche quelli meno significativi, è interamente frutto d’immaginazione, e quasi tutto ciò che si racconta, almeno in un certo modo, è realmente avvenuto.
Tuttavia è ovvio che per trasporre in forma romanzesca la vicenda sono stato costretto a semplificare, tralasciare completamente alcune figure, adattare e inventare numerosi dettagli personali. In particolare, Georges Picquart non ha mai scritto un memoriale sull’affare Dreyfus, né lo ha depositato nel caveau di una banca a Ginevra dando disposizione che dovesse esservi custodito finché non fosse trascorso un secolo dalla sua morte.
Ma un romanziere ha tutta la libertà di immaginare una realtà diversa.”
Firmato: Robert Harris, il romanziere.
L’affare Dreyfus
Scrive Wikipedia al riguardo: “L’affare Dreyfus fu il maggior conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, scoppiato in Francia sul finire del XIX secolo, che divise il Paese dal 1894 al 1906, a seguito dell’accusa di tradimento e intelligenza con la Germania mossa al capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, il quale era innocente. Il vero responsabile era difatti il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy.”
E’ passato oltre un secolo da questi avvenimenti ma, fin dagli inizi del secolo scorso molto si è scritto su questo tragico errore giudiziario. Nella parte finale del romanzo, l’autore attraverso i ‘ringraziamenti’ cita i numerosi saggi che studiosi di tutto il mondo hanno dedicato a questa vicenda.
Salvo errori ne ho potuti contare almeno una ventina incluso un paio di Diari dello stesso Alfred Dreyfus.
Ma la particolarità del lavoro di Robert Harris sta nell’aver sviluppato il racconto ribaltandone, per la prima volta, completamente la prospettiva.
E la voce narrante è quella di uno dei testimoni fondamentali di questo cosidetto ‘affaire’. E cioè il maggiore Picquart, che conosceremo meglio fra poco.
Segnalo fin da subito che le pagine di Wikipedia Francia dedicate all’argomento sono molto ricche e documentate. In particolare i protagonisti più importanti citati nel romanzo sono rappresentati attraverso fotografie dell’epoca dei fatti. Ecco alcuni link per i più curiosi: vedi ‘Affaire Dreyfus’. Ed anche ‘Marie-Georges Picquard’ e ‘Alfred Dreyfus’. Per coloro con un po’ di dimestichezza con la lingua francese, vale la pena di dare un’occhiata. Eccovi il link.
Il romanzo prende il via
“«Maggiore Picquart. Sono atteso dal ministro della Guerra…»
La sentinella su rue Saint-Dominique esce dalla garitta per aprire il cancello e sotto un turbine di neve attraverso il cortile ventoso per entrare nel caldo atrio dell’hôtel de Brienne, dove un azzimato giovane capitano della Guardia repubblicana si alza per salutarmi. In tono ancora più concitato, ripeto: «Maggiore Picquart. Sono atteso dal ministro della Guerra…!».
Marciamo al passo, il capitano davanti, sul pavimento di marmo bianco e nero della residenza ufficiale del ministro, saliamo la scalinata curva, oltrepassiamo armature d’argento risalenti all’epoca del Re Sole, gli orrendi dipinti del kitsch imperiale, il quadro di David Napoleone attraversa le Alpi al San Bernardo, fino a quando arriviamo al primo piano, dove ci fermiamo davanti a una finestra che dà sul giardino e il capitano si allontana per annunciare il mio arrivo, lasciandomi solo per qualche istante a contemplare una scena rara e incantevole: il giardino innevato avvolto dal silenzio nel pieno centro di una città, una mattina d’inverno. Perfino le luci elettriche giallognole del ministero della Guerra, che brillano tra gli alberi diafani, hanno un che di magico.
«Il generale Mercier l’aspetta, maggiore.»
L’ufficio del ministro è enorme, elegantemente tappezzato d’un tenue verdazzurro, con un doppio balcone che si affaccia sul giardino imbiancato. Due uomini attempati in uniforme nera, gli ufficiali più alti in grado del ministero della Guerra, sono in piedi di spalle davanti al camino acceso.
Uno è il generale Raoul le Mouton de Boisdeffre, capo di stato maggiore, esperto di affari russi, artefice della nostra sempre più stretta alleanza con il nuovo zar; ha trascorso così tanto tempo presso la corte imperiale che sembra ormai un conte russo dai baffi impomatati.”
Come una sceneggiatura da film
Pur trattandosi di una storia vera, che è stata per decadi oggetto di saggi sulla portata storica di questo grave errore giudiziario, l’autore la trasforma subito in una cosa diversa.
Lo stile della narrazione, il realismo della descrizione umana e politica dei personaggi di primo piano sembrano appartenere alla crudezza di una impietosa rappresentazione cinematografica.
Forse anche per questo il regista Roman Polanski, fin dal 2013 – anno della prima pubblicazione del romanzo – ha deciso di farne un film. Risulterebbe addirittura che il precedente sodalizio fra il regista e lo scrittore, abbia indotto Robert Harris a scrivere L’ufficiale e la spia proprio a motivo dell’interesse di Polanski verso l’affare Dreyfus.
E sicuramente ne ha condizionato lo stile di scrittura adottato da Harris. Scrittura ricca di dialoghi che rivelano in profondità la natura dei personaggi.
Il film già presentato con successo all’ultima edizione del Festival di Venezia (76ª – settembre 2019) sarà presto anche nelle sale italiane (21 novembre 2019).
Il titolo originale francese del film, J’accuse, nell’edizione italiana ha ripreso anche il titolo del romanzo e cioè L’ufficiale e la spia. (An Officer and a Spy).
Come nella precedente collaborazione fra Harris e Polanski (The Ghost Writer – 2007, romanzo / L’uomo nell’ombra – 2010, film) scrittore e regista ne hanno curato insieme la sceneggiatura.
Continuando dal primo capitolo
“L’altro, sulla sessantina o poco più, è il suo superiore: il ministro della Guerra in persona, il generale Auguste Mercier.
Avanzo a passo marziale sul tappeto fino al centro della stanza e faccio il saluto militare. Mercier ha un viso stranamente corrugato e immobile, come una maschera di cuoio. A momenti ho la strana impressione che a guardarmi attraverso gli occhi stretti a fessura sia qualcun altro. Mi dice a voce bassa: «Allora, maggiore Picquart, non c’è voluto molto. A che ora è terminata?».
«Mezz’ora fa, generale.»
«È davvero tutto finito?»
Annuisco. «È finito.»
E così tutto ha inizio.
«Venga, si accomodi davanti al caminetto» ordina il ministro. Parla con voce sommessa, come di consueto. Mi indica una sedia dorata. «L’accosti. Si tolga il cappotto e ci racconti tutto.»
Si siede composto sul bordo della poltrona, ansioso, il corpo proteso in avanti, le mani intrecciate, gli avambracci sulle ginocchia. Il protocollo gli ha impedito di presenziare allo spettacolo di questa mattina. È come un impresario che si è perso il suo stesso show. Smania di conoscere i particolari: opinioni, osservazioni, atmosfera.
«Tanto per cominciare, che clima si respirava per le strade?»
«Direi… di grande aspettativa.»
Comincio dal momento in cui sono uscito di casa, prima dell’alba, quando era ancora buio, per recarmi all’École Militaire; le strade, almeno all’inizio, erano insolitamente tranquille, per un sabato… «Il sabato ebraico» mi interrompe Mercier, con un sorriso appena accennato, gelido. In realtà, anche se non ne faccio cenno, mentre percorrevo il lugubre lastricato di rue Boissière e di avenue du Trocadéro avevo cominciato a chiedermi se la grande rappresentazione allestita dal ministro potesse rivelarsi un fiasco.
Ma una volta arrivato al pont de l’Alma, e dopo aver visto la folla indistinta che si riversava… […]
La vicenda (secondo la presentazione di R. Harris)
“In una fredda mattina di gennaio del 1895, nel cortile dell’École Militaire nel cuore di Parigi, Georges Picquart, ufficiale dell’esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta al capitano Alfred Dreyfus, ebreo, accusato di avere passato informazioni segrete ai tedeschi.
In piazza ventimila persone urlano: “Traditore! A morte gli ebrei!”.
Picquart, patriota integerrimo, scapolo quarantenne, intellettuale e moderatamente antisemita, con un’amante sposata a un funzionario del ministero degli Esteri, non ha alcun dubbio: Dreyfus è colpevole.
Il condannato viene trattato in modo disumano e confinato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese, dove l’unica forma di sollievo alla sua angoscia e alla solitudine è scrivere accorate lettere alla moglie lontana. La faccenda sembra archiviata.
Picquart, ora promosso capo della Sezione di statistica – l’unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus –, si accorge però, dopo il ritrovamento di un petit bleu, che qualcuno sta ancora passando documenti segreti al nemico.
Forse Dreyfus è innocente ed è stato incastrato proprio dagli uomini con cui lui sta lavorando? Questa possibilità getta Picquart nello sconforto e, determinato a scoprire la verità, diventa a sua volta personaggio assai scomodo per i suoi superiori. L’ufficiale e la spia si ritrovano così entrambi a dover difendere il proprio onore.
In questo straordinario romanzo, Robert Harris racconta l’affaire Dreyfus da una prospettiva completamente inedita, quella di Picquart, voce narrante e personaggio finora poco conosciuto della nota vicenda.
L’ufficiale e la spia non è dunque solo l’appassionante e impeccabile ricostruzione dello scandalo giudiziario più famoso di tutti i tempi, che ossessionò la Parigi della Belle Époque e il mondo intero, ma anche una storia fatta di occultamento di prove, delatori e spie fuori controllo, caccia alle streghe e giustizia corrotta dagli inquietanti risvolti contemporanei.”
Grande originalità del libro
L’ufficiale e la spia (2013) viene pubblicato in Italia da Mondadori nel 2014. Corposo volume di 437 pagine si avvale della traduzione di Giuseppe Costigliola.
La sintesi riportata sulla parte posteriore della copertina italiana del romanzo dichiara lo spirito che ha ispirato questa visione così inconsueta rispetto alla tradizionale versione storica.
“Mentirono per proteggere il loro paese. Disse la verità per salvarlo.”
Siamo sempre all’inizio della storia. L’umiliante degradazione pubblica di Alfred Dreyfus è avvenuta. La sentenza è stata comminata. L’uomo è stato annientato. Il maggiore Picquart ha finito il suo resoconto sulla ‘cerimonia’ a cui ha assistito.
Ecco, dal romanzo, un brano della probabile conversazione nelle alte sfere militari. Come sempre è Picquart la voce narrante nel libro.
“Termino il mio resoconto. Nell’ufficio del ministro cala il silenzio, si ode solo il crepitio del fuoco.
«Mi spiace solo» osserva Mercier alla fine «che il traditore rimanga in vita. Lo dico più che altro per lui. Che razza di esistenza gli rimane? Giustiziarlo sarebbe stato un atto di clemenza. Per questo volevo che la Camera dei Deputati ripristinasse la pena di morte per il reato di alto tradimento.»
Boisdeffre annuisce ossequioso. «Ha fatto del suo meglio, signor ministro.» Con uno scricchiolio delle ginocchia, Mercier si alza in piedi. Si dirige verso un grosso mappamondo, montato su un supporto dietro la scrivania, e mi fa cenno di avvicinarmi. Inforca un paio di occhiali e scruta la Terra, come una divinità miope.
«Devo spedirlo in un posto dove non possa parlare con nessuno. Non voglio che faccia trapelare altri messaggi proditori. E, cosa altrettanto importante, nessuno deve comunicare con lui.»
Condanna senza appello
Con gesto sorprendentemente delicato il ministro poggia la mano sull’emisfero settentrionale e con un lieve tocco fa ruotare il mappamondo. L’Atlantico scivola via. Ferma la sfera e indica un punto sulla costa del Sud America, a settemila chilometri da Parigi. Mi guarda e inarca un sopracciglio, invitandomi a indovinare.
«La colonia penale della Caienna?» suggerisco.
«Da quelle parti, ma più sicura.» Si china e picchietta sul globo. «L’Isola del Diavolo: quindici chilometri al largo. Il mare che la circonda è infestato dagli squali. Le onde enormi e le forti correnti rendono difficoltoso persino sbarcarvi.»
«Credevo che quel posto fosse stato chiuso anni fa.»
«Infatti. Gli ultimi abitanti erano una colonia di detenuti lebbrosi. Dovrò chiedere l’approvazione della Camera, ma stavolta la otterrò. L’isola sarà riaperta appositamente per Dreyfus. Be’, che ne pensa?»
La mia prima reazione è di sorpresa. Mercier, sposato con un’inglese, è noto come repubblicano e libero pensatore – non va a messa, per esempio –, qualità che ammiro. Eppure, malgrado ciò, in lui alberga qualcosa del gesuita fanatico. “L’Isola del Diavolo?” penso. “Siamo alle soglie del ventesimo secolo, non del diciottesimo…”
«Dunque?» ripete. «Cosa gliene pare?»
«Non è una bazzecola…» Scelgo con cura la parola, cercando di usare tatto: «Dumas?».
«Dumas? Che intende con Dumas?»
«Sembra una punizione da romanzo storico. Mi ricorda “L’uomo dalla maschera di ferro”. Dreyfus potrebbe passare alla cronaca come “L’uomo dell’Isola del Diavolo”. In tal modo diverrebbe il prigioniero più celebre al mondo…»
«Proprio così!» strilla Mercier, battendosi una mano sulla coscia in una rara manifestazione di entusiasmo. «È esattamente quello che voglio. Colpirà la fantasia della gente.»
Mi inchino alla sua superiore capacità di giudizio politico, ma non posso fare a meno di chiedermi cosa c’entri la gente in questa faccenda. […]
Concludendo
Sulla capacità di coinvolgimento del romanzo secondo l’interessante prospettiva scelta dal romanziere si potrebbe dire molto di più. Ma, a questo punto mi limito a suggerire la lettura di questa toccante e realistica ricostruzione che mi ha letteralmente trascinato all’interno di questa incredibile vicenda.
Ve ne potrete fare un’idea diretta e sono certo che L’ufficiale e la spia piacerà a molti perché Harris è un vero maestro nel suo genere.
Robert Harris mi è piaciuto molto. Grande storico e altrettanto grande narratore.
La sua produzione letteraria è decisamente molto ricca e variegata. Inserisco qui il link alla pagina di Wikipedia che potrà offrirvi una sintetica ma completa rassegna dei suoi lavori. Grazie!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- L’ufficiale e la spia (2013) – Il libro di oggi
- Fatherland (1992) – Il romanzo che ha reso famoso Robert Harris
- Enigma (1996) – Il suo secondo grande successo editoriale. Poi un film nel 2001.
- Video “Robert Harris racconta L’ufficiale e la spia in 30 secondi.”
5.Video “Presentazione con commento del film ‘J’accuse’ tratto dal romanzo”. Interessante anticipazione!
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