Una notte soltanto Markovitch è il nuovo romanzo per la recensione di oggi.
Quando ho letto la sinossi che riporto di seguito non ho potuto trattenere la curiosità e il libro della scrittrice israeliana Ayelet Gundar-Goshen è diventato parte della mia biblioteca di letteratura contemporanea.
“Un romanzo sorprendente e profondo che mescola vicende intime ed eventi storici, capace di raccontare con sensualità e umorismo l’infinito desiderio d’amore che accompagna le vite di tutti noi; un desiderio di cui il destino spesso sembra farsi beffe, imbrogliando gli eventi, suscitando passioni non corrisposte,tramutando la felicità in disincanto.
Lo scoprirà Yaakov Markovitch, dal volto troppo anonimo per suscitare emozioni, per il quale il matrimonio fittizio con l’incantevole Bella, celebrato solo per procurarle un permesso d’ingresso in Terra d’Israele, sarà l’inizio di un’ossessione amorosa coltivata caparbiamente per tutta la vita.
Lo sperimenterà Zeev Feinberg, seduttore impenitente, ma legato da sentimenti fortissimi a Sonia, la sua donna tenace dalla pelle che profuma d’arancia, quando scoprirà il segreto che farà afflosciare anche i suoi celebri, rigogliosi baffi.”
Interessante, vero?
Ayelet Gundar-Goshen, l’autrice
“Ayelet Gundar-Goshen è nata in Israele nel 1982. Si è laureata in Psicologia clinica all’Università di Tel Aviv.
Redattrice per uno dei principali quotidiani israeliani, è attivista del movimento per i diritti civili del suo paese. È anche autrice di sceneggiature che hanno riscosso un grande successo di critica e vari premi, tra cui il Berlin Today Award e il New York City Short Film Festival Award.
Il suo primo libro, Una notte soltanto Markovitch (Giuntina, ) ha vinto in Israele il premio Sapir e in Italia il premio Adei- Wizo «Adelina Della Pergola». Da Svegliare i leoni sarà prodotta una serie tv dalla NBC.”
Copio integralmente questa breve nota biografica dal sito della casa Editrice ‘La Giuntina’ che, nel nostro paese, pubblica molta letteratura di origine ebraica.
Il libro
Una notte soltanto Markovitch (orig. ‘Lsaylah echad, Markovitch’) è un romanzo del 2012 pubblicato in Italia nel 2015 a cura della Casa Editrice Giuntina. La traduzione è stata curata da Ofra Bannet e Raffaella Scardi.
Pagine 236 divise in quattro parti (Prima, Durante, Dopo e Dopo Dopo) per complessivi 39 capitoli.
Reca una dedica iniziale con una citazione abbastanza singolare ‘Anche il pugno una volta era una mano aperta, e cinque dita.’ – Yehuda Amichai (il più grande poeta israeliano moderno.)
La citazione della giuria del premio Adei-Wizo citato recita così:
“[Scritto con] originalità surreale che ispira … Lo stile di scrittura incisivo, caratterizzato da un educato umorismo, accompagna i protagonisti che sono rari ma assolutamente accattivanti nella loro forza e fragilità.”
Avendolo letto ed apprezzato, Una notte soltanto Markovitch è un libro molto insolito e che fa riflettere.
Fin dalle prime righe…
“Yaakov Markovitch non era brutto. Neanche bello, però. Nel vederlo, una bambina non scoppiava a piangere, ma nemmeno gli sorrideva. Era, potremmo dire, del tutto mediocre.
Di più: il volto di Yaakov Markovitch era sorprendentemente privo di peculiarità. Talmente privo di peculiarità che l’occhio non si soffermava a guardarlo, scivolava oltre, su altri oggetti. Un albero al lato della strada. Un gatto in un angolino. Indugiare sulla banalità del volto di Yaakov Markovitch richiedeva uno sforzo enorme. Gli esseri umani non si sobbarcano volentieri sforzi enormi, di conseguenza solo raramente qualcuno lo guardava a lungo. Questo presentava alcuni innegabili vantaggi, subito individuati dal suo comandante. Dopo aver fissato la faccia di Yaakov Markovitch per una frazione di secondo, aveva distolto gli occhi e ordinato: Tu trafugherai armi; con quella faccia, nessuno se ne accorgerà. Aveva ragione. Yaakov Markovitch aveva trafugato armi, forse più di qualsiasi altro membro dell’organizzazione, senza mai rischiare di essere scoperto. Lo sguardo dei soldati inglesi scivolava su di lui come l’olio su una pistola. Yaakov Markovitch non sapeva se i compagni dell’Irgun lo stimassero per la sua audacia: gli rivolgevano la parola solo di rado.
Quando non trafugava armi, coltivava il suo campo. La sera sedeva nel cortile di casa cibando piccioni con avanzi di pane. Ben presto si era formato uno stormo fisso, che gli mangiava dalle mani e gli si appollaiava sulla spalla. Se i bambini del villaggio l’avessero visto sarebbero scoppiati a ridere, ma nessuno oltrepassava la recinzione in pietra. Di notte leggeva gli scritti di Jabotinsky. Una volta al mese partiva per Haifa, dove giaceva con una donna a pagamento. Qualche volta la stessa, altre una diversa. Lui non si soffermava sul suo viso, e lei non si soffermava su quello di lui.
Zeev Feinberg
Yaakov Markovitch aveva un solo amico. Zeev Feinberg era, innanzi tutto, un paio di baffi. Prima ancora degli occhi azzurri, delle sopracciglia folte e dei denti aguzzi. I baffi di Zeev Feinberg erano famosi in tutta la regione, anzi, in tutto il paese. Uno degli uomini dell’Irgun, di ritorno da un viaggio al sud, raccontò di “una ragazza con le guance imporporate che ha chiesto se il sultano baffuto è ancora con noi”.
Tutti avevano riso, e Zeev Feinberg più degli altri. Mentre rideva, i suoi mustacchi tremavano sopra il labbro superiore, scrollandosi in grandi onde, tremolanti e gioiosi come a suo tempo lo era stato il loro padrone fra le cosce della ragazza.
Con tutta evidenza, Zeev Feinberg non era nato per trafugare armi, con quei baffi gloriosi che lo annunciavano come una fila di neri punti esclamativi. Bisognava essere ciechi e stupidi per non notarli. Gli occupanti britannici erano stupidi, ma sarebbe stato troppo ottimistico supporre che fossero anche ciechi.
Se Zeev Feinberg non poteva trafugare armi, era però bravissimo a mettere in fuga gli arabi, perciò passava molte notti di vedetta intorno al villaggio. Era raro che Zeev Feinberg trascorresse quelle notti da solo. Non appena si veniva a sapere che era il suo turno di montare di guardia, si riuniva un gruppetto di compagni. Molti volevano sentire le avventure dei suoi baffi fra le cosce delle donne, altri erano interessati a parlare della situazione e dei maledetti tedeschi, altri ancora chiedevano consigli su come allevare bovini, estirpare erbacce e strappare denti del giudizio, alcuni dei campi in cui Zeev Feinberg era considerato un esperto.
Si presentavano anche le ragazze. Zeev Feinberg era una sentinella fidata, con un dito sempre sul grilletto… ”
La genesi del romanzo
Ho trovato un video Youtube in cui la scrittrice ci apre uno squarcio su aspetti utili a comprenderne l’essenza.
Dice Ayelet: “Per me si trattava di scrivere un romanzo che parla d’amore, d’ossessione, di ciò che può spingere un uomo a trattenere forzatamente qualcuno. Era un soggetto che mi affascinava.
Mi piaceva l’idea di confrontare due tipi di mascolinità. Da una parte c’è Markovitch che è una caricatura di ebreo: è molto minuto, svelto, il suo fisico è veramente anonimo ed ordinario.
E dall’altra parte c’è Zeev Feinberg, che rappresenta l’incarnazione della mascolinità e dell’ideale sionista. Emana una grande forza e una prepotente sensualità, e porta enormi baffi che lo precedono ovunque egli vada. […]
Non volevo scrivere un romanzo storico. Il libro si snoda nel passato, ma non è un romanzo storico perché credo che le date e gli avvenimenti siano meno importanti del sapore della lingua di colui che desideriamo baciare.
Ogni volta che dovevo scegliere fra gli avvenimenti e gli odori ed i gusti, optavo per questi ultimi. […]
Avevo anche una gran voglia di scrivere qualcosa di divertente, di vivo, di sensuale, di sexy… in un certo senso.”
Markovitch incontra Bella
Capitolo 5.
“[…] Se ne rese conto anche Michael Katz, che alzò la voce per notificare solenne il nome dell’ultima coppia fittizia: «Yaakov Markovitch – Bella Seigerman».
In seguito, Yaakov Markovitch si odiò per l’espressione assunta quando la donna si girò dalla finestra. La bocca spalancata, gli occhi che uscivano dalle orbite, un’immagine che l’avrebbe perseguitato per sempre. Invano avrebbe maledetto la mascella, caduta come se avesse avuto vita propria, le sopracciglia schizzate verso la fronte.
Ma chi si sarebbe comportato altrimenti, trovandosi davanti al viso che appena prima dell’alba era finalmente riuscito a ultimare nella sua fantasia?
Alla fine Michael Katz fu costretto a intervenire. Aspettò qualche istante nella speranza che Yaakov Markovitch si decidesse a chiudere la bocca spalancata e avanzasse verso Bella Seigerman, ma lui non dava segno di reagire. Dal canto suo, Bella Seigerman, una volta compiuto lo sforzo di girarsi, non sembrava intenzionata a fare altro. Era necessario un intervento esterno, un’azione decisa e pertinente che spezzasse lo strano sortilegio sceso nel centro della stanza.
Michael Katz se ne rese conto e si rivolse a Yaakov Markovitch in tono di amichevole avvertimento: «Insomma, Markovitch, non intendi stringere la mano alla signora?». Yaakov Markovitch lo guardò sbigottito, come se l’idea stessa rappresentasse un sacrilegio. Bella Seigerman sorrise educatamente e Michael Katz si domandò come fosse successo che quella donna andava in sposa a Yaakov Markovitch mentre la rinsecchita Miriam Hochman stava aspettando lui, Michael, in fondo alla stanza.
Con sforzo evidente, Yaakov Markovitch riuscì a dominarsi e porse la mano a Bella Seigerman, tenendo le dita come si tiene un uccellino caduto dall’albero. Lo sguardo di Bella Seigerman cadde per un attimo sul suo viso. Era la donna più bella che Markovitch avesse mai visto.
Lo sguardo di Bella Seigerman passò oltre. […]”
Non solo fantasia
E’ sempre la scrittrice che parla.
“Ho scoperto il mio personaggio principale in occasione di un incontro con alcuni parenti di mio marito, in un villaggio nel nord di Israele. Stavo guardando dalla finestra ed ho visto una casa dietro una staccionata: appariva piuttosto scura. La giornata era soleggiata ma la casa sembrava in ombra.
Come se la casa emanasse una specie di tristezza. Ho chiesto chiarimenti ai mie ospiti riguardo quella casa.
Tutti mi hanno risposto che era la casa dell’incantevole Bella.
E poco dopo ho saputo che Bella aveva superato 80 anni. Eppure se anche la vicenda umana di Bella risaliva ad oltre 50 anni prima, aveva talmente colpito le persone del villaggio, da essere stata tramandata da una generazione all’altra. Tutti erano al corrente di quella storia.”
Quindi un romanzo che ha un fondo di verità. Una storia molto umana ed appassionante anche se decisamente insolita. Ma non voglio dirvi altro, perché vale la pena di entrare nel racconto e scoprire da soli, dalle parole di Ayelet attraverso il romanzo, la bellezza di questa particolare storia d’amore.
Conoscerete soprattutto Markovitch e Bella ed allora non riuscirete ad evitare di tifare per l’uno o per l’altra.
Aggiunge Ayelet: “All’inizio pensavo fosse Bella l’eroina di questa storia. E mi sono chiesta che genere di uomo fosse capace di fare ciò che Markovitch aveva fatto a Bella. La prima risposta è stata ‘Un uomo cattivo!’ Ma è troppo facile trattarlo come un cattivo. E se invece non fosse stato un uomo così? Se fosse qualcuno normale come un vecchio compagno di scuola, che magari si rivede dopo anni e di cui non ricordi neppure il nome?
Ed ecco che questo uomo insignificante si imbatte in questa donna incantevole, e lui che sa bene che non avrai mai nessun’altra possibilità di essere felice. Abbiamo noi il diritto di biasimarlo se vuole trattenerla a qualsiasi costo? Se non vuole assolutamente perderla?”
Dicono del libro
“Questo libro è superbo: sincero e pieno d’amore, impressionante nella saggezza che troviamo fra le righe.” – Eskol Nevo, romanziere
“Ayelet Gundar-Goshen gestisce questo mix inebriante di narrazione semplice, realismo magico e umorismo ebraico dark con l’abilità di uno scrittore con il doppio dei suoi anni… L’ultimo capitolo è mozzafiato e ti fa venire la voglia di rileggere l’intero libro.” Daily Mail
Io aggiungo semplicemente: “Leggetelo! vi piacerà!”
Per chi desidera approfondire od acquistare
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