Valérie Perrin ed il suo primo romanzo, Il quaderno dell’amore perduto, sono l’oggetto della mia recensione che conclude il 2021.
Scoprire questa bravissima scrittrice francese è stata una delle cose più fortunate di questo mio percorso di lettore insaziabile.
E vorrei, come mio regalo di ‘Buone Feste’, suggerire a molti di voi questa stessa opportunità!
Il romanzo di esordio della Perrin (classe 1967) viene pubblicato in Francia nel 2015 e poi tradotto nella nostra lingua l’anno successivo (2016). Il titolo originale Les Oubliés du dimanche (I dimenticati della domenica) diventa, per scelta dell’ editore italiano Il quaderno dell’amore perduto.
Il libro è, da subito, un grande successo editoriale vincitore di ben 13 premi ed un numero sempre crescente di lettori entusiasti in Francia e nel mondo.
Il contenuto del libro
Conosciamolo attraverso la sinossi.
“La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l’una uguale all’altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly – un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia – e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo.
Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un’esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza.
Per Justine, salvare quei ricordi – quell’amore – dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l’amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d’impugnare la penna per scrivere il proprio destino?
Una storia delicata e commovente, un’autrice capace di descrivere con efficacia e tenerezza ogni sfaccettatura dei sentimenti: sono questi gli elementi che hanno conquistato la critica e che rendono Il quaderno dell’amore perduto un romanzo destinato a restare a lungo nel cuore di tutti i lettori che credono nel potere dei ricordi e dell’amore.”
Dopo la piacevolissima lettura delle 310 pagine del romanzo, e mentre mi preparavo alla stesura di questa recensione, ho rovistato fra le pagine del web alla ricerca di notizie che completassero la mia ulteriore conoscenza dell’autrice e dei suoi propositi narrativi.
Il materiale al riguardo che ho potuto trovare mi ha fatto, se possibile, apprezzare anche di più la personalità di Valérie Perrin e dei piccoli segreti nascosti fra le righe di questa bellissima narrazione.
Eccone qualcuno.
A proposito del titolo
Il titolo originale, scelto di mutuo accordo fra l’autrice e l’editore francese ‘Albin Michel’ è, come già segnalato, Les Oubliés du dimanche.
Il proposito è evidentemente, in questo caso, quello di sottolineare l’importanza che il romanzo attribuisce agli anziani ospiti della Casa di Riposo, in cui opera Justine, la giovane protagonista del libro. Ed in particolare a quella parte di loro (i ‘dimenticati’ appunto) che non ricevono visite di famigliari, e vivono quindi una sorta di permanente abbandono.
L’editore italiano mette invece l’accento, intitolando il romanzo Il quaderno dell’amore perduto sulla tragedia sentimentale dell’anziana Héléne per la quale Justine sente una fortissima empatia umana. Al punto di dedicare gran parte del proprio tempo ad ascoltarne i ricordi e trascriverli sul quaderno.
Ma si può quasi affermare che il romanzo della Perrin è così intenso e ricco di spunti che molti editori non francofoni adeguano il titolo del romanzo al pubblico del proprio paese, anche con altri titoli che ritengono più affini alla sensibilità tipica dei loro lettori.
Ne è un ulteriore esempio l’edizione in lingua tedesca che ha scelto per il romanzo il titolo Die Dame mit dem blauen Koffer (La signora dalla valigia blu).
Valigia blu che ha un significativo ruolo all’interno della nostra storia.
Ed è la stessa autrice che dichiara serenamente di aver lasciato, ben volentieri, agli editori dei vari Paesi la facoltà di scegliere il titolo che ritengono più adatto ed attraente per la propria platea di lettori.
La prima pagina de Il quaderno dell’amore perduto
Il romanzo si apre con una frase di grande saggezza che suona così.
” «Essere vecchi non è che essere giovani da più tempo degli altri.» Philippe Geluck”
E poi c’è il brevissimo ‘capitolo 1’ che è di fatto l’introduzione al contenuto cardine di tutto il romanzo. Ecco cosa ci sta scritto.
“Sono andata a comprare un quaderno da pére Prost. Ne ho scelto uno azzurro. Non avevo voglia di scrivere il Romanzo di Hélène sul computer, perché intendo portarmelo appresso, nella tasca del camice.
Sono tornata a casa e sulla copertina ho scritto: La donna della spiaggia. Poi, sulla prima pagina:
‘Hélène Hel è nata due volte. Il 20 aprile 1917 a Clermain, in Borgogna, e il giorno in cui, nel 1933, poco prima dell’estate, ha incontrato Lucien Perrin.’
Poi ho infilato il quaderno tra il materasso e la rete del letto, come nei vecchi film in bianco e nero del Cinema di mezzanotte che il nonno guarda la domenica sera.
Infine sono andata a lavorare, perché ero di turno.”
Si conclude così. Sintetico e incisivo. Come una dedica.
E’ Justine che parla. La protagonista del romanzo.
Ecco invece il capitolo 2
“Mi chiamo Justine Neige. Ho ventun anni. Lavoro da tre anni alla casa di riposo Le Ortensie. Faccio l’aiuto infermiera. In genere, le case di riposo hanno nomi di alberi, tipo I Tigli o I Castagni, ma quella in cui lavoro io è stata costruita accanto a una macchia di ortensie. Per cui nessuno ha pensato agli alberi, anche se l’edificio sorge ai margini di un bosco.
Amo due cose: la musica e la terza età. Più o meno un sabato su tre vado a ballare al Paradis, che dista una trentina di chilometri dalle Ortensie. Il mio «Paradiso» è un cubo di cemento armato, buttato in mezzo a un prato, con un parcheggio di fortuna dove a volte, intorno alle cinque del mattino, infilo la lingua impastata di alcol nella bocca di qualche esponente del sesso opposto.
Ovviamente amo anche mio fratello Jules (che in realtà è mio cugino) e i miei nonni paterni. Jules è l’unico giovane che io abbia avuto accanto, a casa, durante la mia infanzia. Sono cresciuta con la terza età. Ho saltato una casella.
Divido la mia vita in tre: di giorno mi prendo cura degli anziani, di notte leggo con la loro voce e il sabato sera ballo per recuperare un briciolo di quella spensieratezza che la seconda età mi ha portato via nel 1996.
La seconda età, ovvero quella dei miei genitori e dei genitori di Jules. Che hanno avuto la pessima idea di morire in un incidente stradale, tutti e quattro, una domenica mattina. Ho visto l’articolo che la nonna ha ritagliato dal giornale. Non l’ha fatto perché lo trovassi, anzi, ho dovuto frugare per scovarlo. C’era anche la foto dell’auto.
A causa loro, Jules e io
abbiamo trascorso tutte le domeniche nel cimitero del paese a mettere fiori freschi su una grande tomba su cui campeggiano, incorniciate da due angioletti, le foto delle nozze di mio padre e di mio zio. Una sposa è bionda, l’altra mora. La mora è mia madre, la bionda è la madre di Jules. Nelle foto, lo sposo della bionda e quello della mora sono la stessa persona. Stesso abito, stessa cravatta e stesso sorriso. Mio padre e mio zio erano gemelli. Com’è possibile che lo stesso uomo si sia innamorato di due donne diverse? E com’è possibile che due donne amassero lo stesso uomo? Me lo chiedo ogni volta che varco i cancelli del cimitero. Ma nessuno può rispondere. Forse è per questo che ho perso la mia spensieratezza: perché mi mancano le risposte di Christian, Sandrine, Alain e Annette Neige.
Al cimitero, i morti da più tempo riposano nella terra, mentre quelli più recenti sono stipati in angusti scomparti, un po’ scentrati. Come se fossero arrivati in ritardo. La mia famiglia riposa in cima al paese. A cinquecento metri dalla casa dei nonni.
Il mio paese si chiama Milly e ha circa quattrocento abitanti. Per trovarlo sulla carta geografica serve una lente d’ingrandimento. C’è una strada su cui si affacciano i negozi, rue Jean-Jaurès. Al centro, ci sono una chiesetta romanica e, davanti, una piazza. Quanto ai negozi, a parte quello di pére Prost, ci sono un’agenzia di scommesse e un’officina. Il parrucchiere ha chiuso l’anno scorso perché era stufo di fare soltanto tinte e messe in piega. I negozi di abbigliamento e i fioristi sono stati rimpiazzati da banche e da un laboratorio di analisi. Negli altri casi, le vetrine sono state coperte da fogli di giornale; […]”
Qualche notizia biografica sull’autrice
Valérie Perrin (54 anni) nasce in Francia a Remiremont ed è oggi un’affermata autrice di romanzi.
L’infanzia non è proprio facile e lascia gli studi all’inizio de Liceo, trasferendosi ben presto a Parigi poi a Trouville-sur-Mer in Normandia.
Nel 2006 l’incontro con il regista Claude Lelouch le apre una carriera nel mondo del cinema. Ma la sua notorietà presso il grande pubblico inizia con il suo primo libro, Les Oubliés du dimanche appunto, grazie anche ai numerosi premi attribuiti a questo magnifico romanzo d’esordio.
Stesso grande successo riceve il suo secondo lavoro letterario Changer l’eau des fleurs (Cambiare l’acqua ai fiori).
Dichiara la giuria del premio di maggior prestigio e cioè il Prix Maison de la Presse 2018 (Premio Casa della Stampa) che il vincitore del premio “è un romanzo sensibile, un libro che vi porta dalle lacrime alle risate con personaggi divertenti e commoventi”.
Segnalo che sul sito di Amazon questo secondo romanzo riporta ad oggi 14.601 valutazioni dei lettori con il 58% dei voti a 5 stelle (il massimo) e un altro 27% a 4 stelle. Un successo davvero indiscutibile!
E’ di recente pubblicazione anche nel nostro paese (28 giugno 2021) l’ultimo, per ora, romanzo intitolato Tre, che è anche il titolo originale dell’edizione francese (Trois). Stesso consenso dei lettori del precedente!
La pubblicazione di quest’ultimo lavoro in lingua inglese, che porterà il medesimo titolo dell’originale e cioè Three, secondo l’autorevole sito Goodreads, è prevista per il 7 giugno del 2022.
Il quaderno dell’amore perduto. Il libro
Pubblicato in Italia il 13 ottobre 2016 dalla Casa Editrice Nord. La traduzione dal francese è di Alberto Bracci Testasecca. Pagine 310 suddivise in 78 capitoli. Disponibile in digitale Kindle, cartaceo con copertina flessibile e versione Audible.
Dicono del libro: «Un libro magnifico sull’importanza della memoria. Valérie Perrin è un vero talento.» Elle
« Una storia che commuove, ma che lancia anche un invito forte al coraggio, a non lasciare indietro le occasioni, a godere fino in fondo i doni della vita.» L’Espresso
Io l’ho letto con passione crescente e, a riprova del mio entusiasmo ho subito acquistato Cambiare l’acqua ai fiori che sto leggendo in queste ore.
Storie che incidono nel profondo e fanno veramente riflettere. Sono convinto che lette le 482 pagine della storia di Violette, passerò direttamente a Tre che aspetto di iniziare con grande curiosità.
Consiglio a coloro che stanno leggendo queste righe di dare un’occhiata ai vari video Youtube che parlano dell’autrice e dei suoi lavori letterari.
Come mia abitudine mentre preparo le recensioni, ne ho visualizzati diversi. Decidendo alla fine di proporvi il più lungo che è, di fatto, quello più interessante e completo… e che vi consiglio di non trascurare. Potrebbe offrirvi molti spunti di riflessione e anche gradevoli emozioni!
E scoprirete certamente, come è accaduto anche a me, attraverso la voce pacata e gentile di questa amabile scrittrice, il motivo di tanto successo che i lettori attribuiscono ai suoi romanzi. Un’intervista delicata, umana e molto profonda.
Ancora qualche paragrafo tratto dalle prime pagine del libro.
Siamo al capitolo 6. E comincia con queste parole.
“Lucien Perrin è nato a Milly, il 25 novembre 1911.
Nella sua famiglia, la cecità viene trasmessa da padre a figlio: è quindi una malattia ereditaria, ma colpisce solo gli uomini. Non nascono ciechi, lo diventano. I primi sintomi insorgono nella prima infanzia e, ormai da generazioni, nessuno ha visto le fiammelle delle venti candeline danzare sulla propria torta di compleanno.
Il padre di Lucien, Étienne Perrin, ha conosciuto la moglie, Emma, quando lei era ancora bambina. L’ha conosciuta quando ancora ci vedeva. Poi, poco alla volta, Emma è scomparsa dal suo campo visivo, come se un banco di nebbia fosse calato sul suo volto. La ama a memoria.
Pur di salvarsi gli occhi, Étienne ha tentato l’impossibile. Ci ha versato dentro di tutto: vari elisir, acqua di sorgente raccolta in Francia o all’estero, polveri magiche, infuso di ortica o di camomilla, acqua di rose e di fiordaliso, acqua gelata, acqua calda, sale, tè, acqua benedetta.
Lucien è nato per sbaglio. Suo padre non voleva figli. Non voleva continuare quella maledizione. Così, quando scopre che la creatura che ha appena apertogli occhi sul mondo è un bambino, e non una bambina, cade in preda alla disperazione.
Emma gli descrive il piccolo: capelli neri e grandi occhi azzurri.
Nessun Perrin ha mai avutogli occhi azzurri. Al momento della nascita, i loro occhi sono sempre neri. Così neri che la pupilla non si distingue dall’iride. Poi, con gli anni, si schiariscono fino a diventare grigi come salgemma.
Étienne comincia a nutrire la speranza
che l’azzurro proteggerà gli occhi di Luden dalla maledizione.
Come il padre, il nonno e il bisnonno, Étienne è organista e armonista. Lo chiamano da tutta la regione per eseguire sonate di Bach alle funzioni religiose e per accordare gli organi.
Inoltre, durante la settimana, Étienne insegna il braille. I suoi libri sono realizzati da un cugino, anch’egli cieco, in un piccolo laboratorio nel V Arrondissement di Parigi.
Una mattina del 1923, Emma abbandona Étienne. Lui è impegnato con un allievo, e non sente che lei si chiude con delicatezza la porta alle spalle. Non sente nemmeno la voce dell’uomo che aspetta la donna sul marciapiede di fronte.
Lucien invece la vede.
Non cerca di fermarla. Si dice che tornerà presto. Che è andata soltanto a fare un giro nella bella automobile di quell’uomo. Che non c’è niente di strano. O che suo padre non può offrirle quel tipo di svago. E che lei ha tutto il diritto di divertirsi un po’. […]”
Scusate amici lettori. Ma lascio a voi il piacere di scoprire l’intero romanzo in tutta la sua bellezza.
Concludendo
Il quaderno dell’amore perduto è un romanzo che vi invito a leggere perché appartiene a quella letteratura che rivela una profonda conoscenza dell’animo umano. Ben scritto e che sa parla di amore, ogni tipo di amore, in un modo che induce anche i più scettici fra di noi, a credere ancora nel futuro. Ad infondere anche nei cuori dei più provati o delusi una nuova prospettiva di speranza.
L’autrice – lo potrete scoprire anche attraverso l’intervista – trasmette empatia in ogni sua parola e sa dare ai suoi personaggi un’autenticità che sa sorprendere e confortare.
Ma non voglio aggiungere altro.
Se deciderete di leggere Il quaderno dell’amore perduto di Valérie Perrin o gli altri suoi libri, non resterete certamente delusi. Grazie per l’attenzione!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Il quaderno dell’amore perduto – il libro di oggi
- Cambiare l’acqua ai fiori – Il suo secondo e acclamatissimo romanzo. La storia di una piccola donna ed attraverso di lei… tante storie, che forse amerete anche voi.
- Tre – Il suo romanzo più recente. “Valérie Perrin ha il dono di cogliere la profondità insospettata delle cose della vita. Seguendo il filo di una vicenda struggente e implacabile, l’autrice ci trascina al cuore dell’adolescenza, del tempo che passa e separa.”
- Video Youtube: Valérie Perrin e Loredana Lipperini | Insieme Festival 2020 Lunga intervista a tre voci (15 ottobre 2020) – La scrittrice, l’intervistatrice e la traduttrice. Un’ora per conoscere Valérie e comprendere le ragioni di un così grande successo di pubblico. Vi suggerisco di ascoltarla con attenzione. I suoi libri, la letteratura e i sentimenti. Credetemi! Veramente imperdibile!