Ho deciso di parlarvi di Sipario veneziano di Maria Luisa Minarelli dopo soli cinque mesi dalla recensione di Scarlatto veneziano, il primo romanzo della saga.
E ciò in quanto, sorprendentemente, fra i visitatori di questo blog, questa recensione di gennaio 2019 corrisponde ad uno dei romanzi che ha ricevuto un numero particolarmente elevato di visualizzazioni. E continua a riscuotere l’attenzione di tanti.
Come ho scritto nel mio precedente articolo ho letto i quattro romanzi della serie in una sequenza assolutamente casuale. Ma i contenuti di ogni libro e l’abilità narrativa dell’autrice non mi hanno impedito di apprezzarli anche come opere singole.
Anche se, confermando quanto scritto in gennaio, considero Sipario veneziano il più intrigante e forse il meglio riuscito della bella tetralogia della scrittrice milanese.
Sipario veneziano
Vediamolo quindi immediatamente.
Con le sue 284 pagine Sipario veneziano esce nell’ottobre 2016 a cura di Amazon Publishing. Terzo volume della serie dedicata alla Venezia del 1700, Sipario veneziano segue a breve distanza i due volumi precedenti.
Scarlatto veneziano viene infatti pubblicato nel dicembre 2015 ed il secondo volume dal titolo Oro veneziano vede la luce solo pochi mesi prima del terzo, cioè nell’agosto del 2016.
L’intera saga ha come sotto-titolo “Le indagini di Marco Pisani avogadore a Venezia”. Nella Venezia del 1753 per la precisione.
Una breve occhiata alla sinossi del libro.
“La vigilia dell’Ascensione del 1753 il teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia ospita la prima dell’opera del celebre compositore Matteo Velluti.
A esibirsi saranno, tra gli altri, l’evirato cantore Lorenzo Baffo, detto il Muranello, e la bella Angela Fusetti.
Dietro le quinte però c’è grande agitazione: Momo, il factotum gobbo del teatro, è scomparso. E quando Marco Pisani, che assiste allo spettacolo insieme al dottor Valentini e a Daniele Zen, si reca a casa di Momo, lo trova a terra, esanime.
Potrebbe essere morte naturale, ma qualcosa non convince l’avogadore e i suoi amici. Prima di tutto, Momo non era malformato come tutti credevano: la sua finta gobba, munita di cinghie, giace infatti su una sedia.
Sarà l’autopsia a rivelare che l’ambiguo factotum è morto avvelenato. E non solo. Momo era anche castrato.
In una Venezia in piena festa della Sensa, tra palcoscenici e costumi fastosi, sedicenti maghi e alchimisti, donne di malaffare, soprani, sopranisti e musicisti, Marco Pisani si trova coinvolto in un’indagine complessa, in un rebus senza soluzione apparente, che dalla sua città bella e decadente lo porterà a cavalcare fino a Bologna, per una soluzione inaspettata che si trasformerà in un atto di giustizia.
Occhieggiando tra le pagine del romanzo
Sipario veneziano comincia così.
“I richiami profondi degli oboi si mescolavano ai trilli dei violini, un suonatore di cembalo ripeteva un’unica nota, dai flauti usciva una melodia celeste, mentre una tromba solitaria provava accordi di basso.
Nel golfo mistico ai piedi del proscenio l’orchestra del teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia provava gli strumenti prima della rappresentazione che avrebbe inaugurato la breve stagione lirica di primavera alla vigilia della festa dell’Ascensione, detta la Sensa.
Il pubblico affluiva lentamente nella sala con un brusio simile a quello di un alveare operoso. I cinque ordini di palchi, separati tra loro da cariatidi che spiccavano su un fondo di fogliame dorato, si andavano affollando di signore scollate e ingioiellate, avvolte in abiti lussuosi dalle amplissime gonne, e di gentiluomini in parrucca bianca, velada ricamata e calze di seta.
In platea invece gli abiti scuri maschili e le gonne alla caviglia delle donne rivelavano la loro appartenenza a un ceto modesto di artigiani, arsenalotti, gondolieri. «Questa sera ci sarà il pienone» osservò Marco Pisani protendendosi dal parapetto di damasco del terzo palco di proscenio, a destra del palcoscenico. «È naturale» commentò Daniele Zen in piedi vicino all’amico. «Un’occasione così capita di rado.
Il ladro di Bagdad è la terza opera di Matteo Velluti con soggetto tratto dalle novelle delle Mille e una notte. Le altre due sono stati successi clamorosi, e questa volta Velluti è riuscito ad avere come interprete il sopranista Muranello. Un’abbinata del genere promette uno spettacolo eccezionale.»”
I protagonisti ricorrenti
Benché siamo al terzo romanzo della saga, l’autrice presenta immediatamente i protagonisti principali. E ciò permettere una agevole comprensione dell’intera storia come se ci trovassimo di fronte ad un romanzo singolo.
Ecco dunque i protagonisti principali, descritto attraverso le parole del libro.
Cominciamo dal gruppo dei personaggi ricorrenti nell’intera serie. Marco Pisani, avogadore, e il suo amico e collaboratore Daniele Zen avvocato.
“[…] In effetti i due uomini erano fra i partiti più appetibili di Venezia: Marco, secondogenito dei ricchissimi Pisani di San Tomà, era uno dei tre avogadori della Serenissima, i magistrati che istruivano i processi importanti e dirigevano le indagini, e Daniele, che si divertiva ad aiutarlo, era uno dei più noti avvocati della città.
Dalla porta del palco aperta sul corridoio arrivava il tramestio dei camerieri che approntavano le tavole per il rinfresco, ma si udivano anche i colpi di martello degli operai dietro le quinte che davano gli ultimi ritocchi alle scene e i loro rauchi richiami. «Attento, Zuani, cala adagio!» diceva una voce. «No! Non lasciare andare, se no si rompe tutto!» rispondeva un’altra. Il brusio della folla che continuava ad affluire si era fatto più intenso. […]”
Chiara Renier, donna d’affari e veggente, fidanzata di Marco e Costanza Garzoni, fidanzata di Daniele.
“[…] Chiara, promessa sposa di Marco, era la padrona di una piccola ma raffinata tessitura di seta, e Costanza, che Daniele aveva preso a frequentare solo pochi mesi prima, dopo averla amata segretamente per anni, aiutava Chiara nella contabilità e nella gestione della clientela.
Il giorno dopo si sarebbe aperta in piazza San Marco l’annuale fiera internazionale della Sensa, dove Chiara aveva sempre un piccolo padiglione, e le due giovani donne stavano ancora lavorando all’allestimento. […]”
I cantanti d’opera
Adriana Fusetti, soprano.
“[…] A correre in direzione del camerino della primadonna Adriana Fusetti, celebre soprano, furono la sua giovane cameriera, che si era incantata a guardare il lavoro delle maestranze e gli occhi di un bel carpentiere biondo, e l’impresario dello spettacolo Antonio Bianconi, che da giorni viveva sulle spine.
Il camerino era affollato come un salotto. Intorno alla bella Fusetti, che ancora in vestaglia di seta si torceva le mani adagiata su una poltrona, si accalcavano il conte Sanvitali, suo protettore, bell’uomo di statura imponente, e la madre Giovanna.
Il cagnetto di Adriana, spaventato dalla confusione, correva avanti e indietro uggiolando. «Avevo ordinato di stringerlo!» recriminava il soprano. «L’avevo lasciato proprio qui, dove vanno i vestiti da riportare in sartoria… E invece è ancora come prima!»
«Su, su, bambina, rimedieremo…» la consolava sua madre. E il conte aggiunse: «Tu sei bella anche con uno straccetto addosso». […]”
Lorenzo Baffo, detto il Muranello, sopranista
“[…] Rassegnato, Bianconi varcò la soglia del camerino di Lorenzo Baffo, detto il Muranello perché nativo di Murano, uno dei più celebri sopranisti del tempo. Lorenzo sedeva con sguardo corrucciato allo specchio, davanti al tavolo di toeletta ingombro di vasetti di pomate, mentre un parrucchiere gli andava acconciando le chiome.
Era un bellissimo giovane, dai lineamenti delicati e slanciato di membra, già abbigliato nel ricco costume orientale; in quel momento sembrava sul punto di piangere.
«Venga, Bianconi. Guardi qua: nessuno ha riordinato il mio camerino dopo la prova generale di ieri, e io ora dovrei truccarmi in mezzo a questa baraonda…» […]”
La vittima
Gerolamo Panetti, detto Momo, factotum del teatro.
” […] «Ma tu come sei entrato da Momo? Hai trovato la porta aperta?» lo interrogò Marco.
Rinuccio sospirò. «Non è stato facile. Vede, eccellenza, sapevo dove abitava. Al primo piano, salendo quella scala.» E indicò un androne buio sulla destra. «Dal pianerottolo ho bussato a lungo alla porta, che sembrava chiusa regolarmente, ho chiamato… Nessuno mi ha risposto.
Ma, alzando la lanterna, ho notato che la spranga penetrava per pochi millimetri nello stipite, come se qualcuno avesse tentato di aprire con la chiave senza riuscire ad arrivare in fondo. Avevo in tasca un coltellino. Non so se ho fatto bene…»
Il ragazzetto esitò abbassando gli occhi. «Continua» lo incoraggiò Pisani.
«Ho insinuato il coltellino nella fessura, sono riuscito a far rientrare il chiavistello e ho spinto la porta. Ma questa faceva resistenza, come se ci fosse qualcosa che ne impediva l’apertura.» «Va’ avanti.»
Il ragazzo si passò una mano sugli occhi come a respingere il ricordo. Rivivere quell’avventura lo emozionava. «Alla fine la porta si è aperta, e ho visto una cosa orribile, mi sono spaventato: il povero Momo era sdraiato a terra, era il suo corpo a impedirmi di entrare.
Era in camicia da notte. Aveva gli occhi sbarrati e stringeva ancora in mano la chiave. Ho accostato di nuovo la porta e sono tornato subito al teatro. Mi tremavano le gambe!»
Grimani posò una mano sulla spalla del ragazzo in un gesto di conforto. «Non ci resta che andare a vedere» concluse. «Povero Momo! Per tutta la vita si è dovuto trascinare quella orrenda gobba… E ora, morire così!» […]”
Grazie a questi estratti, anche ai lettori che non abbiano esperienza di altri libri dell’autrice, la sua prosa può apparire qui in tutta la sua efficacia descrittiva.
La Venezia storica della Minarelli
La ricostruzione storica operata dall’autrice merita un’attenzione particolare. Per questo motivo, a parziale integrazione di quanto già annotato nella recensione di Scarlatto veneziano, riporto qui alcune note inserite al termine del romanzo.
“[…] Di piazze ce n’è una sola, piazza San Marco. Le altre sono tutte campi o campielli, così detti perché nei primi secoli venivano utilizzati per coltivare ortaggi, oppure, se appaiono leggermente rialzati, come camposanti.
Il termine Ca’ indica un palazzo, spesso anche sfarzoso, segno della modestia dell’aristocrazia veneziana, che non annoverava conti o duchi di nomina regia, ma, trattandosi da sempre di una repubblica, solo patrizi.
L’Istituto di Anatomopatologia, situato in campo San Giacomo, è completamente scomparso lasciando posto a un edificio moderno. Rimangono solo alcune sommarie descrizioni.
Tuttavia Venezia, a differenza di quasi tutte le altre città antiche, è mutata molto poco. Al posto del teatro San Giovanni Grisostomo oggi sorge il Malibran. Dell’edificio scomparso rimangono dipinti e stampe, come esistono incisioni e descrizioni delle macchine teatrali.
Nel 1753 la fiera della Sensa non era ancora stata rinnovata, e i padiglioni erano raggruppati intorno a due passaggi principali. La Sala dei Banchetti del doge si trova nel palazzo del Patriarca, che all’epoca era annesso al Palazzo Ducale.
I negozi decritti alle Mercerie sono esattamente quelli del Settecento. La Dogana di Mestre è stata ricostruita sulla base di stampe e cronache dell’epoca. In campo San Polo il rio Sant’Antonio, che passava davanti a palazzo Soranzo, è stato interrato.
In San Simeone Piccolo il cimitero sotterraneo, l’unico di Venezia, esiste ancora, ma è chiuso al pubblico. È stato ricostruito sulla base di foto e descrizioni degli studiosi che l’hanno visitato. […]”
Il teatro della vita
Prima di concludere, ecco una piccola chicca letteraria offerta da una delle pagine di Sipario veneziano.
Siamo al capitolo 10 dei 24 capitoli dell’intero romanzo.
” […] Davanti agli occhi di Marco si dispiegava il teatro vero, quello della vita di tutti i giorni, i cui protagonisti girovagavano per il grande palcoscenico della città chiusi nel loro mistero.
Quel vecchio prete allampanato, per esempio, correva ad assistere un’anima in pena o si recava in una casa nobiliare a sollecitare donazioni e prebende? E quel signore attempato che l’abito scuro rivelava essere un impiegato, fermo davanti all’esposizione di scarpette di raso di un calzolaio, sognava di comperarne un paio per sua moglie o dentro di sé esecrava il capriccio della moda che corrompeva le donne?
Un urto violento lo distrasse dai suoi pensieri e si trovò fra le braccia una giovane signora coperta da una bautta da cui spuntava un’elegante gonna di seta frusciante.
«Oh, mi scusi» esclamò una voce raffinata. «Non l’ho vista per tempo, sa, con questi impicci!» E un paio di grandi occhi verdi lo fissarono attraverso i fori della larva.
Marco si sciolse dall’abbraccio e stava per andarsene quando una mano ingioiellata gli si posò su un braccio.
«Perché tanta fretta?» continuò la voce. «Io non so chi è lei, lei non sa chi sono io. Perché non beviamo insieme una bottiglia di Malvasia? E poi, chissà…» Non era il genere di situazioni che lo avesse mai attirato.
Ora poi c’era Chiara… «Ha sbagliato persona» rispose lui con gentilezza. E riprese il cammino meditando sulla licenza dei costumi che l’uso della maschera incoraggiava. […]”
Le mie impressioni di lettore
Al termine della lettura di Sipario veneziano non posso che confermare il piacere che mi ha suscitato questa ulteriore opera della scrittrice. Bolognese per nascita ma che vive a Milano e che intesse il proprio lavoro nell’affascinante atmosfera di Venezia, la Minarelli è un ottimo esempio della qualità di una certa scrittura italiana contemporanea.
Interessante la parte dedicata al mondo del teatro di quel periodo e delle sue, talvolta per noi quasi incredibili, peculiarità.
Le righe dedicate ad illustrare le connotazioni umane e sociali dei cantanti d’opera, ed i particolari intrecci che muovono questo insolito thriller sono l’evidente risultato di un accurato lavoro che supera ampiamente lo scopo di una fiction.
Ne sono testimonianza alcune ulteriori annotazioni in calce del romanzo. Ne cito una fra le più rilevanti ed è un doveroso ringraziamento dedicato a “…Irene Pacchierotti. Che a suo tempo mi permise di consultare la documentazione del suo antenato, il celebre sopranista Gaspare Pacchierotti, sulla vita e gli studi dei cantanti castrati.”
Ed infine anche la componente poliziesca del Sipario veneziano risulta costruita con maggiore efficacia rispetto agli altri tre romanzi della serie.
Quindi, a mio parere, ancora un bel libro da gustare e da raccomandare.
Della stessa autrice
Scarlatto veneziano recensito il 2 gennaio 2019
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Sipario veneziano (2016) – il libro di oggi
- Oro veneziano (2016) – il secondo romanzo della serie
- Crociata veneziana (2018) – il quarto romanzo della serie
- La congiura dei veleni (2019) – Marco Pisani ed i suoi amici in una nuova serie
(pubblicazione prevista il 25 giugno 2019)
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