Zuleika apre gli occhi di Guzel’ Jachina è il soggetto della mia recensione di questa settimana. Ed il primo romanzo, fra le tante recensioni pubblicate in questi anni di attività del blog, che tratta di scrittura russa contemporanea.
Mi ha convinto ad intraprendere la lettura di questo libro abbastanza lontano dai temi consueti delle mie recensioni, la singolare introduzione firmata da Ljudmila Ulickaja, scrittrice russa tradotta in più di 20 lingue e pluripremiata nel proprio paese e non solo.
Intitolando la sua pagina di apertura ‘L’amore ai tempi dell’inferno‘ scrive così.
“Questo romanzo appartiene a un tipo di letteratura che credevamo irrimediabilmente perduto con il crollo dell’URSS. In epoca sovietica potevamo contare, infatti, su una nutrita pleiade di scrittori dalla doppia cultura, scrittori figli di una delle tante minoranze etniche dell’impero, ma che sceglievano di scrivere in russo.
E ho in mente Fazil’ Iskander, Jurij Rytcheu, Anatolij Kim, Olzas Sulejmenov, Cingiz Ajtmatov…
Profonda conoscenza del territorio e delle sue peculiarità, amore per il proprio popolo, rispetto sconfinato e colmo di dignità per le altre etnie, grande delicatezza nell’accostarsi al folclore: questi i tratti che li distinguevano. E che – ci eravamo detti – avevamo perso per sempre. È invece accaduto un caso strano e felice: una giovane autrice tatara, Guzel’ Jachina, si è inserita di forza nei ranghi dei maestri suddetti.
Zuleika apre gli occhi è uno straordinario romanzo d’esordio. Un romanzo che possiede una dote essenziale: va dritto al cuore. […]”
Il libro
Zulejka apre gli occhi (Traslitterato dal russo: ‘Zulejcha otkryvaet glaza’) nasce come sceneggiatura cinematografica per poi diventare il romanzo che la Salani ha pubblicato nella nostra lingua.
Riporta a questo proposito la pagina di Wikipedia dedicata all’autrice:
“La sua opera di esordio, Zuleika apre gli occhi è stata pensata inizialmente come sceneggiatura per un lungometraggio durante il periodo degli studi alla Moscow Film School. Un suo estratto è apparso sulla rivista Siberian Lights, ma il romanzo è stato inizialmente rifiutato da diversi editori prima di essere pubblicato dalla casa editrice russa AST nel 2015.”
Tradotto in molte lingue, Salani Editore la pubblica per la prima volta nel maggio del 2017 e poi nel luglio del 2020 (Edizione cartacea con copertina flessibile).
Nello stesso anno 2020 pubblica inoltre l’edizione in ebook che io ho acquistato e letto, tradotta da Claudia Zonghetti.
Le informazioni che ho potuto raccogliere per la versione cartacea indicano un volume di 512 pagine, suddiviso ‘cinematograficamente (?)’ in 4 parti rappresentate con sottotitoli piuttosto evocativi.
Parte Prima. ‘Gallina scema’. – Parte seconda. ‘Dove si va?’. – Parte terza. ‘Vivere’. – Parte quarta. ‘Il ritorno’.
Ogni parte di Zuleika apre gli occhi è suddivisa in capitoli quantitativamente molto variabili, contraddistini con un titolo che ne anticipa l’argomento.
Non manca alla fine del romanzo un corposo ‘Glossario di parole ed espressioni tatare e russe’.
La presentazione di Zuleika apre gli occhi
Copio testualmente dal sito di Amazon.it
“Questo romanzo non è solo uno squarcio su un periodo della storia russa, né è soltanto la storia straordinaria di un amore filiale forte come pochi nel panorama letterario contemporaneo.
Zuleika apre gli occhi è la Storia nella storia, in una miscela talmente rarefatta e intensa da catapultarci fuori del tempo, fra antichi usi, sopraffazioni radicate, una suocera-arpia, un marito-despota e Zuleika-Cenerentola.
Difficile credere che dietro a questo osannato e pluripremiato romanzo-rivelazione ci sia una scrittrice esordiente, ma così è: al suo debutto letterario, Guzelʼ Jachina riesce nellʼintento di innestare nelle spire sovietiche di una Storia devastante come fu la dekulakizzazione degli anni Trenta del Novecento (con le sue centinaia di migliaia di deportati) la piccola – banale, ma esemplare – vicenda di una donna come tante.
Altrettanto difficile è credere che possa averlo fatto con una scrittura che il romanzo storico, pur se sui generis, mai aveva conosciuto.
Intima e distesa, la narrazione ricorda la voce calda e profonda dei ʼfuori campoʼ dei vecchi film epici; sapide e affilate, le descrizioni introducono in una realtà altra nel tempo e nello spazio senza nulla concedere allʼesotismo da cartolina; fresca nonostante lʼargomento rovente, agile nonostante il piombo degli eventi narrati, visiva, cinematografica quasi (e dalla cinematografia viene infatti lʼautrice), la scrittura offre con una leggerezza quasi straniante lʼorrore di ciò che accade.
In mezzo allʼorrore, tuttavia, si accende una luce: quella ‘bontà illogicaʼ, quellʼ‘umano nellʼuomoʼ che si ostina a sopravvivere anche là dove dellʼumanità sembra non restare più traccia.
Fra la neve delle lande russe più desolate si fa dunque strada unʼeroina indimenticabile, degna erede delle grandi donne della letteratura russa.”
La sinossi e la genesi del romanzo – Fonte Wikipedia
“La storia è ambientata nel 1930 durante il periodo della dekulakizzazione voluta da Stalin, quando milioni di kulaki, la classe dei contadini benestanti, vennero arrestati e deportati in Siberia per poter espropriare e collettivizzare i terreni di loro proprietà.
Zuleika, la protagonista del romanzo, vive in un villaggio tataro insieme al marito e alla suocera. Quando suo marito viene ucciso per essersi opposto all’esproprio dei loro beni Zuleika viene deportata in Siberia e lì per sopravvivere dovrà crearsi da capo una nuova vita e imparare a conoscere i propri compagni di esilio.
Jachina prese l’idea per la sua opera dai racconti di sua nonna materna, appartenente ad una famiglia di kulaki che erano stati deportati in Siberia quando lei era ancora bambina. Molti degli episodi descritti nel romanzo sono stati tratti dalle memorie di altri kulaki, che Jachina ha studiato a lungo prima di iniziare a scrivere.
Anche a causa del tema controverso, il romanzo ha ricevuto recensioni miste in patria, ma nel 2015 ha vinto il Big Book Award e il Yasnaya Polyana Literary Award, due importanti premi letterari russi, ed in seguito è stato tradotto in diverse lingue straniere. […]
Dal romanzo sono state tratte un’opera teatrale nel 2017 e una serie tv in otto episodi nel 2020.
L’opera è stata insignita nel 2020 con il Premio letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa.”
Per coloro che fossero interessati ad approfondire la base storica del romanzo della Jachina, inserisco il link alla pagina di Wikipedia dedicata ai ‘Kulaki’ ed alla loro terribile odissea.
Qualche estratto da Zuleika apre gli occhi
‘Zuleika apre gli occhi’ sono anche le prime parole che danno il via alla narrazione, aprendo il primissimo capitolo dal titolo ‘Un giorno’.
“Zuleika apre gli occhi. Buio come sotto terra. Dietro la tenda leggera i sospiri assonnati delle oche. Il puledro di neanche un mese che schiocca le labbra in cerca di una mammella da succhiare. Fuori dalla finestrina alle spalle del letto il gemito sordo della tormenta di gennaio. Niente spifferi, però. Bravo Murtaza. Ha sigillato tutto per bene prima che arrivasse il freddo. È bravo in casa, Murtaza. È un bravo marito, anche. Ora sta russando; tuona di gusto nella parte di izba riservata agli uomini. Dormi, dormi, quello prima dell’alba è il sonno più profondo.
È il momento. Allah Onnipotente, dammi la forza per mettere in atto il mio piano. Fa’ che nessuno si svegli.
Zuleika posa a terra un piede, poi l’altro – scalza, senza un suono; si appoggia alla stufa e si alza. Durante la notte la stufa si è raffreddata, il calore se n’è andato tutto quanto e il pavimento gelato le brucia le piante dei piedi. Niente scarpe, però: farebbero rumore persino le babbucce, un’asse che scricchiola si troverebbe di sicuro. Non fa niente. Zuleika sopporta. Si regge con la mano al fianco ruvido della stufa e arriva sulla soglia della stanza per le donne. È piccola e stretta, la sua parte, ma ne conosce ogni angolo, ogni spigolo: ha passato metà della vita a frullare come una trottola dalla cucina alla stanza del marito con in mano ciotole colme e fumanti, e dalla stanza del marito alla cucina con i piatti svuotati e freddi.
Da quanto è sposata? Quindici anni, dei trenta che ha? Metà della sua vita, e forse anche di più.[…]”
La vampira – pag. 27
“[…] Zuleika si spoglia in fretta e furia, getta le sue cose nella cesta del bucato sporco vicino all’ingresso e accompagna la suocera dentro la sauna.
Apre la porta; una nuvola d’aria calda che sa di pietre roventi e di corteccia di tiglio le avvolge in un attimo. Viso e schiena si imperlano subito di sudore.
«Era troppa fatica scaldarla per bene? È appena tiepida» sibila la vecchia grattandosi i fianchi. Si arrampica fino allo scalino più alto, si sdraia faccia al soffitto e chiude gli occhi. Può cominciare.
Zuleika si accuccia accanto ai secchi già pronti e inizia ad ammorbidire le frasche.
«Sbagli» non smette di brontolare la Vampira. «Non ci vedo, ma lo so lo stesso: sbagli. Tu le giri nel secchio come il mestolo nella minestra. Invece devi impastarle come con la farina… Ma perché ti avrà preso, Murtaza, svogliata come sei? Il miele che hai fra le gambe non basta, prima o poi finisce…»
Zuleika si inginocchia e comincia a ‘impastare’ le frasche. Ha subito caldo in tutto il corpo, ha il viso e il petto fradici di sudore.
«Lo sapevo…» piove dall’alto la voce stridula della Vampira. «Volevi sfregarmi con le frasche tutte annodate, eh, sfaticata? A me, però, non li metti i piedi in testa. Né te li faccio mettere a Murtaza. Me l’ha data per questo, Allah, la mia lunga vita: per difendere mio figlio… Perché altrimenti chi l’aiuta, il mio bambino? Tu non gli vuoi bene e nemmeno lo rispetti. Fai solo finta. Sei una bugiarda, sei fredda e senza cuore, questo sei. Ti conosco, io, uh, se ti conosco… »
Neanche una parola sul sogno che ha fatto. La tormenterà per tutta la sera, quella vecchiaccia. […]
Zuleika
afferra due mazzi di frasche che colano acqua verdastra e sale dalla Vampira. Infila la testa nella nuvola densa di aria rovente sotto il soffitto e subito sente un fischio alle orecchie. Davanti agli occhi ha nugoli di puntolini colorati che volano e si rincorrono a ondate.
Ce l’ha vicina, la Vampira, vicinissima; lunga distesa da una parete all’altra. Le sue vecchie ossa bitorzolute spuntano fra i dossi bizzarri delle carni centenarie, la pelle penzola come una frana ormai sedimentata. E per quella valle che ora si apre in burroni profondi e ora si leva in colli sontuosi si annidano, lucidi, i fiumi del sudore…
La Vampira vuole essere lavata a due mani partendo dall’addome. Zuleika inizia passandoci sopra delicatamente le frasche per preparare la pelle, dopo di che comincia a sfregare con forza, percuotendola prima con un mazzetto, poi con l’altro. Il corpo della vecchia si copre subito di macchie rosse, tra le foglie nere che schizzano per ogni dove.
«Neanche questo sai fare! Quanti anni sono che te lo insegno?…» strilla la Vampira perché Zuleika la senta nonostante il sibilo dei rami. «Più forte! Animo, gallina scema, animo! Scalda queste vecchie ossa! Mettici più cattiveria, sfaticata! Sveglia quel tuo sangue annacquato, che magari guarisce! Come fai ad accontentare tuo marito, di notte, se sei così fiacca? Eh? Guarda che ne prende un’altra, Murtaza, una con forze a sufficienza per me e per lui! Farei meglio persino io… Svegliati! Che altrimenti ti piglio per i capelli e ti faccio vedere! Non sono come Murtaza, io, non lascio perdere! Tira fuori la forza, gallina che sei! Ancora non sei morta o sbaglio? Eh? Sbaglio?!» strilla a squarciagola la vecchia, sollevando verso il soffitto il viso sfigurato dalla rabbia. […]”
Guzel’ Jachina – l’autrice
Per ragioni di spazio, propongo per chi vuole approfondire le fondamentali informazioni biografiche sull’autrice, il link alla pagina di wikipedia a lei dedicata.
Preferisco invece dedicare alcune righe all’intervista (in francese) che la Jachina ha rilasciato al giornalista Marc Dobler il 9 settembre 2015 e riportata per intero sul sito ‘www.lecourrierderussie.com’
La parte che ho tradotto affrontano il legame fra l’autrice e la storia raccontata in Zuleika apre gli occhi. Eccovi i passi più salienti.
D: – Puoi parlarci della tua infanzia?
R: – Sono nata a Kazan, ed ho parlato solo la lingua tatara fino all’età di tre anni, l’età nella quale entrando all’asilo, ho imparato il russo.
Ho avuto molta fortuna grazie ai miei genitori per ciò che riguarda l’incontro fra due mondi diversi. Da parte di mio padre c’è stata l’intellighenzia tatara, una famiglia nobile, degli ‘hadj’ di cui abbiamo rintracciato le origini fin dal 1804.
Alcune tradizioni un po’ borghesi; i pranzi in famiglia, i giochi musicali… ricordo sempre quelle grandi riunioni familiari che si sono interrotte con la morte della nonna paterna nel 1989.
D: – E dal lato materno?
R: – Era una famiglia di paesani benestanti. Mia nonna era insegnante e mio nonno professore di tedesco ma condividevano il modo di vivere degli abitanti del villaggio. E quando si sono trasferiti a Kazan per offrire maggiori opportunità ai propri figli, continuarono uno stile di vita campagnola, con una casa di campagna in piena città.
Ho trascorso molto tempo fra le due famiglie, passando da una casa in campagna ad un appartamento dove si sbucciava la mela con il coltello.
Altrimenti, la mia famiglia corrisponde a una banale famiglia sovietica, mia madre e’ medico e mio padre ingegnere.”
L’ispirazione per Zuleika apre gli occhi
D: – Questo contesto famigliare ha influenzato la storia raccontata nel libro?
R: – Il romanzo si ispira al destino della mia nonna, l’insegnante, che fu deportata in Siberia all’età di sette anni. I suoi genitori sono stati dekulakizzati, deportati sulle rive del fiume Angara, ed abbandonati nel mezzo del nulla.
Dovevano fondare un villaggio, ed hanno cominciato scavando delle buche nella terra, per poi edificare delle vere abitazioni e lì hanno vissuto per 17 anni.
Mia nonna fu deportata nel 1930 e ritornò a casa nel 1946, le date che ho indicate nel mio romanzo. […]
D: – Come descriveresti il tuo libro?
R: – Se dovessi usare solo due parole lo chiamerei una felicità amara. Vorrei dire cioè che anche in condizioni disumane, le persone possono essere felici, la disgrazia più profonda può nascondere il seme di una felicità futura. […]
Ho voluto anche affermare che quando si oscilla fra la vita e la morte, non esistono più barriere sociali o religiose, resta solo l’anima pura e nuda… l’incontro fra i miei due eroi è l’incontro fra due anime nude.”
Nell’intervista c’è anche molto altro. Eccovi il link!
Ignatov
“Gran bella femmina.
Ignatov è in testa alla carovana. Di tanto in tanto si ferma e lascia passare qualche carro fissando ogni volto, quelli cupi dei kulak e quelli rossi per il freddo dei suoi uomini. Dopo di che riguadagna la testa: gli piace cavalcare davanti a tutti. Avere di fronte solo il vento e gli spazi aperti che lo chiamano.
Cerca di non guardarla; non vorrebbe che si mettesse in testa strane idee. Come si fa a non guardarla, però, quando è fatta com’è fatta e quelle forme ti si piantano negli occhi?! Sembra seduta su un trono, altro che a cavallo. Ondeggia sulla sella a ogni passo, incurvando la schiena all’indietro e sporgendo in avanti il petto strizzato nel tulup bianco, e ogni volta pare che gli stia dicendo: certo, compagno Ignatov, sì, Vanja, sì…
Ignatov si alza sulle staffe per osservare il serpente con scrupolo ancora maggiore, da sotto al paravento della mano con cui sembra solo volersi proteggere dal sole. In realtà a quel modo i suoi occhi sono liberi di disobbedirgli e di cercare Nastas’ja. È così che si chiama.
Le slitte scivolano oltre facendo cricchiare la neve. Ogni tanto qualche cavallo nitrisce, e allora dai musi imperlati di brina sbocciano fiori bizzarri di vapore.
Un tipo dall’aria feroce e con la barba nera arruffata sprona rabbioso la sua giumenta. Dietro di lui, intabarrata nello scialle fino alle sopracciglia, la moglie stringe in ogni braccio il fagotto di un neonato e ha intorno una nidiata variopinta di bambini. ‘T’ammazzo!’ aveva gridato l’uomo a Ignatov, forcone in pugno, quando si erano presentati a casa sua. Ma quelli avevano puntato il fucile contro la moglie e i figli e lui si era dovuto rassegnare, si era dovuto calmare. No, per Ignatov il forcone non bastava…
Il vecchio mullah
non le sa reggere, le redini, neanche senza i guanti di lana. Non ha mai tenuto in mano niente di più pesante di un libro, è chiaro. I riccioli morbidi della sua pregiata pelliccia di astrakan luccicano al sole. Non arriverà a destinazione, quella pelliccia, pensa Ignatov, impassibile. O gliela portano via allo smistamento, oppure lungo il tragitto. E comunque che bisogno c’era di mettersi in ghingheri? Non stiamo andando a un matrimonio… La moglie del mullah è seduta dietro, sacco informe, pesante e triste. Ha in mano una splendida gabbietta avvolta in una gualdrappa calda: ha preso con sé il suo amato gatto. Cretina.
La slitta seguente gli suscita un po’ di imbarazzo. Ignatov ha ammazzato lui e ha lasciato lei senza marito. Allora? Non è la prima volta che gli capita. E comunque era stata colpa del morto: loro gli avevano solo chiesto la strada e lui gli si era scagliato contro con la scure…
Ignatov sente qualcosa, però, una specie di nodo allo stomaco… Che sia pietà? È così piccola, quella povera donna, così smunta. E pallida, anche, con quel viso delicato… Non reggerà al viaggio, questo è certo. Ci fosse stato anche il marito, forse. Ma così… Insomma, alla fine oltre ad avere ucciso lui ucciderà anche lei.
Compatisce i kulak. A questo è arrivato.
Quando gli passa accanto, la donna alza gli occhi. Come sono grandi e verdi, accidenti! Il cavallo scalpiccia, danza quasi. Ignatov si volta sulla sella per guardarla meglio, ma la slitta è già passata oltre. Sul legno c’è una fessura profonda: il segno della scure che ha lasciato ieri. […]”
Ignatov con Zuleika sono i veri protagonisti. Se leggete il romanzo forse riuscirete a comprenderli ed amarli. A me è successo proprio questo.
Concludendo
Il romanzo mi è piaciuto. Moltissimo! E quindi vi consiglio di leggerlo se il tema trattato non vi risulta troppo doloroso.
Ma voglio chiudere con il commento finale della Ulickaja nella sua pagina di presentazione.
“Come sia riuscita una scrittrice tanto giovane a dar vita a un’opera tanto potente, a quest’inno all’amore e alla tenerezza anche all’inferno, resta un mistero, per me…
Non posso, però, che rallegrarmene di tutto cuore: con lei per lo splendido esordio, e con i lettori per la prosa straordinaria che si godranno.
È, il suo, un inizio davvero entusiasmante.”
Da parte mia, buona lettura anche a voi!
Per chi desidera approfondire od acquistare
- Zuleika apre gli occhi – il libro di oggi
- Video YouTube: Festivaletteratura 2017 – Intervista a Guzel’ Jachina. In russo con sottotitoli in italiano. L’autrice presenta il suo romanzo.
- Video YouTube: La prima volta di Guzel’ Jachina – 2a parte – Intervista in italiano.
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